07 Settembre 2014

San Leonardo Confessore (Linarolo), 07 Settembre 2014

Carissimi Parrocchiani,

al termine del commento dell’Icona, mi sembra giusto portare alla conoscenza di tutti quanto suor Maggie, l’autrice, ha scritto a mano sul retro del dipinto. Questa è l’iscrizione:

 

MARIA MADRE DELLA TENEREZZA

(Chiesa dei Frati Minori di Cermenate – CO)

Domenico Ghiotti ‘92

 

Prototipo: Come in tutte le Icone delle Eleoùsa il Bambino guarda la Madre. In Lei riconosce

la pienezza del dono di sé. Grazie alla sua apertura totale a Dio, Ella appartiene eminentemente al vulnerabile: e proprio questa vulnerabilità suscita nel Dio-Bambino il sentimento della tenerezza.

L’icona appartiene al tipo Vergine della Tenerezza, che nell’arte tardo-bizantina si chiama anche ‘Glykophilousa’, cioè “ del dolce bacio” (titolo specifico dato a questa Icona) e rappresenta la Vergine che vezzeggia il Bambino, il quale a sua volta preme la propria gota contro quella della Madre e, con fare giocoso, le accarezza il mento.

Il Bambino Gesù, in atteggiamento giocoso tra le braccia della Vergine, viene raffigurato nell’arte bizantina con particolare frequenza a partire dal XII secolo.

In questa tipologia si sottolinea sia la fragilità infantile di Cristo, sia il presentimento della futura sofferenze della Passione, come si percepisce dall’espressione d’afflitta pensosità sui volti della Madre e del Salvatore.

Tecnica di realizzazione: La base dell’Icona è una tavola di legno su cui si stende una tela che poi viene

ricoperta con diversi strati di gesso. Dopo essere stata accuratamente levigata, viene inciso il disegno. In seguito, con una delicata procedura viene applicato l’oro e dopo si inizia la stesura di diversi strati di colore, dal più scuro al più chiaro. Questa tecnica viene chiamata illuminazione perché indica il cammino dell’uomo verso la nuova creatura – nella luce di Dio –.

Autentica: Questa icona è fatta “scritta” a mano da Maggie.

Dipinta a “tempera a uovo” (pigmenti).

Donata a: don Luigi Pedrini in occasione della celebrazione dell’Inno AKATHISTOS

e benedetta da lui stesso nella Chiesa di San Leonardo, Confessore

il 31 maggio 2014

L’iconografo segue alcune regole spirituali durante la lavorazione, come la preghiera che si

recita prima di iniziare a scrivere:

O DIO PADRE, IN NOME DEL TUO FIGLIO GESÙ CRISTO ,

MANDA LA GRAZIA DEL TUO SANTO SPIRITO SU QUESTA ICONA

(CHE IL TUO SERVITORE DIPINGE A TUA GLORIA, O SANTISSIMA TRINITÀ,

CON LA TUA MANO INVISIBILE BENEDICI QUESTA ICONA,)

DALLE LA FORZA DI AZIONE SANTIFICANTE PERCHÈ TUTTI COLORO

CHE VI SI AVVICINERANNO CON VENERAZIONE

OTTENGANO SALUTE, SANTIFICAZIONE E BENEDIZIONE

17 Agosto 2014

San Leonardo Confessore (Linarolo), 17 Ago 2014

Carissimi Parrocchiani,

dopo aver contemplato il dinamismo interiore che traspare negli sguardi e nei gesti di Gesù e di Maria, contempliamo ora la bellezza che si irradia dalle loro vesti.

Osserviamo, anzitutto le vesti di Gesù. Egli indossa una tunica azzurra, per significare che il Figlio di Dio si è rivestito della nostra umanità. Essa è il corredo che Dio Padre ha voluto riservare al suo Figlio e sarà anche il dono prezioso che il Figlio farà al Padre: nella sua esistenza terrena non ha offerto – come spiega bene la Lettera agli Ebrei – “olocausti o sacrifici”, ma la propria vita in totale obbedienza al Padre: “Ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10,5-10). Oltre alla tunica, anche un ampio manto riveste Gesù. Scende dalla sua spalla, avvolge i fianchi e le gambe lasciando scoperti i piedi. Il suo colore è caldo, un arancio vivace, intarsiato di lamine d’oro: questo particolare vuole manifestare Gesù come il Messia, il re della storia, “tutto ammantato di gloria”, come si legge nel salmo 93,1. Sta assiso sul trono più nobile che è Maria stessa che lo tiene nelle sua braccia. Lo rimarca il famoso inno Akatisthos, affermando che “in Lei fu elevato il trono del Re: è una donna il trono più santo del trono dei cherubini, il seggio più bello del seggio dei serafini”.

Osserviamo, ora, le vesti di Maria rivelano la sua bellezza interiore e la sua dignità. Maria è avvolta in un mantello di porpora scura, il marphòrion, che era l’abito solenne delle imperatrici bizantine. Così, l’icona vuole evidenziare la regalità della Vergine in quanto Madre del Re dei re e nostra dolce Madre e Regina. Il mantello è ornato di una ricca bordatura dorata per significare lo splendore di grazia di cui è stata rivestita da Dio. La tinta del mantello, così simile alla terra, vuole ricordare che Maria “tutta santa” è della nostra stirpe, così che noi possiamo sentirla vicina, come sorella, come madre. Notiamo anche che sulla fronte e sulla  spalla destra brillano due delle tre stelle che adornano il mantello: rimandano al cuore verginale di Maria che si è reso interamente disponibile per il Signore. Il mantello, avvolgendo totalmente Maria nasconde la tunica che indossa. Lascia, però, intravedere il velo che avvolge il suo capo. Il colore di questo velo si avvicina molto a quello della tunica di Gesù per dire che tra Madre e Figlio c’è una profonda comunione di pensieri.

Ma ora è tempo di concludere questa descrizione dell’icona. Giunti al termine, penso che tutti noi ci siamo resi conto, non senza meraviglia, che nessun dettaglio è improvvisato. Ogni particolare lascia trasparire qualcosa della bellezza di Dio, la bellezza vera che sa conquistare il cuore dell’uomo, perché non insegua bellezze vacue, ma si incammini verso la vita vera e si salvi.

“Quale bellezza salverà il mondo?” chiede Ippolit, un uomo ateo, al principe Myskin nel romanzo L’idiota di Dostoevskij. L’icona nel suo silenzio muto e eloquente nello stesso tempo  offre una risposta inequivocabile. Possiamo esprimerla con le parole di sant’Agostino: è “la bellezza tanto antico e tanto nuova” che scaturisce dalla tenerezza di Dio e che ci raggiunge attraverso tante strade. Tra queste, Maria è certamente una delle strade maestre…

don Luigi Pedrini

08 Ago 2014

San Leonardo Confessore (Linarolo), 08 Ago 2014

Carissimi Parrocchiani,

proseguendo nella nostra contemplazione dell’Icona, ora, poniamo attenzione al dinamismo che anima sia Maria, sia il Bambino Gesù. Tale dinamismo è evidenziato, anzitutto, dal congiungersi dei loro volti: Le guance del Figlio e della Madre si incontrano in una tenera e commovente vicinanza e sembrano scambiarsi reciproche confidenze e segreti (Suor Nadia Maria Zambetti, op. cit., p. 34).

Anche i loro sguardi, profondi e sereni, concorrono a dare dinamismo all’Icona. Lo sguardo di Gesù è rivolto alla Madre: è uno sguardo interamente rapito da lei. Viene in mente lo sguardo fiducioso e pieno di attesa con quale il salmo 123(122) invita a rivolgersi a Dio nella preghiera: A te alzo i miei occhi, a te che siedi nei cieli. Ecco come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni, come gli occhi di una schiava alla mano della sua padrona, così i nostri occhi al Signore nostro Dio… Lo sguardo della madre, invece, è proteso verso noi ed esprime comprensione e accoglienza. Vi traspare anche un senso di grande nobiltà e di viva consapevolezza del mistero divino che va compenetrando la sua vita.

Pure la posa delle mani conferisce dinamismo alla raffigurazione e dà parola al messaggio di tenerezza e di compassione che l’Icona vuole comunicare: “le mani di Maria, leggiadre e affusolate, sono raccolte attorno al Figlio e formano quasi una coppa, un vaso sacro per il Verbo fatto carne che ella offre a Dio e che indica a tutti i fedeli come sicura via di salvezza” (Ibidem, p. 35). Gesù, invece, con la mano destra accarezza il volto di Maria; mentre, con la mano sinistra stringe l’ampio mantello (marphòrion) di cui è interamente rivestita.

Un’ultima nota a proposito dei gesti. La nostra Icona, che appartiene al modello della Vergine della Tenerezza (Eléusa), non raffigura – a differenza dell’altro modello non meno diffuso, quello della Vergine Odighitria – il Bambino nell’atto di impartire la benedizione. Eppure, anch’essa trasmette a suo modo un messaggio di benedizione. Cedo ancora la parola Suor Nadia Maria che annota così: Qui la benedizione di Dio è una carezza lieve che si posa sulla nostra tristezza, è una carezza che asciuga le nostre lacrime e che ci invita a cantare l’eterna misericordia di Dio. È un concreto evento della fede: la misericordia di cui abbiamo bisogno entra in noi per la via della tenerezza e arriva dritta al cuore per fasciare le antiche ferite, per guarire ogni nostra miseria, per confermare la nostra decisione di essere discepoli di Cristo Gesù… In questa Icona la misericordia di Dio sorride agli umili: Gesù amico misericordioso della nostra fragile umanità, e Maria, Madre di misericordia, si lasciano trovare da noi, stanchi e affaticati, e diventano rifugio soave e dolce per ogni uomo (Ibidem).

Don Luigi Pedrini

Avvisi – 27 Luglio 2014

AVVISI

  • Giovedì 31 c.m., alla sera alle ore 21.00, Riunione per raccogliere proposte circa l’organizzazione della Sagra della Madonna del Rosario.
  • A partire da mezzogiorno del 1 agosto e per tutta la giornata del 2 agosto si può beneficiare dell’indulgenza plenaria, l’indulgenza della Porziuncola o “Perdono di Assisi”.
    Le condizioni richieste sono:
    1. Visita nel tempo prescritto nella Chiesa parrocchiale e recita del Padre nostro e del Credo secondo l’intenzione del Papa
    2. Confessione sacramentale
    3. Comunione eucaristica
    4. Disposizione d’animo che escluda ogni affetto al peccato anche veniale.

L’indulgenza può essere applicata a se stessi, oppure ai defunti in modo di suffragio.

(sia la confessione che la comunione si possono ricevere anche nei giorni precedenti o seguenti nei quali si è fatta la visita in Chiesa e la preghiera richiesta. Meglio ancora se la comunione si può ricevere lo stesso giorno in cui si visita la Chiesa.)

 

 

27 Luglio 2014

San Leonardo Confessore (Linarolo), 27 Luglio 2014

Carissimi Parrocchiani,

dopo aver fatto alcune osservazioni circa lo sfondo dell’icona, ora rivolgiamo l’attenzione alle figure rappresentate: Maria e il Bambino Gesù. Per disporci a questo con uno spirito aperto e anche carico di attesa ci può aiutare quanto Georges Gherib, uno dei più noti studiosi di icone, ha scritto a proposito di questa immagine: “Davanti a questa icona si resta estasiati. Non si sa se ammirare di più l’intensità dei sentimenti espressi o la straordinaria fattura artistica. Va classificata come opera di profonda spiritualità e certamente uno dei dipinti più belli della Madonna che ci siano pervenuti”.

            Osservando, anzitutto, i volti constatiamo la grande somiglianza tra la Madre e il Bambino. È un particolare significativo che vuole confermare la vera umanità di Gesù e la vera maternità di Maria. Annota al riguardo Teodoro Studita, un antico scrittore ecclesiastico: “Dato che Cristo è nato dal Padre invisibile, egli non può avere immagine… Ma dal momento che egli è nato da Madre visibile, egli ha naturalmente un’immagine che corrisponde a quella della Madre”.

Il volto di Maria è un ovale perfetto; il naso è allungato allo scopo di conferire al volto una maggiore finezza; la bocca è sottile e stretta, chiusa in un silenzio riverenziale nei confronti del Mistero di Dio presente nel Figlio che tiene tra le braccia. Gli occhi scuri sembrano protendersi verso l’infinito come per accogliere gli sguardi imploranti di chi guarda l’icona e offrire  misericordia e perdono. Le orecchie sono visibili come segno di disponibilità ad ascoltare la Parola di Dio. La fronte è spaziosa a significare che Maria custodisce e medita tutto ciò che riguarda Gesù.

Il volto di Gesù non ha nulla di infantile e lascia trasparire la viva consapevolezza della missione che deve svolgere. Gli occhi sono rivolti alla Madre ed esprimono compassione e misericordia verso l’umanità che egli affiderà alla cura materna di Maria. Le labbra sono piccole, ormai pronte ad annunciare la perenne novità del Vangelo. Le orecchie, lasciate scoperte da una folta capigliatura, sono disponibili ad accogliere quanto il Padre gli dirà.

I volti raffigurati costituiscono il ‘cuore’ dell’icona e comprensibilmente se si considera che l’icona è nata, storicamente, per soddisfare il desiderio dell’uomo di vedere il volto di Dio. Gesù, in quanto immagine visibile del Dio invisibile, può soddisfare questo desiderio.

Da questo punto di vista, si può dire che l’icona è prima di tutto un volto da guardare e dal quale lasciarci guardare. Questo spiega perché essa valorizza normalmente la rappresentazione frontale dei personaggi, proprio perché mira ad intessere una sorta di dialogo tra la figura rappresentata e colui che la contempla.

La bellezza del volto della Vergine e del Bambino vuole essere un rimando alla bellezza originaria dell’uomo all’indomani della creazione: l’uomo che è dotato di un corpo esteriore e che, nello stesso tempo, è stato pensato per la comunione, l’intimità, la condivisione, la tenerezza.

Don Luigi Pedrini

Avvisi

  • In occasione della Notte Bianca, sabato 26 luglio la Chiesa rimarrà aperta fino alle ore 24.00 per consentire una visita per chi lo desidera.
  • Avverto fin da ora che giovedì dell’altra settimana, 31 c.m., ci sarà alla sera alle ore 21.00 una riunione per raccogliere proposte circa l’organizzazione della Sagra della Madonna del Rosario.
  • Le offerte di questa domenica vanno a favore della Caritas Parrocchiale.

 

20 Luglio 2014

San Leonardo Confessore (Linarolo), 20 Luglio 2014

Carissimi Parrocchiani,

rimaniamo ancora a contemplare lo sfondo dorato dell’icona per richiamare l’attenzione su due ultimi particolari.

Anzitutto, notiamo che il volto della Madre e del Figlio sono circondati dalle aureole e che quella del Figlio si sovrappone a quella della Madre.

L’aureola di Gesù sta a significare la sua natura divina e la vittoria che ha riportato sul male e sulla morte. Lo ricorda bene la Lettera agli Ebrei quando afferma che noi ora vediamo Gesù “coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli sperimentasse la morte a vantaggio di tutti” (Eb 2,9).

L’aureola di Maria sta a significare la sua partecipazione alla vita divina grazie alla fede con cui ha accolto su di sé il disegno di Dio.

Possiamo notare anche un secondo particolare: molto vicino ai contorni delle aureole sono scritti i nomi delle figure rappresentate. In questo modo, a chi contempla l’icona è data la possibilità di sapere chi sono le persone che può incontrare e venerare proprio attraverso l’icona. L’identità delle due figure è svelata da due abbreviazioni in lingua greca: MP ΘÝ, la “Madre di Dio”; IΣ XΣ, Gesù Cristo.

Il nome di Gesù Cristo rimanda a Gesù di Nazaret che nella fede riconosciamo come Messia e Figlio di Dio che per amore nostro si è fatto uomo e ha dato sulla croce la sua vita per noi. Per questa ragione, all’interno dell’aureola, è disegnata una croce nella quale spesso gli iconografi scrivono il tetragramma del nome di Dio rivelato a suo tempo a Mosè: O ΩN, “Colui che è”. Il messaggio che l’icona vuol fare passare è evidente: il significato del nome  misterioso con cui Dio si è rivelato a Mosè ora è reso manifesto da Gesù. Il velo che gravava su quel nome e che lo rendeva per noi un enigma, ora finalmente è tolto: Gesù è il rivelatore definitivo e compiuto del nome di Dio; in Lui, ci è dato di conoscere veramente Dio per quello che è.

Maria, invece, è designata con il nome di Madre di Dio: MP ΘÝ. Questo particolare si ritrova in tutte le icone della Vergine e può essere letto come “il silenzioso ed eloquente annuncio del grande e inaspettato mistero di tenerezza e di misericordia che si è realizzato in Maria di Nazareth” (Suor Nadiamaria Zambetti, op. cit., p. 33).

 

Don Luigi Pedrini

06 Giugno 2014

Carissimi Parrocchiani

riprendo la riflessione avviata sul significato dell’icona per dedicare, poi, un’attenzione specifica all’icona della “Vergine della tenerezza” che abbiamo collocato nella nostra chiesa.

Già ho ricordato che all’origine dell’icona sta il mistero dell’Incarnazione. Dal momento che Dio, facendosi uomo, si è fatto visibile ai nostri occhi, noi ora lo possiamo rappresentare dandogli un “volto”. Proprio questa considerazione ha portato la Chiesa ha prendere le distanze da una convinzione giudaizzante che aveva influenzato anche le prime comunità cristiane. Tale concezione, richiamandosi a quanto di legge in Es 20,4: “Non ti farai idolo né immagine alcuna”, sosteneva che fare immagini religiose è illegittimo e contrario alla fede. Nell’anno 787 la Chiesa, riunitasi in Concilio a Nicea, ha preso ufficialmente e autorevolmente le distanze da questa posizione, affermando la legittimità del culto delle immagini. Così Ireneo, un padre della Chiesa, giustifica tale risoluzione: “Il Verbo incarnato è diventato l’immagine visibile del Padre invisibile. È per questo che può essere rappresentato attraverso la pittura”.

Da questo momento inizia il culto legato all’immagine sacra dell’icona e si afferma anche la figura dell’iconografo, colui che dipinge le icone. Generalmente è un monaco o un sacerdote; non mancano, però, anche laici con una vita cristiana esemplare.

L’iconografo si propone di realizzare il suo lavoro artistico con la preghiera e con un digiuno riguardante sia il cibo, sia lo sguardo. Questa sobrietà può sorprendere, ma è la condizione che gli consente di concentrarsi meglio sull’immagine religiosa che vuole rappresentare. In questo modo, l’icona è la materializzazione dell’intensa esperienza di Dio vissuta nella preghiera e nella penitenza.

Così, il Concilio di Nicea tratteggia la fisionomia spirituale dell’iconografo: “Il pittore deve essere pieno di modestia, di dolcezza e di pietà. Eviterà costantemente i discorsi vani, o poco seri. Dovrà avere un carattere pacifico che ignori l’ira e l’invidia. Prima di ogni cosa dovrà conservare con scrupolosa attenzione la purezza spirituale e corporale”.

Naturalmente, oltre ad essere un uomo di Dio, si richiede all’iconografo di essere un uomo dotato dal punto di vista artistico, allo scopo di evitare che l’incapacità e l’incompetenza rechi offesa a Dio. Inoltre, egli deve sottomettersi a un insieme di leggi precise e severe trasmesse dalla tradizione. Ancora il Concilio di Nicea annota al riguardo: “Fare icone non è invenzione di pittori, ma approvata legislazione e tradizione della Chiesa cattolica… Al pittore spetta soltanto l’esecuzione concreta, ma è chiaro che la disposizione spetta ai santi padri”. Dunque, il compito di maestranza è della Chiesa, quello dell’esecuzione concreta del progetto è dell’iconografo. In questo modo, l’arte dell’icona è assoggettata al controllo della Chiesa che deve garantire la fedeltà alla tradizione.

            Don Luigi Pedrini

29 Giugno 2014

Carissimi Parrocchiani,

dopo alcune note introduttive sul significato dell’icona in generale, vogliamo ora porre attenzione all’immagine della “Vergine della Tenerezza” che abbiamo collocato nella nostra chiesa.

Ci aiutano a metterci in sintonia con quest’opera le parole del Salmo 131, parole con cui da secoli pregano il popolo di Israele e la Chiesa: “Signore, non si esalta il mio cuore né i miei occhi guardano in alto; non vado cercando cose grandi né meraviglie più alte di me. Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia. In effetti, guardando all’icona raffigurante la Vergine che sorregge in braccio il bambino Gesù nell’atto di stringersi a lei e di sfiorarle la guancia col volto si percepisce qualcosa della quiete e serenità a cui allude il Salmo. Su questa icona – scrive Suor Nadiamaria Zambetti – sembra caduto un riflesso di Paradiso e il nostro sguardo si sottomette volentieri a tanta bellezza” (in P. Ferrario, Nelle braccia della tenerezza, Ediz. Biblioteca Francescana, Milano 2009, p. 30).

Questa immagine della Vergine appartiene a un modello (“canone”) iconografico che in lingua greca si chiama “Eleùsa” (in lingua russa “Umilenie”) e che si traduce generalmente con il termine “tenerezza”: questo termine, riferendosi alle cose di Dio, è strettamente imparentato alla misericordia. Per tale ragione, il nome completo di questa icona è “Icona della Madre di Dio, Madre della Tenerezza e Signora della Misericordia”. Si tratta di un modello iconografico molto antico che ha avuto una notevole diffusione nel secolo XI: probabilmente, il bisogno di una rappresentazione più evidente della tenerezza misericordiosa di Dio, ha fatto sì che questa icona fosse in profonda sintonia con il clima spirituale dell’epoca.

Possiamo notare che l’icona nei suoi tratti fondamentali è semplice ed essenziale: il suo intento è di orientare l’attenzione e la devozione del credente non su dettagli secondari, ma su ciò che davvero è importante. Secondo la tradizione, questa icona vuole visibilizzare il momento in cui Maria, presagendo – anche alla luce della profezia Simeone: “Egli (Gesù) è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione e anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2,34-35) – il mistero della Passione del Figlio, rinnova il ‘sì’ pronunciato nel momento dell’Annunciazione, quando offrendo a Dio la sua totale disponibilità, aveva detto: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,37). Ora, Maria con la stessa disponibilità, accoglie in sé il destino del Figlio sofferente e lo avvolge con tutta la tenerezza di cui è capace una madre. Così, questa icona rivela l’infinita misericordia di Dio verso tutte le sue creature.

“In questa luce – scrive ancora Suornadia Maria” – si spiega l’enorme diffusione di questa tipologia iconografica: tutti abbiamo bisogno di tenerezza e Dio ce la dona per la continua ed efficace implorazione della Madre sua madre nostra, che ha conosciuto personalmente la spada del dolore e il peso della croce e, quindi, può comprendere ogni umano patire” (p. 31).

Don Luigi Pedrini

Grest

PROGRAMMA DELLA 2° SETTIMANA 23-27 giugno

Lunedì

  • Preghiera – Inno
  • 10.00 – 11.00: Laboratorio 1° gruppo – Preparazione della danza dello spettacolo finale.
  • 11.00 – 12.00: Laboratorio 2° gruppo – Preparazione della danza dello spettacolo finale.
  • 12.30: pranzo
  • segue tempo libero in oratorio fino alle ore 14.00: nessuno si ferma nel cortile della casa parrocchiale.
  • 14.00 Canti – Quiz a punteggio
  • 14.30-15.30: gioco insieme
  • 15.30: tempo libero
  • 16.00: Preghiera insieme – Ghiacciolo

 

Martedì:

  • 9.30: Preghiera
  • Piscina
  • Ritorno: ghiacciolo

 

Mercoledì: Uscita

ELEMENTARI

  • 9.30: Preghiera
  • 10.00: Inno in oratorio – Partenza per la Cascina Busto di Ferro Giochi in cortile
  • 12.00: Pranzo
  • 13.30: Spostamento al parco giochi del Ristorane “Amici del Po” Giochi
  • ore 15.30: Gelato
  • ore 16.00: Ritorno in oratorio

MEDIE

  • 9.30: Preghiera
  • 10.00: Inno in Oratorio – Partita di calcio
  • 12.30: Pranzo
  • 14.00: Preparazione spettacolo
  • 16.00: Preghiera insieme – Ghiacciolo

Giovedì

  • Ore 9.00: Partenza in pullman per Milano. Preghiera insieme agli altri ragazzi dei GREST e spostamento poi nel vicino parco acquatico. Ritorno in oratorio per le ore 18.00.
  • Per chi ha dato l’adesione c’è la possibilità di usufruire del pranzo in oratorio alle ore 19.00 (gratuito).

Rivolgo l’invito ai genitori a favorire la partecipazione dei ragazzi e degli adolescenti ai Vespri e alla Processione eucaristica alle ore 20.45.

Venerdi

  • Preghiera – Inno
  • 10.00 – 11.00: Laboratorio 1° gruppo – Preparazione della danza dello spettacolo finale.
  • 11.00 – 12.00: Laboratorio 2° gruppo – Preparazione della danza dello spettacolo finale.
  • 12.00-12.30: tempo libero
  • 12.30: pranzo (pizza)
  • Tempo libero in oratorio fino alle ore 14.00
  • 14.00 Canti – Quiz a punteggio
  • 14.30-15.30: gioco insieme – tempo libero
  • 16.00: Preghiera insieme – Ghiacciolo

 

Diocesi di Pavia