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15 Dicembre 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo), 15 Dicembre 2013

Carissimi Parrocchiani,

siamo al cuore del cammino pedagogico con cui Giuseppe mira a ricostruire nella sua famiglia una fraternità riconciliata. Egli deve, ora, rispondere alla proposta di Giuda che si è reso disponibile insieme agli altri fratelli, a subire la stessa sorte di Beniamino, reo di aver ‘rubato’ la coppa di Giuseppe: tutti espieranno la colpa rimanendo in Egitto come schiavi.

Giuseppe, però, respinge questa proposta perché vuole mettere alla prova la consistenza del loro affetto verso Beniamino e verso il padre e per questo risponde: “Lontano da me fare una cosa simile! L’uomo trovato in possesso della coppa, quello sarà mio schiavo: quanto a voi, tornate in pace da vostro padre” (Gen 44,17).

Si colloca a questo punto l’intervento risolutore di Giuda che fa un discorso toccante, nella speranza di muovere Giuseppe a pietà. Nelle sue parole traspare un amore appassionato verso il padre anziano. Al risentimento che aveva nutrito verso di lui e lo aveva spinto con gli altri fratelli a ferirlo a morte privandolo di Giuseppe, ora, è subentrata un’immensa tenerezza. Ed ecco il discorso:

“Perdona, mio signore, sia permesso al tuo servo di far sentire una parola agli orecchi del mio signore; non si accenda la tua ira contro il tuo servo, perché uno come te è pari al faraone! 19Il mio signore aveva interrogato i suoi servi: «Avete ancora un padre o un fratello?». 20E noi avevamo risposto al mio signore: «Abbiamo un padre vecchio e un figlio ancora giovane natogli in vecchiaia, il fratello che aveva è morto ed egli è rimasto l’unico figlio di quella madre e suo padre lo ama». 21Tu avevi detto ai tuoi servi: «Conducetelo qui da me, perché possa vederlo con i miei occhi». 22Noi avevamo risposto: «Il giovinetto non può abbandonare suo padre: se lascerà suo padre, questi ne morirà». 23Ma tu avevi ingiunto ai tuoi servi: «Se il vostro fratello minore non verrà qui con voi, non potrete più venire alla mia presenza». 24Fatto ritorno dal tuo servo, mio padre, gli riferimmo le parole del mio signore. 25E nostro padre disse: «Tornate ad acquistare per noi un po’ di viveri». 26E noi rispondemmo: «Non possiamo ritornare laggiù: solo se verrà con noi il nostro fratello minore, andremo; non saremmo ammessi alla presenza di quell’uomo senza avere con noi il nostro fratello minore». 27Allora il tuo servo, mio padre, ci disse: «Voi sapete che due figli mi aveva procreato mia moglie. 28Uno partì da me e dissi: certo è stato sbranato! Da allora non l’ho più visto. 29Se ora mi porterete via anche questo e gli capitasse una disgrazia, voi fareste scendere con dolore la mia canizie negli inferi». 30Ora, se io arrivassi dal tuo servo, mio padre, e il giovinetto non fosse con noi, poiché la vita dell’uno è legata alla vita dell’altro, 31non appena egli vedesse che il giovinetto non è con noi, morirebbe, e i tuoi servi avrebbero fatto scendere con dolore negli inferi la canizie del tuo servo, nostro padre. 32Ma il tuo servo si è reso garante del giovinetto presso mio padre dicendogli: «Se non te lo ricondurrò, sarò colpevole verso mio padre per tutta la vita». 33Ora, lascia che il tuo servo rimanga al posto del giovinetto come schiavo del mio signore e il giovinetto torni lassù con i suoi fratelli! 34Perché, come potrei tornare da mio padre senza avere con me il giovinetto? Che io non veda il male che colpirebbe mio padre!”.

Quale distanza in queste parole dai sentimenti che vent’anni prima l’avevano portato a complottare contro Giuseppe! Tanti anni non sono passati, dunque, invano.

Don Luigi Pedrini

1 Dicembre 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo), 1 Dicembre 2013

Carissimi Parrocchiani,

con questa prima domenica del tempo di Avvento iniziamo un nuovo anno liturgico. Ripercorriamo insieme il cammino di Gesù, dalla sua nascita come uomo fino alla sua morte e risurrezione. Si tratta di una sorta di pellegrinaggio spirituale con il quale la Chiesa vuole far crescere in noi sempre più l’uomo spirituale con i tratti di Gesù. La meta di questo pellegrinaggio è Gesù stesso: si tratta di accoglierlo, amarlo, imitarlo…

L’Avvento è un tempo segnato dall’attesa del Signore. La cosa può sorprendere dato che Gesù prima di ritornare al Padre ci ha detto: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). C’è, tuttavia, una grazia particolare che questo tempo liturgico vuole donarci: la grazia di un’attenzione ancora più grande verso Gesù come Colui che viene continuamente nella nostra vita.

È il Signore che vien verso di noi, piuttosto che il contrario. Noi, purtroppo, rischiamo di non accorgerci neppure della sua presenza. L’avvertimento di Gesù nel Vangelo di questa domenica è un monito quanto mai attuale: Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo” (Mt 24,37-39). Il Signore viene a noi, ma può accadere che la nostra mente sia altrove, tutta catturata dalle (pre-)occupazioni e dai nostri interessi. La Parola di Dio ci avverte che uno stile di vita incentrato su noi stessi appesantisce il cuore e rende la mente opaca. Abbiamo bisogno di orientare nuovamente lo sguardo verso il Signore e l’Avvento è occasione quanto mai propizia per questo.

A questo proposito, vi invito in questo tempo a una preghiera più intensa; a un ascolto più attento della Parola di Dio; alla partecipazione della Messa, anche di quella feriale, per chi ha possibilità; ad una carità attenta alle situazioni di bisogno che sono attorno a noi. Ai genitori chiedo, anche di favorire la presenza dei ragazzi al catechismo e alla Messa domenicale.

Vi segnalo, inoltre, anche due appuntamenti: l’incontro di catechesi che faremo lunedì 16 dicembre nel salone parrocchiale e nel quale rifletteremo sull’enciclica Lumen Fidei di Papa Francesco dedicata al tema della fede. Il secondo appuntamento è più ravvicinato: è il ritiro vicariale in programma in questa domenica, nel pomeriggio, presso la Casa San Giuseppe di Belgioioso. Siamo attesi per le ore 15.00 (ci sarà la meditazione, seguita dall’adorazione eucaristica e, poi, dal canto dei Vespri). Chi è intenzionato a venire si trovi verso le 14.30 davanti alla Chiesa. Partiremo con le macchine verso le 14,40.

Come ricordavo, noi sappiamo che il Signore in forza della fede si fa presente tra noi: il vederlo, però, richiede occhi vigili e limpidi: l’Avvento è un tempo particolarmente propizio per riaprire lo sguardo del cuore. Come ci ammonisce, san Paolo, nella seconda lettura di questa domenica: Fratelli è ormai tempo di svegliarvi dal sonno…(Rm 13,11).

Don Luigi Pedrini

24 Novembre 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo), 24 Novembre 2013

Carissimi parrocchiani,

continuiamo a seguire i passi del cammino di riconciliazione coi fratelli messo in atto da Giuseppe. Siamo alla quarta tappa: i fratelli, per la seconda volta, incontrano Giuseppe (Gen 43,15-34). Vediamo l’evolversi dei fatti.

I fratelli si mettono in viaggio verso l’Egitto: con loro c’è anche Beniamino. Nella sacche portano doppio denaro, in obbedienza al suggerimento dato da Giacobbe: l’intenzione è di restituire il denaro che, inspiegabilmente, hanno ritrovato durante il ritorno.

Arrivati in Egitto si presentano a Giuseppe. Egli, dopo essersi assicurato che con loro c’è anche Beniamino, ordina al maggiordomo di farli entrare in casa e di preparare quanto occorre perché li vuole tutti suoi ospiti a pranzo. L’inaspettata offerta di ospitalità li riempie di spavento e di costernazione: Si dissero: “A causa del denaro, rimesso l’altra volta nei nostri sacchi, ci conducono là: per assalirci, piombarci addosso e prenderci come schiavi con i nostri asini” (Gen 43,18). Per non essere accusati di essere ladri, si affrettano a confessare al maggiordomo come sono andate le cose: Perdona, mio signore, noi siamo venuti già un’altra volta per comprare viveri. Quando fummo arrivati a un luogo per passarvi la notte, aprimmo i sacchi ed ecco, il denaro di ciascuno si trovava alla bocca del suo sacco: proprio il nostro denaro con il suo peso esatto. Noi ora l’abbiamo portato indietro e, per acquistare i viveri, abbiamo portato con noi altro denaro. Non sappiamo chi abbia messo nei sacchi il nostro denaro! (Gen 43,20-22).

Sorprendente la risposta che si sentono dare dal maggiordomo: State in pace, non temete! Il vostro Dio e il Dio dei vostri padri vi ha messo un tesoro nei sacchi; il vostro denaro lo avevo ricevuto io (Gen 43,23). Così dicendo, introduce nella stanza anche Simeone; quindi, offre loro l’acqua per lavarsi i piedi, il foraggio per i loro asini e, poi, si mette a preparare la tavola.

A mezzogiorno, arriva Giuseppe. E, a questo punto, la scena è tutta da contemplare.

 

Egli domandò loro come stavano e disse: “Sta bene il vostro vecchio padre di cui mi avete parlato? Vive ancora?”. Risposero: “Il tuo servo, nostro padre, sta bene, è ancora vivo” e si inginocchiarono prostrandosi. Egli alzò gli occhi e guardò Beniamino, il suo fratello, figlio della stessa madre, e disse: “È questo il vostro fratello più giovane, di cui mi avete parlato?” e aggiunse: “Dio ti conceda grazia, figlio mio!”. Giuseppe si affrettò a uscire, perché si era commosso nell’intimo alla presenza di suo fratello e sentiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse. Poi si lavò la faccia, uscì e, facendosi forza, ordinò: “Servite il pasto”. Fu servito per lui a parte, per loro a parte e per i commensali egiziani a parte, perché gli Egiziani non possono prender cibo con gli Ebrei: ciò sarebbe per loro un abominio. Presero posto davanti a lui dal primogenito al più giovane, ciascuno in ordine di età, e si guardavano con meraviglia l’un l’altro. Egli fece portare loro porzioni prese dalla propria mensa, ma la porzione di Beniamino era cinque volte più abbondante di quella di tutti gli altri. E con lui bevvero fino all’allegria (Gen 43,27-34).

 

Come si può constatare il pranzo si svolge in un clima surreale. È un pranzo strano: Giuseppe siede ad un tavolo separato; i fratelli sono sistemati a tavola in ordine di età; a Beniamino viene servita una porzione cinque volte più grande: c’è un grande silenzio, rimane il mistero…

 

17 Novembre 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo), 17 Novembre 2013

Carissimi parrocchiani,

nel seguire i passi dal cammino verso la riconciliazione all’interno della famiglia di Giacobbe, giungiamo ora alla terza tappa. La causa contingente che porta Giacobbe a non prestare orecchio alle sue paure e ad acconsentire che i figli, compreso Beniamino, ritornino in Egitto è il prolungarsi della carestia (Gen 43,1). Venendo meno le provviste di grano, Giacobbe stesso chiede ai figli di ritornare in Egitto: “Tornate là e acquistate per noi un po’ di viveri” (Gen 43,2).

La richiesta incontra, però, la resistenza di Giuda che ricorda al padre le condizioni ricevute per poter ritornare alla presenza dell’uomo che ha venduto loro il grano: “Quell’uomo ci ha avvertito severamente: “Non verrete alla mia presenza, se non avrete con voi il vostro fratello!”. 4Se tu sei disposto a lasciar partire con noi nostro fratello, andremo laggiù e ti compreremo dei viveri. 5Ma se tu non lo lasci partire, non ci andremo, perché quell’uomo ci ha detto: “Non verrete alla mia presenza, se non avrete con voi il vostro fratello!” (Gen 43,3-5).

Giacobbe non può fare a meno di esprimere tutta la sua amarezza davanti questa richiesta:  “Perché mi avete fatto questo male: far sapere a quell’uomo che avevate ancora un fratello?” (Gen 43,6). La risposta la risposta che viene data a Giacobbe. Risposero: “Quell’uomo ci ha interrogati con insistenza intorno a noi e alla nostra parentela: “È ancora vivo vostro padre? Avete qualche altro fratello?”. E noi abbiamo risposto secondo queste domande. Come avremmo potuto sapere che egli avrebbe detto: “Conducete qui vostro fratello”?” (Gen 43,7). È interessante perché fa vedere la sapienza di Giuseppe che, con le sue domande incalzanti, ha costretto i fratelli a ricordarsi e a riappropriarsi della loro travagliata storia familiare.

Decisivo, a questo punto del dialogo, l’intervento ancora di Giuda, il primogenito, punto di riferimento autorevole per tutti i fratelli: “Lascia venire il giovane con me; prepariamoci a partire per sopravvivere e non morire, noi, tu e i nostri bambini. 9Io mi rendo garante di lui: dalle mie mani lo reclamerai. Se non te lo ricondurrò, se non te lo riporterò, io sarò colpevole contro di te per tutta la vita ” (Gen 43,8-10). Queste parole testimoniano un sincero affetto per il padre: vent’anni non sono passati invano. Il dissenso verso il padre per il suo amore preferenziale verso Giuseppe, da cui era scaturito il tragico complotto, ora ha lasciato il posto ad una vera affezione. Giuda si assume tutte le responsabilità nei confronti sia di Beniamino, sia del padre anziano.

Ed ecco la risposta di Giacobbe: “Se è così, fate pure: mettete nei vostri bagagli i prodotti più scelti della terra e portateli in dono a quell’uomo […] 12Prendete con voi il doppio del denaro, così porterete indietro il denaro che è stato rimesso nella bocca dei vostri sacchi: forse si tratta di un errore. 13Prendete anche vostro fratello, partite e tornate da quell’uomo. 14Dio l’Onnipotente vi faccia trovare misericordia presso quell’uomo, così che vi rilasci sia l’altro fratello sia Beniamino. Quanto a me, una volta che non avrò più i miei figli, non li avrò più!”.

Giacobbe si lascia convincere dalle parole di Giuda e dà il suo consenso. Alla fine, tuttavia, lascia capire l’immensità del suo dolore al solo pensiero di poter perdere ancora altri figli.

Don Luigi Pedrini

10 Novembre 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo), 10 Novembre 2013

Carissimi Parrocchiani,

seguiamo i passi graduali del cammino pedagogico messo in atto da Giuseppe nei confronti dei propri fratelli ed entriamo nella seconda tappa. Dobbiamo fare riferimento ai restanti versetti del capitolo 42.

Quindi Giuseppe diede ordine che si riempissero di grano i loro sacchi e si rimettesse il denaro di ciascuno nel suo sacco e si dessero loro provviste per il viaggio. E così venne loro fatto. Essi caricarono il grano sugli asini e partirono di là. Ora in un luogo dove passavano la notte uno di essi aprì il sacco per dare il foraggio all’asino e vide il proprio denaro alla bocca del sacco. Disse ai fratelli: <<Mi è stato restituito il denaro: eccolo qui nel mio sacco!>>. Allora si sentirono mancare il cuore e tremarono, dicendosi l’un l’altro: <<Che è mai questo che Dio ci ha fatto?>>.

Arrivati da Giacobbe loro padre, nel paese di Canaan, gli riferirono tutte le cose che erano loro capitate: <<Quell’uomo che è il signore del paese ci ha parlato duramente e ci ha messi in carcere come spie del paese. Allora gli abbiamo detto: Noi siamo sinceri; non siamo spie! Noi siamo dodici fratelli, figli di nostro padre: uno non c’è più e il più giovane è ora presso nostro padre nel paese di Canaan. Ma l’uomo, signore del paese, ci ha risposto: In questo modo io saprò se voi siete sinceri: lasciate qui con me uno dei vostri fratelli, prendete il grano necessario alle vostre case e andate. Poi conducetemi il vostro fratello più giovane; così saprò che non siete spie, ma che siete sinceri; io vi renderò vostro fratello e voi potrete percorrere il paese in lungo e in largo>>. Mentre vuotavano i sacchi, ciascuno si accorse di avere la sua borsa di denaro nel proprio sacco. Quando essi e il loro padre videro le borse di denaro, furono presi dal timore (vv. 25-35)

             Dunque, ciascun fratello, ritornando a casa, ritrova nel proprio sacco la borsa di denaro che aveva portato con sé. È degno di nota come reagiscono alla scoperta della prima borsa di denaro nel sacco di uno di loro: “Che è mai questo che Dio ci ha fatto?” (v. 28).  E’ interessante questa menzione di Dio: sta a dire che in tutta questa vicenda va affiorando la presenza di Dio. Nel rimorso cominciano a intuire che in mezzo a loro si sta realizzando un misterioso disegno di Dio

Giunti a casa, raccontano tutto a Giacobbe ed egli ha una reazione di grande dolore. Il padre loro Giacobbe disse: <<Voi mi avete privato dei figli! Giuseppe non c’è più, Simeone non c’è più e Beniamino me lo volete prendere. Su di me tutto questo ricade!>> (v. 36) Giacobbe è un padre profondamente ferito. Alla ferita ancora aperta per la perdita di Giuseppe, ora si aggiunge anche quella di Simeone. A nulla valgono le parole di Ruben che invita il padre a non temere di lasciar partire Beniamino e a non temere per la sorte di Simeone. Nel tentativo di assicurarlo arriva persino a dirgli: <<Farai morire i miei due figli, se non te lo ricondurrò. Affidalo a me e io te lo restituirò>>. (v. 37). Giacobbe, però, resta fermo nella sua posizione: <<Il mio figlio non verrà laggiù con voi, perché suo fratello è morto ed egli è rimasto solo. Se gli capitasse una disgrazia durante il viaggio che volete fare, voi fareste scendere con dolore la mia canizie negli inferi>> (v. 38).

Don Luigi Pedrini

03 Novembre 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo), 03 Novembre 2013

Carissimi Parrocchiani,

stiamo riferendo la prima tappa del cammino pedagogico messo in atto da Giuseppe al fine di ricostruire la comunione fraterna con i propri fratelli. Già abbiamo visto, la volta scorsa, il primo approccio di Giuseppe con loro: li tratta con durezza,li accusa di spionaggio, li fa mettere in carcere. Or, ci mettiamo in ascolto dell’epilogo di questo primo incontro.

[18]Al terzo giorno Giuseppe disse loro: <<Fate questo e avrete salva la vita; io temo Dio!

[19]Se voi siete sinceri, uno dei vostri fratelli resti prigioniero nel vostro carcere e voi andate a portare il grano per la fame delle vostre case. [20]Poi mi condurrete qui il vostro fratello più giovane. Allora le vostre parole si dimostreranno vere e non morirete>>. Essi annuirono.

[21]Allora si dissero l’un l’altro: <<Certo su di noi grava la colpa nei riguardi di nostro fratello, perché abbiamo visto la sua angoscia quando ci supplicava e non lo abbiamo ascoltato. Per questo ci è venuta addosso quest’angoscia>>. [22]Ruben prese a dir loro: <<Non ve lo avevo detto io: Non peccate contro il ragazzo? Ma non mi avete dato ascolto. Ecco ora ci si domanda conto del suo sangue>>. [23]Non sapevano che Giuseppe li capiva, perché tra lui e loro vi era l’interprete.

[24]Allora egli si allontanò da loro e pianse. Poi tornò e parlò con essi. Scelse tra di loro Simeone e lo fece incatenare sotto i loro occhi. 

Dunque, Giuseppe prende la decisione di liberare, dopo tre giorni, i fratelli e di rimandarli a casa dall’anziano padre. Tuttavia, trattiene Simeone come ostaggio: egli sarà restituito alla famiglia solo quando tutti i fratelli ritorneranno alla sua presenza portando con sé anche il fratello più giovane rimasto a casa, cioè Beniamino. In questo modo, dimostreranno la veridicità delle loro parole.

Questa seconda iniziativa di Giuseppe riesce a far sì che alla mente dei fratelli si riaffacci la memoria dell’ingiustizia, a suo tempo commessa, nei suoi confronti. Quello che sorprende è il fatto che, nonostante siano passati da allora vent’anni, tuttavia, il ricordo di quella vicenda rimane ancora vivo, mentre la colpa perpetrata continua a pesare nel cuore come un macigno.

Il fatto che Giuseppe abbia scelto Simeone quale ostaggio è, facilmente, spiegabile: Giuseppe ha voluto premiare, in certa misura, i due fratelli maggiori Giuda e Ruben per il fatto che, in occasione del complotto nei suoi riguardi, hanno preso le sue difese e hanno manifestato il loro disaccordo nei confronti della trama delittuosa degli altri fratelli.

Rimane ancora una sottolineatura da fare a proposito di questo primo incontro: Giuseppe, all’insaputa dei fratelli, comprende tutto ciò che essi dicono e, pertanto, non riesce a trattenere le lacrime. È un particolare molto significativo. Viene a ricordare a tutti noi che la correzione fraterna non è indolore e costa…

Don Luigi Pedrini

27 Ottobre 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo), 27 Ottobre 2013

Carissimi Parrocchiani,

ripercorriamo, ora, insieme, i diversi passi del cammino pedagogico con cui Giuseppe ha condotto i suoi fratelli verso la fraternità riconciliata. È un cammino graduale, fatto di tappe progressive. Le seguiamo ordinatamente facendo spazio al testo biblico: è un testo di rara bellezza e di grande efficacia espressiva che parla da sé, senza bisogno di grandi commenti.

La prima tappa di questo cammino è descritta nei vv. 1-24 del capitolo 42. Si tratta del primo incontro di Giuseppe con i fratelli. Tutto prende avvio dal fatto che Giacobbe – in seguito alla carestia che persiste nella terra di Canaan – avendo sentito che in Egitto c’è abbondanza di grano, decide di mandare là i figli a farne provvista. Con loro, però, non manda Beniamino perché non vuole esporlo ai pericoli del lungo viaggio.

Giunti in Egitto, i fratelli sono costretti a venire al cospetto di Giuseppe che “aveva autorità sul paese e vendeva il grano a tutto il popolo del paese” (Gen 42,6). Ed, ecco, come il testo biblico riferisce la scena dell’incontro:

Perciò i fratelli di Giuseppe vennero da lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra.

[7] Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma fece l’estraneo verso di loro, parlò duramente e disse: <<Di dove siete venuti?>>. Risposero: <<Dal paese di Canaan per comperare viveri>>. [8]Giuseppe riconobbe dunque i fratelli, mentre essi non lo riconobbero.

[9]Si ricordò allora Giuseppe dei sogni che aveva avuti a loro riguardo e disse loro: <<Voi siete spie! Voi siete venuti a vedere i punti scoperti del paese>>.

[10]Gli risposero: <<No, signore mio; i tuoi servi sono venuti per acquistare viveri. [11]Noi siamo tutti figli di un solo uomo. Noi siamo sinceri. I tuoi servi non sono spie!>>.

[12]Ma egli disse loro: <<No, voi siete venuti a vedere i punti scoperti del paese!>>.

[13]Allora essi dissero: <<Dodici sono i tuoi servi, siamo fratelli, figli di un solo uomo, nel paese di Canaan; ecco il più giovane è ora presso nostro padre e uno non c’è più>>.

[14]Giuseppe disse loro: <<Le cose stanno come vi ho detto: voi siete spie. [15]In questo modo sarete messi alla prova: per la vita del faraone, non uscirete di qui se non quando vi avrà raggiunto il vostro fratello più giovane. [16]Mandate uno di voi a prendere il vostro fratello; voi rimarrete prigionieri. Siano così messe alla prova le vostre parole, per sapere se la verità è dalla vostra parte. Se no, per la vita del faraone, voi siete spie!>>.

[17]E li tenne in carcere per tre giorni. 

             Dunque, Giuseppe tratta i fratelli con molta durezza; li accusa di spionaggio, li fa mettere in carcere. Resta da riferire l’epilogo di questa scena: ma rimandiamo alla prossima volta.

Don Luigi Pedrini

 

20 Ottobre 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo), 20 Ottobre 2013

Carissimi Parrocchiani,

            dopo la pausa riflessiva sull’esperienza sofferta e umiliante della prigione, arriviamo, ora, al cuore della vicenda di Giuseppe e dei suoi fratelli.
Inizia con la liberazione dalla prigione il cammino di risalita di Giuseppe che lo vede da una parte rinascere come uomo, dall’altra anche mettere in atto tutta una serie di iniziative volte a ricomporre nella sua famiglia la fraternità che era stata lacerata.

Giuseppe, dopo aver vissuto questo tempo di purificazione passando attraverso quelle che abbiamo chiamato la disillusione dell’onestà e dell’amicizia, ora, è pronto per svolgere la sua missione riconciliatrice verso i fratelli. Sono passati parecchi anni da quando, diciassettenne, era stato mandato dal padre in “cerca dei suoi fratelli”. Dalle precisazioni cronologiche che troviamo nel testo veniamo a sapere che sono passati, da allora, almeno venti anni. Infatti,  in Gen 41,46 si dice che Giuseppe “aveva 30 anni quando si presentò al faraone di Egitto; inoltre, l’incontro coi fratelli avviene presumibilmente, dopo i sette anni di abbondanza, quando ovunque si fa sentire la carestia e, quindi, sono venti. C’è, poi, ancora una precisazione dei tempi in Gen 45,6 nella quale si dice che la seconda venuta dei fratelli in Egitto avviene due anni dopo l’inizio della carestia nel paese”. .

Il cammino pedagogico che Giuseppe mette in atto per arrivare alla riconciliazione con i fratelli è molto articolato. Intanto, la sua situazione personale è cambiata completamente: da prigioniero, ora si ritrova ad essere, addirittura, viceré d’Egitto. Cos’è avvenuto?

Giuseppe, dimenticato dal coppiere, è rimasto ancora a lungo in prigione. Accade che il faraone fa due sogni misteriosi che in Egitto nessuno riesce ad interpretare. Nel primo sogno vede uscire dal Nilo. prima. sette vacche di bell’aspetto e grasse, poi, sette vacche brutte di aspetto e magre che si affiancano alle altre e, poi, le divorano. Nel secondo sogno vede da un unico stelo spuntare sette spighe grosse e belle; ma, dopo quelle, ecco spuntare sette spighe vuote e arse dal vento che inghiottono le altre spighe.

Finalmente, il capo dei coppieri si ricorda di Giuseppe e lo indica come colui che al faraone può dare, al faraone, la giusta interpretazione.

Così, Giuseppe viene liberato e portato davanti al faraone; interpreta il sogno (ci saranno sette anni di abbondanza nel paese, seguito, poi, da sette anni di carestia) e anche suggerisce al la soluzione per far fronte alla crisi futura.

Inaspettatamente, Giuseppe si ritrova messo a capo come viceré, dell’intero Egitto e, da ministro accorto, a mettere in atto una saggia politica agraria (cf. Gen. 41).

Incomincia, a questo punto, il cammino verso la fraternità riconciliata per il quale ci interessano i capitoli 42-46 e la parte finale del capitolo 50.

Don Luigi

13 Ottobre 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo), 13 Ottobre 2013

Carissimi Parrocchiani,

dopo aver ricordato la libertà interiore con cui Gesù ha vissuto l’umiliazione di essere arrestato e fatto prigioniero, voglio ricordare che anche vicino a noi non manca la testimonianza di persone che, attingendo forza della fede, hanno vissuto con coraggio e speranza la dura prova del carcere.

Fra tante testimonianze, voglio ricordare quella di Francesco Nguyen Van Tuan, vescovo di Saigon, capitale del Viet Nam. Tutta ha avuto inizio il 23 aprile 1975 quando Paolo VI lo ha promosso arcivescovo coadiutore a Saigon. La nomina venne interpretata come espressione di un complotto di Roma contro il regime comunista e, per questo, il 15 maggio 1975 venne arrestato e portato in prigione. Nel ricordare quella dolorosa esperienza, il vescovo Van Tuan testimonia la forza della fede che gli ha permesso di trasformare quel cammino, umanamente, di sconfitta, in un cammino di speranza.

 

Gesù, ieri pomeriggio, festa di Maria Assunta, sono stato arrestato. Trasportato durante la notte da Saigon fino a Nhatrang quattrocentocinquanta chilometri di distanza in mezzo a due poliziotti,,ho cominciato l’esperienza di una vita di carcerato. Tanti sentimenti confusi nella mia testa: tristezza, paura, tensione, il mio cuore lacerato per essere allontanato dal mio popolo. Umiliato, ricordo le parole della Sacra Scrittura: ” E stato annoverato tra i malfattori ‑ et cum iniquis deputatus est” (Lc 2,37).

Ho attraversato in macchina le mie tre diocesi, Saigon, Phanthiet, Nhatrang: con tanto amore verso i miei fedeli, ma nessuno di loro sa che il loro Pastore sta passando, la prima tappa della sua Via crucis. Ma in questo mare di estrema amarezza, mi sento più che mai libero. Non ho niente con me,  neanche un soldo, eccetto il mio rosario e la compagnia di Gesù e Maria.Sulla strada della prigionia ho pregato: “Tu sei il mio Dio e il mio tutto “. Gesù, ormai posso dire come san Paolo: “Io Francesco, a causa di Cristo, ora sono in prigione: ego Franciscus, vinctus Jesu Christi pro vobis” (Ef 3,1).

Nel buio della notte in mezzo a questo oceano di ansietà, d’incubo, piano piano mi risveglio: “Devo affrontare la realtà”.“ Sono in prigione, se aspetto il momento opportuno per fare qualcosa di veramente grande, quante volte nella vita mi si presenteranno simili occasioni? No, afferro le occasioni che si presentano ogni giorno, per compiere azioni ordinarie in un modo straordinario.

Gesù, io non aspetterò, vivo il momento presente, colmandolo di amore. La linea retta è fatta di milioni di piccoli punti uniti uno all’altro. Anche la mia vita è fatta di milioni di secondi

e di minuti uniti uno all’altro. Dispongo perfettamente ogni singolo punto e la linea sarà retta.

Vivo con perfezione ogni minuto e la vita sarà santa. Il cammino della speranza è lastricato di piccoli passi di speranxa. La vita di speranza è fatta di brevi minuti di speranza. Come tu, Gesù, che hai fatto sempre ciò che piace al Padre tuo.

Ogni minuto voglio dirti: Gesù, ti amo, la mia vita è sempre una “nuova ed eterna alleanza”  con te. Ogni minuto voglio cantare con tutta la Chiesa: Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo …

 (F-X. Nguyen Van Tuan, Cinque pani e due pesci, San Paolo 1997, pp 16-18).

06 Ottobre 2013

BEATA MARIA VERGINE DEL ROSARIO

 Madre, donaci il tuo sguardo. Nessuno ce lo nasconda!

Il nostro cuore di figli sappia difenderlo

da tanti parolai che promettono illusioni;

 da coloro che hanno uno sguardo avido di vita facile,

di promesse che non si possono compiere.

Non ci rubino lo sguardo di Maria,

 che è pieno di tenerezza, che ci dà forza, che ci rende solidali tra noi.

                                                                                  (Papa Francesco)