Archivi categoria: Messaggio Settimanale

25 AGOSTO 2019

Cari fratelli,

la liturgia di questa domenica è un canto all’universalismo della salvezza, all’infinità dell’amore di Dio, alla misteriosa ricchezza nascosta nel cuore di ogni uomo giusto.

La Bibbia si sforza di spalancare gli orizzonti, di invitare al dialogo, di stimolare il rispetto reciproco, di favorire la comunione.

La vera appartenenza alla comunità di Dio si sancisce sulla base di una adesione etica ed esistenziale.

I confini della Chiesa passano innanzitutto attraverso i cuori e le coscienze.

Dobbiamo temere la replica terribile di Cristo: “anche se avete continuato a insegnare nel mio nome e a celebrare riti in mia memoria, se il vostro cuore e la vostra vita erano lontani da me, voi restate per me stranieri”.

La lettera agli ebrei, nel passo oggi letto, ci invita alla perseveranza di fronte alla prova.

Il Signore corregge colui che egli ama.

La prova, anziché segno di reiezione, può essere per il fedele segno di elezione.

Essa diventa la lezione necessaria che attesta la nostra filiazione nei confronti di un Padre che ci ama, anche secondo criteri che possono sembrare assurdi e che ci rendono muti davanti al dolore innocente.

Anche il Figlio per eccellenza, Gesù, è divenuto causa di salvezza passando attraverso l’oscurità della croce.

I martiri hanno saputo affrontare terribili supplizi, nella consapevolezza che Dio “ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione” (2Cor 1,3).

Direi dunque che dalle letture di oggi possiamo dedurre tre messaggi: ottimismo quindi nei confronti degli uomini (a questo ci induce l’universalismo), ottimismo nei confronti di Dio e della vita (da cui traiamo l’impegno etico) e ottimismo nei confronti della storia.

Con queste tre fiducie riusciamo a rinfrancare le mani cadenti e le ginocchia vacillanti, per attendere così il frutto di pace e di giustizia che il Signore ci ha promesso.

Don Emilio

18 AGOSTO 2019

Cari fratelli,

la parola di Dio, ci dicono le letture di oggi, è come un fuoco che brucia le nostre freddezze; è come una spada che elimina le esitazioni; come un segno che ci getta nel futuro e nella decisione; come un’energia che ci getta nella corsa; un lievito che fa esplodere ogni nostra paura.

Quale forza di provocazione ha realmente la parola di Dio nel nostro vissuto quotidiano?

Quale scandalo provoca?

O forse si deve pensare all’abitudine di una messa, a un rituale scontato che, una volta concluso, lascia al massimo un po’ d’odore d’incenso?

La fedeltà alla parola di Dio comporta una lotta con sé stessi e con quanto di peccato e di ingiustizia ci circonda.

Occorre dunque la perseveranza.

Essere costanti, fedeli e coraggiosi, vigilanti e decisi per non cadere in quella terribile malattia del nostro tempo che si chiama superficialità o banalità o inconsistenza.

Scrive l’apostolo Giacomo: “Perché se uno ascolta soltanto la parola e non la mette in pratica, somiglia ad un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio; appena s’è osservato, se ne va e subito dimentica com’era”.

La parola di Dio oltre che radice di provocazione etica e spirituale, oltre che appello alla fedeltà, è anche fonte di comprensione sul senso della vita e della storia.

Cristo ha un battesimo di morte da attraversare; il cristiano deve ripeterne l’esperienza nel suo battesimo che è insieme morte e resurrezione.

Cristo desidera accendere un fuoco che purifichi e trasformi; il cristiano riceve il fuoco dello Spirito che lo trasforma in testimone e annunciatore.

Cristo ha portato divisione e scandalo tra i suoi stessi concittadini, annunciando un messaggio radicale ed esigente.

Il cristiano, uomo di pace, si sente oggetto di scandalo e di incomprensione persino tra i suoi familiari.

Ci sorregge però la speranza, che per noi è certezza, che il Signore non ci abbandona mai ed è sempre al nostro fianco per infondere coraggio e confortarci.

Don Emilio.

11 AGOSTO 2019

Cari fratelli,

l’appello a star pronti, a non perdere la grande notte della liberazione, a non illudersi perché il padrone tarda a venire ci introduce in uno dei temi fondamentali dell’esperienza cristiana.

Essa è tensione, movimento, attesa, vigilanza.

Contro un cristianesimo vissuto in modo sonnacchioso e incolore, contro il facile compromesso del realismo del buon senso si leva l’appello di Gesù ad una fede viva, cordiale, tesa, sensibile e palpitante.

Ogni conoscenza è figlia di un amore.

Diceva Agostino: “Amo, quindi esisto. Tu ci hai fatti per te ed il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in te. È per te solo che io vivo, parlo e canto”.

Dio ha depositato nel cuore umano il desiderio di lui, per cui ecco le lucide parole di S. Gregorio Magno per definire Dio: “Tu che il mio cuore ama”.

In settimana ricorre anche la solennità dell’Assunzione della Vergine Maria.

L’Assunzione è il segno della traiettoria della vita.

Quel gran respiro di attesa, che Paolo ha mirabilmente dipinto in Rom. 8, inizia ad attuarsi, divenendo certezza.

L’essere intero sta per ricomporsi nell’armonia del progetto divino, un progetto di vita e di pace.

L’Assunzione è la festa pasquale della creatura che ripete in sé, attraverso il prototipo di Maria, la Pasqua di Cristo che ha inaugurato la nuova storia vincendo la morte ed il male.

Il trionfo della Vita sulla Morte si attua attraverso l’umiliazione del Figlio che si fa uomo, anzi si fa schiavo, l’ultimo degli uomini.

Attraverso l’umanità povera si costruisce il Regno di Dio, come canta il Magnificat.

La povertà di cuore e di vita, vissuta da Cristo e da sua Madre, è la vera forza dirompente, che origina e da inizio alla nuova era dei redenti e dei salvati.

Buon Ferragosto a tutti.

Don Emilio

04 AGOSTO 2019

Cari fratelli,

il lezionario di questa domenica ci ammonisce sulla relatività del presente e delle cose, la loro finitudine, il loro limite.

È un invito al ridimensionamento dell’orgoglio tecnicistico, dell’affezione alle cose, del possesso e dell’avere.

L’idolatria materialistica dei beni economici, considerati come valori assoluti, ai quali tutto sacrificare, è una tentazione che affiora anche nella comunità.

Sia pure con prospettive differenti Gesù e Qohelet ci invitano oggi a ricomporre una più autentica scala di valori.

Senza negarne la reale incidenza nel tessuto della storia, le strutture economiche devono essere ricondotte al loro giusto posto e riportate al servizio dell’uomo.

In un mondo rigorosamente retto da leggi economiche, calibrato da calcolatori elettronici, soddisfatto di sé e del benessere fisico, la Chiesa deve essere un segno di umanità, di spiritualità, di trascendenza e di divinità.

Siamo tutti pellegrini su questa terra.

La Chiesa è poi un corpo di nomadi permanenti, perché ha la visione di una città il cui artefice e costruttore è Dio.

La chiesa è un popolo che vede visioni e che ha speranze.

In un mondo di città pianificate, coordinate, razionalizzate, deve esserci un popolo che sogni e che speri.

Scrive l’autore della lettera a Diogneto: “I cristiani non si distinguono dagli altri per usi o costumi. Abitano nelle città come persone comuni. Per loro ogni patria è terra straniera ed ogni terra straniera è loro patria”.

Proprio perché il loro orizzonte travalica l’orizzonte sensibile, si comportano come coloro che possiedono senza possedere nulla.

Usano dei beni comuni, ma non si lasciano usare, perché sanno che passa la scena di questo mondo ed alla fine il tremendo giudizio di Dio li aspetta inesorabile.

Chi pone la propria sicurezza in quel che possiede, è come colui che costruisce la casa sulla sabbia, secondo la parabola evangelica.

Don Emilio

28 LUGLIO 2019

Cari fratelli,

il lezionario di oggi ci propone una splendida catechesi sulla preghiera, dalla quale possiamo estrarre i punti essenziali:

  • la preghiera è l’anima dell’esistenza di Gesù, come ce lo presenta Luca;
  • la preghiera deve essere coraggiosa, spontanea, sincera, personale, come quella di Abramo o come quella dell’amico importuno;
  • la preghiera si preoccupa di un tu a cui si indirizza, ma non cancella il noi, il presente e la prassi;
  • la preghiera è perciò contemplazione pura di Dio, abbandono mistico, esperienza di infinito;
  • la preghiera è anche carica per l’azione, per l’impegno umano e per l’intera esistenza; liberata da scorie sentimentalistiche o dalle incrostazioni dell’abitudine e della monotonia;
  • la preghiera cristiana ha il suo vertice nell’Abbà-Padre Nostro, centro della preghiera liturgica, verso cui deve convergere ogni devozione personale;
  • la preghiera cristiana è un intreccio di Dio che parla in noi, dell’uomo che lo interpella e lo ascolta e della comunità che in noi si esprime e che a noi chiede aiuto;
  • la preghiera cristiana suppone dunque l’ascolto della Parola e l’adesione gioiosa e personale. Come diceva S. Gerolamo: “Leggi? È lo sposo che ti parla. Preghi? Sei tu che parli allo sposo”.

Don Emilio

21 LUGLIO 2019

Cari fratelli,

la cornice alla prima ed alla terza lettura di questa domenica ci può proporre il tema dell’ospitalità, in una angolatura molto ampia, quale ad esempio quella proposta dal monachesimo benedettino.

A tutti i pellegrini indistintamente il monastero medievale offriva acqua, sale e fuoco, oltre ad un tetto sotto cui ripararsi. In tutte le vocazioni poi ed in tutti gli stati di vita è indispensabile l’atteggiamento dell’ascolto della Parola, sia che noi siamo come Marta, avvolti nel groviglio delle occupazioni quotidiane, sia che noi siamo come Maria, soli, all’interno di una casa familiare e quotidiana: dobbiamo sempre tenere aperto un canale di comunicazione con l’infinito.

Questo ci suggerisce il passo del Vangelo.

Scriveva K. Ranhner: “abbiamo mai fatto l’esperienza della grazia? Non vogliamo alludere, si badi, ad un generico sentimento di devozione o ad un’esaltazione religiosa, di tipo festivo, e nemmeno ad una qualunque consolazione intrisa di dolcezza, ma all’esperienza della grazia vera e propria, cioè a quella visitazione dello Spirito Santo, del Dio Trino, che in Cristo, grazie alla sua incarnazione ed alla sua immolazione in croce, è diventata realtà”.

Questa comunicazione in noi di Dio, come ci ricorda Paolo, ci trasforma nel Cristo vivente nel tempo e nello spazio, in parte del Corpo di Cristo che nella storia annunzia il Vangelo e salva.

La nascita e la crescita del vero cristiano fioriscono non da una radice sociologica ma da una forte esperienza di fede e di amore.

In questo modo, nell’agire quotidiano, noi, secondo la parola dell’Apostolo, portiamo a compimento ciò che manca ai patimenti di Cristo nella nostra carne.

Don Emilio

14 LUGLIO 2019

Cari fratelli,

le letture proposte oggi alla nostra meditazione sono un canto all’amore cristiano.

Si aprono con un monito, contenuto nel libro del Deuteronomio, che ci dice che l’amore è possibile.

Non è un sogno od un’evasione, né un assurdo umano.

La coscienza della facilità e della vicinanza dell’amore deve cancellare alibi troppo comodi.

Bisogna che qualcuno inizi a spezzare la catena dell’odio

L’amore proposto dalla celebre parabola di Luca è soggettivo, dinamico e teologico.

Soggettivo perché coinvolge il soggetto cristiano in un impegno totale e radicale.

Dinamico, perché si esprime in azioni ed opere, si attua con intelligenza e passione e valica ostacoli ed obiezioni.

Teologico, perché con l’amore si adempie all’impegno fondamentale per il Regno comportandosi come Dio ed ottenendo la piena comunione con lui (la vita eterna).

La radice di ogni amore è l’amore divino svelato nella creazione e nella redenzione, ci dice Paolo.

La ragione profonda dell’Incarnazione non si trova nell’uomo, ma in Dio, nel suo desiderio di divenire uomo e di fare dell’umanità una manifestazione di Dio, cioè luogo prediletto della sua presenza.

L’amore di Dio è teso verso il massimo della comunione.

Dio ha creato il mondo per esservi Uomo e perché l’uomo diventi simile a Lui per grazia, partecipe delle condizioni della vita divina: immortalità e casta integrità dell’essere.

Don Emilio

07 LUGLIO 2019

Cari fratelli,

le letture di oggi ci presentano il fedele come annunciatore del Regno di Dio.

Tutta la comunità intera deve sentirsi coinvolta, e non solo alcuni dei suoi membri sono chiamati all’annuncio del Cristo.

La Chiesa è sempre in stato di missione.

Il missionario è I ‘uomo della Parola, non della propaganda.

Egli annunzia una salvezza integrale: per questo cerca il bene globale, fisico ed interiore dell’uomo.

“Curate i malati e dite loro: è vicino a voi il Regno di Dio!” (Lc 10,19).

L’annuncio è soprattutto di gioia: è l’annuncio dell’amore di Dio; è l’essere nuova creatura; è una proclamazione di pace anche in un mondo di odio.

Certo la Parola opera una divisione e quindi conosce il rifiuto ed il giudizio.

Richiede perciò costanza, fedeltà e coraggio; richiede persino di condividere in certi momenti le stigmate della passione di Cristo.

La missione è un dono, non un’operazione di promozione socio-politica.

Richiede fede, preghiera ed il mandato di Cristo.

La fecondità autentica del ministero apostolico scaturisce soprattutto dalla crocefissione di Cristo e con Cristo.

E la vera gioia non sarà tanto nel successo più o meno clamoroso ma nel fatto che i rostri nomi sono scritti nei cieli.

Ai Galati che si erano lasciati irretire da una religiosità tradizionalista ed abitudinaria, com’era quella del giudaismo allora professato, Paolo propone il nudo messaggio della croce, fonte unica di vera libertà e pace.

Solo la croce ci strappa dall’attrazione del mondo e quindi dalla schiavitù della morte interiore e ci allontana dal rischio di ritornare sotto il dominio egoistico dell’io carnale.

Don Emilio

30 GIUGNO 2019

Cari fratelli

riprendiamo con questa domenica il ritmo tradizionale delle domeniche del tempo ordinario, dopo le molteplici festività incontrate a chiusura del tempo pasquale.

Il Vangelo che ci viene proposto è quello di Luca.

Nelle letture di oggi incontreremo un tema  fondamentale per la nostra fede: la vocazione cristiana.

Due vocazioni ci vengono proposte: quella di Eliseo e quella indicata da Gesù.

Si tratta di due chiamate parallele, ma   anche differenti.

La vocazione cristiana è un taglio spesso lacerante con abitudini, compromessi e con un passato comodo.

Il giusto mezzo, apparentemente fonte di equilibrio, è  spesso un alibi per non muoversi.

Una fede che non costa o che intacca solo la superficie è  certamente poco genuina.

La vocazione cristiana è perciò rinuncia e distacco.

L’area in cui questa frattura si realizza passa all’interno del cuore e comporta distacco dai beni materiali, da affetti troppo incombenti e da indecisioni e superficialità.

Il discepolo, pur vivendo nella trama concreta sociale, è senza guanciale, senza padre e senza nostalgia del passato.

La vocazione cristiana è movimento e libertà.

Non si può essere grettamente chiusi in se stessi e cristiani; non si può essere stanchi e pigri e contemporaneamente cristiani; non si può essere appagati, autosufficienti e cristiani.

Il vero discepolo è un uomo libero, che aderisce a Dio attraverso lo Spirito con tutto il suo cuore e tutta la sua anima.

Ha demolito l’impero della carne e della legge per lasciare trionfare in sé lo Spirito.

La fede è il principio fondamentale della giustificazione, ma è anche una realtà viva che opera mediante l’amore.

Don Emilio

23 GIUGNO 2019

Cari fratelli,

il sacerdozio cristiano è esaltato dalla riflessione tradizionale su Melkisedek e presenta oggi le sue origini ed il suo compito principale.

Il sacerdozio cristiano oggi riunisce nel nome di Cristo la Chiesa, perché sia sempre cosciente che la sua unità è nel Corpo e nel Sangue del Signore.

L’Eucarestia è spirito e carne, fede e carità, impegno verticale di comunione con l’Eterno ed impegno orizzontale di amore fraterno.

L’Eucarestia è attesa della sua venuta ed è da celebrare come la Pasqua, in piedi, in tensione, con ardore.

Il memoriale non è stanca commemorazione.

La nostra liturgia domenicale non può essere ricondotta ad un obbligo o ad un semplice precetto.

Dev’essere una necessità gioiosa ed un’anticipazione festosa.

L’Eucarestia è connessa al sangue della croce ed al corpo di Cristo donato per noi.

Essa è, quindi, un’espressione della nostra liberazione e della nostra salvezza.

Come tutti i sacramenti convergono sull’Eucarestia, così ogni atto catechetico ed ogni preghiera personale o comunitaria deve orientarsi e confluire nella grande liturgia eucaristica, l’unica che dà efficacia piena alla nostra completa maturità cristiana.

Come esclama l’antifona dovuta al genio di Tommaso d’Aquino, entrata nella liturgia del Vespro, “Cristo diventa il nutrimento, si fa memoriale della sua passione, l’anima è riempita di grazia e ci è donato il pegno della gloria futura”.

Riscopriamo dunque, fratelli, l’estrema importanza della Messa, massimo atto di culto che noi possiamo rendere a Dio, rendimento di grazie, lode e memoriale del sacrificio del Signore Gesù.

Don Emilio