Archivi categoria: Messaggio Settimanale

30 AGOSTO 2020

Cari fratelli,

le letture di oggi ci dicono che la via del profeta e del discepolo è certamente una via della croce, che conosce oscurità, abbandoni, silenzi.

La logica della sequela si traduce anche in quella del rinunziare e del perdere, della libertà nel giocare tutto per ottenere il tutto che è Cristo.

Il messaggio della donazione e della rinuncia non è mai fine a se stesso: si alimenta nell’amore e si apre sulla Pasqua.

La catechesi liturgica di oggi esalta anche la via della gloria.

Geremia, giunto nell’abisso del suo Getsemani, sente la Parola di Dio come un fuoco, che lo travolge e lo trasforma.

L’offerta del corpo che Paolo propone, diventa gradita a Dio.

Cristo suggerisce un perdere ma per trovare.

E la finale del Vangelo di oggi è uno sguardo luminoso alla Pasqua ed al giudizio liberatore.

La solidarietà con il Cristo sofferente sfocia in solidarietà con il Cristo glorioso.

Il dolore cristiano non è mai disperato.

Il cristianesimo non è alienazione, evasione dalla realtà, droga che ottunda i sentimenti, non è oppio dei popoli, ma fedeltà al giogo del quotidiano, all’impegno del corpo, all’amarezza della contestazione, come è stato per Geremia.

Ma il giogo è leggero e soave, il sacrificio gradito a Dio e la sofferenza si trasforma in fuoco d’amore.

Dopo la confessione di Pietro su Gesù nel Vangelo della scorsa settimana, abbiamo oggi la sconfessione di Gesù su Pietro.

L’errore del discepolo è di pensare non secondo Dio ma secondo gli uomini.

La logica dell’essere e dell’avere si scontra con quella dell’amore e della donazione.

Geremia e Pietro lo hanno capito, ed ecco allora che il profeta è pronto ad accettare derisione e disprezzo, pur di annunciare la Parola di Dio; così Pietro, anche se conoscerà l’abbandono del Golgota, alla fine sarà pronto a percorrere le strade del mondo, per rendere tutti partecipi del messaggio di salvezza del suo Signore.

Don Emilio

23 AGOSTO 2020


Cari fratelli,

il Vangelo di oggi, sostenuto dal modello simbolico di Isaia, è una specie di dichiarazione-istituzione e di catechesi solenne sul ruolo ecclesiale di Pietro.

Come tale, al di là delle discussioni sul suo valore come fondamento del ruolo del vescovo di Roma, diventa un testo prezioso per comprendere il progetto ecclesiale dei vangeli, soprattutto di Matteo.

Si potrebbe ancora una volta rimandare alla lettura e all’approfondimento della Lumen Gentium, la costituzione conciliare sulla natura della Chiesa.

Naturalmente questa riflessione deve trasformarsi in verifica della fedeltà nostra al progetto ecclesiale voluto da Cristo.

La Chiesa è il segno storico del Regno; ne è l’espressione visibile, anche se i confini del regno passano per linee invisibili, quelle dei cuori.

Dobbiamo contemplare ed amare questa architettura voluta dallo Spirito, costruita da Cristo, partendo dalla successione apostolica del papa e dei vescovi, passando attraverso il sacerdozio ministeriale e quello comune, celebrando lo splendore dei doni e l’armonia dell’unità nel fondamento comune, vivendo la gioiosa possibilità del perdono e dell’incontro eucaristico.

Come Cristo che salva e giudica, anche la Chiesa in suo nome lega e scioglie.

Il simbolismo delle chiavi e dell’aprire-chiudere si muove su questa linea.

Ma tutto l’accento deve essere spostato sul tema del perdono.

Gesù aveva ammonito: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini, perché così voi non entrate e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarvi” (Mt 23,13).

La Chiesa deve denunciare il male e l’ingiustizia, ma suo compito primario è quello di annunziare, come il suo Signore: “Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15).

Perché la Chiesa ha come punto di riferimento ultimo il Cristo, il Figlio del Dio vivente, professato oggi da Pietro e, con lui, da tutta la Chiesa.

Don Emilio

16 AGOSTO 2020

Cari fratelli,

la solennità dell’Assunta ci orienta verso il destino del credente, un destino di vita e di comunione.

Certo, il senso religioso rende vivo anche il senso della morte contro l’ottundimento della superficialità.

Il senso religioso rende vivo anche il senso della vita oltre la morte, dell’incontro con Dio, dell’assunzione con Lui.

Maria è la presenza di Dio in noi perché porta in sé il Cristo.

La donna dell’Apocalisse, l’arca, il cielo, il grembo benedetto, la serva sono simboli e segni di questo intreccio tra Dio e l’Uomo.

In Maria Dio si fa uomo e in Maria l’uomo è chiamato alla comunione con Dio.

La sigla di questa liturgia della vita e della divinizzazione dell’uomo è espressa nel prefazio: “Hai fatto risplendere per il tuo popolo, pellegrino sulla terra, un segno di consolazione e di sicura speranza”.

Le letture della domenica poi ci introducono alla chiamata universale ed universalistica di tutte le genti alla salvezza.

Ci invitano al dialogo, in un cammino di sincerità e di reciprocità.

Il tema del dialogo è certamente una sfida da raccogliere e in questo impegno i cristiani devono abbandonare ogni grettezza.

Il messaggio cristiano è amore e rispetto per ogni uomo; è destinato ad ogni uomo, non solamente ad alcuni; è infine apertura a tutti i valori dell’umanità.

Deve essere condotto, quale esperienza fondamentale della comunità cristiana, con intelligenza, amore e gradualità, evitando lo scoglio del rigorismo integralista e del sincretismo quasi indifferente.

Il dialogo suppone, quindi, pazienza e attesa, sia da parte del cristiano, che deve condividere i tempi di Dio e le sue vie, che non sono mai sempliciste ed irrispettose della libertà umana, sia da parte dei destinatari, che devono imparare ad ascoltare ed a vagliare con l’ansia della ricerca.

La ricerca amorosa e continua, segno di umiltà e di apertura interiore, permette l’incontro, almeno come compagni di viaggio, se non come coinquilini.

Don Emilio

09 AGOSTO 2020

Cari fratelli,

oggi ci viene proposta una grande pagina del 1° libro dei Re: attraverso una manifestazione di Dio a tappe, Elia riceve una nuova missione chiarificatrice sul senso della sua vita.

Dio non è solo il fuoco che sinora il profeta ha annunciato, ma anche la tenera brezza dell’amore e del silenzio.

Alle sorgenti di Israele (il Sinai), nella solitudine del deserto, sotto il segno del vento, che non sai da dove venga né dove vada, Elia scopre un nuovo aspetto del mistero di Dio.

Anche per noi è necessario ritornare più spesso alle radici della nostra vocazione attraverso il silenzio; è necessario vedere altra luce del mistero di Dio nel nostro io.

Ed è così che otteniamo la pace e la forza per riprendere il cammino della vita.

Elia impara nella riflessione a superare le semplificazioni di Dio e ne scopre l’insondabile mistero.

Perde così la visione unilaterale di Dio e degli uomini.

Oggi anche noi siamo invitati a superare noi stessi, per essere aperti, tolleranti, dolci e discreti come il Dio della brezza.

La tempesta non è di Dio, anzi, come insegna il vangelo di oggi, essa è il male che Cristo piega come se fosse una forza demoniaca.

La manifestazione di Cristo, Signore degli elementi, è la celebrazione della fede come lampada della notte oscura, nella tempesta e nello sprofondare della paura.

L’itinerario nostro può essere come quello di Cristo, un cammino sul mare del male, senza inabissamenti, se i nostri occhi ed il nostro cuore sono fissi su di lui.

Paolo infine ci permette di percepire, nella lettura proposta, tutto il suo dolore ed il suo travaglio interiore per l’incredulità di Israele, la sua stirpe secondo la carne, nonostante gli otto privilegi inestimabili che, grazie alla benevolenza di Dio, Israele ha ricevuto.

Don Emilio

02 AGOSTO 2020

Cari fratelli,

il miracolo della moltiplicazione dei pani, di cui ci parla il vangelo di oggi, è descritto tenendo presente la sequenza degli atti della cena pasquale: alzare gli occhi al cielo, pronunziare la benedizione, spezzare e dare i pani.

Con ciò si richiama, quasi anticipandola, la cena eucaristica.

Dobbiamo impedire che i segni del Cristo diventino gesti di amore sciupato.

Il suo corpo in cibo è il segno altissimo della sua comunione con noi.

Dobbiamo impedire che diventi un atto accolto frettolosamente.

Dobbiamo scoprire l’adesione gioiosa del cuore e della coscienza.

Scriveva il cardinale Martini: “L’Eucarestia è un prodigio che fiorisce da quel prodigio di inesauribile amore che è il Mistero pasquale. Dio, nell’Eucarestia di Gesù, prende sul serio la propria volontà di alleanza, cioè la decisione di stare realmente tra gli uomini, di accoglierli come figli, di attrarli nell’intimità della sua vita”.

Le nostre assemblee eucaristiche devono riscoprire questa dimensione di alleanza e di intimità.

Il dono di Dio è veramente gratuito (I lettura).

Stretti nella morsa delle nostre incombenze, abbiamo perso il gusto della donazione, della bellezza del dare da parte di Dio e della gioia e della felicità del ricevere.

Don Emilio

26 LUGLIO 2020

Cari fratelli,

lo scriba sapiente e Salomone sono due emblemi di sapienza, la virtù della pienezza umana e spirituale.

L’immagine del tesoro e della perla nella tradizione sapienziale è stata appunto usata per designare il valore incomparabile della sapienza.

La maturità interiore è un valore inestimabile e ogni credente deve lottare per far crescere ogni uomo in sapienza e grazia.

Le realtà terrestri, umane e scientifiche, culturali e spirituali, sono raggi dello splendore divino.

Favorire arti, scienze, filosofia, ricerca religiosa e quant’altro è collaborare al progetto armonico che Dio ha tracciato per l’uomo.

Esiste quindi una scala di valori.

Per i valori fondamentali è indispensabile operare una scelta.

L’educazione alla decisione adulta e libera è primaria anche nella fede.

Il ricco trafficante di preziosi della parabola odierna ha intuito con la sua abilità che in quella perla c’è un valore inestimabile, magari sepolto tra tanti oggetti appariscenti, ma di scarto.

Egli punta tutto su quel valore unico.

Quante volte l’incapacità di giudizio e di decisione disperde l’uomo verso pseudo valori lasciandogli tra le mani solo paglia e polvere.

Gesù prende spunto dalla professione dei pescatori per un’altra delle parabole odierne.

Essi, dopo aver raccolto le reti, fanno una cernita tra i pesci, per distinguere quelli permessi dalle leggi alimentari che riguardano il cibo puro, perché in base di una norma del Levitico i pesci senza scaglie erano proibiti.

Da questa prassi Gesù deduce una lettura della vita umana.

Al termine della nostra storia, Gesù separerà il bene dal male, i veri dai falsi valori.

Il giudizio farà brillare la verità, la giustizia e l’amore, ribaltando le scale dei valori collaudate dagli uomini per difendere il loro egoismo.

Perché i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri e le vie di Dio spesso purtroppo non sono le nostre vie.

Don Emilio

19 LUGLIO 2020

Cari fratelli,

le letture di oggi ci dicono che tutta la storia umana è intessuta di bene e di male: bisogna condividere la pazienza di Dio che non conosce l’intransigenza, il radicalismo, l’integralismo, ma che attende lo sviluppo verso il bene della storia.

Purtroppo spesso i credenti sono travolti da un’ansia apocalittica; sono giudici implacabili, incapaci di rispettare, pronti a condannare negli altri ciò che tollerano largamente per se stessi.

Il libro della Sapienza, invece, ci insegna che il padrone della forza, cioè Dio, giudica con mitezza e, con tal modo di agire, insegna al suo popolo che il giusto deve amare i suoi simili.

Il bene del Regno è dotato di una forza irresistibile, come quella della senape e del lievito, anche se si tratta di un’energia che richiede tempi lenti.

E questo è anche lo stile di Gesù e questo deve essere lo stile del discepolo.

Il timoroso deve vedere un segno dell’efficacia divina nel coraggio dei profeti; gli impazienti devono vedere un segno di tenerezza e fedeltà nella lentezza dei prudenti.

Le parabole odierne ci mostrano una meta: il Regno.

Tutte le parabole di Gesù, come il nucleo centrale del suo insegnamento, sono proiettate verso questo tema di gioia e di speranza.

L’uomo è invitato a cessare dalla costruzione di progetti folli e ingiusti e ad associarsi al disegno di amore di Dio, il Regno appunto.

Perché questo è il messaggio che letture odierne ci vogliono trasmettere: pur camminando nell’oscurità del tempo presente, il Regno di Dio è già arrivato in mezzo a noi.

Ogni domenica, anzi ogni qualvolta partecipiamo alla S. Messa, nella richiesta del perdono da parte di Dio, dovremmo confessare il nostro allontanamento dal piano divino del Regno.

Don Emilio

12 LUGLIO 2020


Cari fratelli,

la parabola del seminatore, che oggi incontriamo nella nostra meditazione settimanale della Parola di Dio, suggerisce un contrasto piuttosto aspro tra azione di Dio (seme e seminatore) e fallimento umano (i terreni improduttivi).

La Parola ha come sorte più comune il rifiuto e Gesù vuole che la sua Chiesa sia consapevole anche di questo mistero dell’incomprensione, con serenità e pazienza.

Non deve lasciarsi coinvolgere dalla crisi della perseveranza nell’annuncio della Parola.

La parabola, come la bellissima pagina finale del secondo Isaia (1ª lettura), ci suggerisce anche una parola di certezza.

L’efficacia di Dio non si infrange davanti al rifiuto; la sua Parola trova infatti accoglienza nel cuore di pochi, cioè del piccolo gregge, di coloro che accettano con fiducia, entusiasmo ed operosità la buona novella del Cristo.

La storia dei semi è, quindi, un’allegoria della libertà umana e dell’efficacia del Regno.

La Redenzione, che passa attraverso l’accoglienza del Signore, crea un mondo nuovo.

Il piccolo gruppo dei credenti diventa fermento che aiuta il cosmo e l’umanità tutta a liberarsi dagli squilibri e ad orientarsi secondo il piano che Dio ha tracciato.

La liturgia di oggi è anche un grande canto della Parola di Dio, l’evento che raduna le nostre comunità.

Da qui nasce l’importanza dell’accoglienza umana della Parola.

L’uomo non è solo sentimento: è anche intelligenza, volontà e azione.

Tutto l’uomo deve accogliere e lasciarsi invadere da questo seme fecondo.

La liturgia bizantina esclama: “Come sorgente per la vita eterna, tu inondi il mondo con la tua efficace parola, col tuo purissimo sangue e con l’acqua gloriosa del tuo Spirito”.

La messa domenicale ha il compito di farci penetrare sempre più il mistero insondabile di Dio, per trovare la pace che il Signore promette ai suoi seguaci.

Don Emilio

05 LUGLIO 2020

Cari fratelli,

leggiamo oggi una delle rare preghiere di Gesù riferite testualmente dai sinottici (i Vangeli di Marco, Matteo e Luca).

Si tratta innanzitutto di una benedizione, cioè di una preghiera di lode, di contemplazione.

Teresa d’Avila scriveva: “Non stanchiamoci mai di lodare un Re e Signore di tanta maestà, il quale ci ha preparato un regno che mai finirà, in cambio di qualche piccola sofferenza avvolta in mille gioie e che domani avrà termine. Sia Egli benedetto sempre!”

Dovremmo educarci ad una preghiera soprattutto di lode.

La preghiera di Gesù è anche un canto dei piccoli.

Questo infatti è l’atteggiamento genuino dell’orante.

Solamente con l’apertura del cuore Dio risponde alla nostra preghiera, rivelando i segreti del suo cuore, in un dialogo d’amore.

La preghiera così vissuta dà pace; ci si sente accolti da Dio e si dimenticano stanchezza ed oppressioni.

La via migliore per stabilire questo dialogo è offerta dai Salmi, che sono le parole stesse che Dio desidera sentirsi rivolgere, come dice S. Gerolamo, e che dovrebbero diventare la preghiera quotidiana del credente.

La preghiera è vita secondo lo Spirito di Cristo: il testo di Paolo odierno ci spinge, con la menzione di Matteo del giogo leggero, a vedere l’esperienza di fede come un’adesione gioiosa mossa dalla grazia.

Alla religione del precetto si sostituisce la fede nell’amore di Dio.

“La forza dell’amore vince i dolori più atroci” (S. Bernardo), come del resto testimoniano le schiere senza numero dei martiri per Cristo.

Martedì potremo finalmente riaprire l’oratorio, pur con tutte le cautele del caso, dopo mesi di forzata chiusura.

Una Chiesa senza l’oratorio è monca e manca del luogo privilegiato di educazione dei giovani.

Don Emilio

28 GIUGNO2020

Cari fratelli,

il tema dell’accoglienza, che risuona più volte nelle letture proposte oggi alla nostra attenzione, è una componente strutturale della comunità cristiana.

Perciostesso è indispensabile verificare oggi questa apertura, questa sensibilità, questa esigenza del vangelo anche nelle sue attuazioni concrete.

Gli anelli della catena dell’accoglienza e della solidarietà partono dall’ultimo e dal più piccolo: è accoglienza dell’anello supremo, quello di Dio stesso.

La vocazione cristiana è anche distacco radicale dai legami che ci connettono col passato. Scelta sofferta che ci costringe a mettere in discussione tante realtà tranquillamente accolte, tante comodità e persino il nostro desiderio di trovare la vita.

Accoglienza e distacco si unificano nella pienezza dell’amore.

Esso è povertà in spirito, liberazione dal possedere e dall’egoismo.

E anche ricerca della persona sola, del povero, del malato e dell’anziano.

Tutto il discorso missionario del cap. 10 di Matteo è anche un appello all’autenticità della vita secondo lo Spirito e secondo la stessa umanità.

Paolo, a proposito della vita secondo lo Spirito, scrive nella lettera ai Romani: “Consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio in Cristo Gesù”.

Per una vita autenticamente umana si possono ricordare questi versi di C. Kavafis, poeta greco contemporaneo: “Se non puoi avere la vita che desideri, per quanto sta in te cerca almeno questo: non sciuparla nel troppo commercio con la gente, con troppe parole e in un via vai frenetico. Non sciuparla portandola in giro in balia del quotidiano gioco balordo degli incontri e degli inviti fino a farne una stucchevole estranea”.

Don Emilio