Archivi categoria: Messaggio Settimanale

03 NOVEMBRE 2019

Cari fratelli,

leggeremo nel vangelo di oggi la conversione di Zaccheo, l’odiato esattore delle imposte per conto dei romani.

Su questa conversione nessuno avrebbe scommesso: non certamente i sacerdoti ebraici e, forse, nemmeno Gesù stesso.

Ma come il Signore stesso dice: “quello che è impossibile agli uomini è possibile a Dio”; ed ecco il miracolo della conversione.

Con il perdono si apre una nuova vita per Zaccheo.

Fare l’esperienza del perdono vuol dire incamminarsi su una strada di gioia e di donazione.

Se il peccato è una realtà paralizzante, il perdono invece è vivificante.

La conversione cristiana infatti non è un atto rituale ma vitale; comporta una nuova opzione per Dio e per il prossimo, una nuova nascita, una nuova creatura.

Fiorisce così un’etica cristiana, un impegno per la giustizia e per la costruzione di un nuovo ordine di rapporti.

Si costituisce una nuova comunità umana.

La riconciliazione spezza la solitudine del peccato e ci apre agli altri e all’Altro.

Bisogna scommettere sempre sulla bontà ultima dell’uomo, condividendo l’ottimismo di Dio.

Come fa Dio, anche noi dobbiamo “risparmiare tutte le cose perché tutte sono sue, del Signore della vita” (Sap. 11,26) e, quindi, tutte hanno una mirabile scintilla di luce e di amore nascosta magari sotto le incrostazioni della miseria e del peccato.

Don Emilio

27 OTTOBRE 2019

Cari fratelli,

questi giorni, così cari alla devozione della gente, ci invitano a meditare sulla grande chiamata, che il Signore ci rivolge, alla santità cristiana, come pienezza della fede e della grazia.

In ultima analisi la santità si rivela come celebrazione di una disponibilità del cuore che si apre all’azione mirabile di Dio e del suo Spirito: nasce dall’amore divino e si attua nell’amore per Dio e per i fratelli, come ci ricorda la prima lettera di Giovanni.

La parola “persona” nel senso latino significa di per sé “maschera”.

L’uomo può dunque essere l’immagine luminosa di Dio, ed allora è santo, oppure può acquistare la diabolica smorfia d’uno scimmiottamento di Dio (sarete come dei, dice il serpente tentatore nella Genesi).

Questi giorni recano anche il ricordo dei nostri cari, ormai nell’abbraccio di Dio.

Ma questo ricordo, pur venato di tristezza e dolore, deve essere centrato sulla speranza, una speranza che nasce dalla fede nella Pasqua.

La morte resta sempre un oscuro passaggio, una lotta (agonia) e un mistero.

Ma la morte e la resurrezione di Cristo diventano radice di speranza.

Il rischio si illumina e l’orizzonte si rischiara: conquistati dalla sua vita siamo strappati al nulla.

Don Emilio

20 OTTOBRE 2019

Cari fratelli,

la liturgia di oggi ci propone un’altra catechesi sulla preghiera, un motivo caro a Luca.

La preghiera è un ponte di comunicazione tra il finito e l’infinito.

Come Mosè l’orante non prega solo per sé, non apre solo per sé un canale con Dio, ma collega a Dio l’umanità intera.

Come Cristo intercede per noi presso il Padre, così anche il cristiano deve intercedere per il mondo intero.

La preghiera non è l’intuizione sentimentale d’un istante o uno stato transitorio di esaltazione.

La preghiera esige perseveranza ed impegno.

È una lotta col mistero, un’avventura faticosa, un fiore che sboccia nell’aridità e nell’oscurità.

La preghiera produce giustizia.

Chi ha avuto contatto con Dio torna nel mondo più luminoso, come Mosè, trasfigurato dal volto di Dio.

La sua azione è più carica di amore, il suo coraggio è più solido; la sua speranza più viva.

La preghiera produce anche pace del cuore perché essa si indirizza non ad un giudice o ad un sovrano, ma ad un padre amorevole.

La preghiera conforta, consola, rasserena e rinnova l’uomo.

La preghiera cristiana si riassume infatti in un Abbà, Padre.

La preghiera trova il suo alimento nella Bibbia, come ci dice oggi Paolo.

Nella preghiera dei Salmi Dio pone sulle nostre labbra ciò che lui stesso vorrebbe sentire da noi.

Attraverso la liturgia delle Ore riscopriamo questo dolce e concreto dialogo con Dio.

Don Emilio

13 OTTOBRE 2019

Cari fratelli,

la prima e la terza lettura di oggi ci pongono davanti ad un atteggiamento verso il Signore comune a tutti noi: ci ricordiamo di lui solamente nel bisogno

Di dieci lebbrosi guariti, uno solo torna a ringraziare Gesù della guarigione, per di più un samaritano, un eretico.

Di tutti i lebbrosi al tempo di Eliseo, solamente Naam il siro viene guarito.

Ma la misericordia di Dio non conosce barriere o separazioni ed è più forte di ogni nostro calcolo od esitazione.

Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio, proclama il salmo responsoriale.

Gli ultimi, i rifiutati negli schemi dei potenti prendono il primo posto nel Regno.

Sono i lebbrosi, fisici e spirituali, che si aprono più generosamente a Dio come una zolla arida alla pioggia fecondatrice.

Luca poi distingue il guarire dal salvare.

Egli sottolinea come ci deve essere un impegno spirituale, evangelico ed interiore per far brillare la luce della fede e dell’amore.

Ci deve essere un recupero del cuore accanto a quello del corpo.

Tutte le lebbre dell’uomo devono essere sanate.

Si attua così quella conformazione a Cristo Risorto proclamata da Paolo nella seconda lettura, lui incatenato per la sua fedeltà alla Parola di Dio.

Don Emilio 

06 OTTOBRE 2019

Cari fratelli,

oggi tutta la nostra attenzione va al mistero di Maria, la creatura prediletta da Dio.

Maria è l’espressione più alta offerta alla creatura umana di partecipare al piano di Dio, cioè al Regno.

Dio non è un solitario artefice di freddi mondi e di storie assurde.

Vuole con la sua creatura più privilegiata, l’uomo, edificare una mirabile architettura di amore e di pace nella storia.

Ogni uomo è chiamato ad essere costruttore con Dio.

Maria è il modello della totale e mai incrinata dedizione a questo progetto divino.

Dal primo all’ultimo istante della sua esistenza terrena.

Ogni battesimo ed ogni riconciliazione sono simili ad una nuova concezione dell’uomo vecchio che torna ad essere nuovo e attivo per il Regno.

S. Raimondo Lullo si chiedeva: “Fin quando dureranno le tenebre nel mondo e quando cesserà la folle corsa dell’uomo verso l’inferno? Quando gli innocenti saranno in maggior numero dei malvagi?”.

Maria è una risposta di speranza a questo lacerante ed eterno interrogativo.

Dio colmandola di grazia presenta la possibilità di un’umanità nuova e giusta, di una città in cui Dio sia pienamente presente, una città in cui non c’è bisogno di luce né di sole perché l’Agnello è la sua lampada (Apocalisse).

Don primo Mazzolari diceva che non bisogna mai essere dimissionari ma missionari, perché su tutti possa brillare la luce di Cristo e del suo Vangelo.

Buona Sagra a tutti.

Don Emilio

29 SETTEMBRE 2019

Cari fratelli,

ci prepariamo a celebrare la nostra Sagra, nel nome di Nostra Signora del Santo Rosario.

La Sagra è un momento nel quale la comunità si ferma per ringraziare, celebrare ed invocare la protezione del Santo Patrono.

Nel nostro caso, non potremmo avere gioia più grande, perché abbiamo come protettrice la Madre stessa del Salvatore, Maria, Beata Vergine del Rosario.

Questa festa, di origine devozionale, è nata per impulso del papa S. Pio V, collegandola alla vittoria di Lepanto (1571) che mise fine all’espansionismo dell’impero ottomano.

Egli attribuì quello storico evento alla preghiera che il popolo cristiano aveva indirizzato alla Vergine nella forma del Rosario.

Questa preghiera, squisitamente evangelica, vangelo in preghiera, riflette il modo stesso con cui il Verbo di Dio ha operato la redenzione.

Di essa il Rosario considera in ordinata successione i principali eventi salvifici che si sono compiuti in Cristo, dalla concezione verginale e dai misteri dell’infanzia fino ai momenti culminanti della Pasqua e agli effetti che essa ebbe sia sulla Chiesa nascente nel giorno di Pentecoste, sia sulla Vergine Maria nel giorno in cui ella fu assunta in corpo e anima nel Regno dei cieli.

Celebrare Maria è dunque celebrare noi stessi nella consapevolezza che il suo destino, sia pure di prediletta da Dio, riflette in una certa qual misura il nostro stesso destino di persone salvate e chiamate a condividere con lei la gloria del Risorto.

Il programma della festa è fitto di appuntamenti, riportati su questo stesso foglio ed anche su locandine a parte.

Ci riuniremo poi nel ricordo dei nostri defunti lunedì 07 ottobre, al mattino con l’ufficio ed alla sera con la Messa di Suffragio.

Buona Festa a tutti.

Don Emilio

22 SETTEMBRE 2019

Cari fratelli,

in questa domenica risuona un forte richiamo alla purezza della fede ed alla giustizia sociale.

Il culto a Dio ed il culto per ciò che ci sta attorno sono antitetici: il primo suppone la logica dell’amore, della donazione e della fraternità; il secondo suppone la logica dell’edonismo, del possesso, della prevaricazione.

L’appello alla giustizia, scandito con veemenza da Luca e da Amos, la lotta contro la religione della ricchezza e dell’oppressione, l’attenzione alle vittime del potere e dello sfruttamento devono essere temi permanenti dell’impegno morale del cristiano.

Fino a quando l’uomo non è difeso nella sua dignità, Cristo, come diceva Pascal, continua ad essere ingiuriato, ad agonizzare, ad essere ucciso da noi.

La strana parabola odierna centra anche un altro tema fondamentale: nell’esistenza si può essere frequentemente come bambini distratti mentre il tempo della vita è decisivo.

La lunga tipologia di uomini indifferenti, banali, volgari e superficiali che troppo spesso costella l’orizzonte della storia è guardata con amarezza da Gesù.

L’unica loro prontezza è solo quella di perpetrare il male, come il corrotto amministratore della parabola.

Ogni atto di amore e di giustizia è troppo oneroso e costoso per loro.

Ed infine Paolo all’impegno orizzontale associa oggi quello verticale della preghiera, soprattutto liturgica.

Si potrebbe perciò esaminare criticamente le nostre celebrazioni liturgiche ed il nostro dialogo con Dio, personale ed ecclesiale.

Romano Guardini, liturgista svizzero da poco scomparso, scriveva nel suo volume Il senso della Chiesa: “la liturgia è integralmente realtà. Abbraccia tutto quanto esiste: angeli, uomini e cose. Tutti i contenuti e gli avvenimenti della vita. Ogni realtà: la naturale è afferrata dalla soprannaturale; la creata è fecondata dalla increata”.

Don Emilio

15 SETTEMBRE 2019

Cari fratelli,

il ritornello del Salmo responsoriale della domenica (“donaci, o Padre, la gioia del perdono”) esprime il senso profondo della liturgia di oggi.

È necessario ricuperare il valore del sacramento della riconciliazione, celebrandolo come sacramento di amore e di gioia e non come atto faticoso di vergogna e timore.

Nel romanzo Non sparate ai narcisi di L. Santucci c’è un suggestivo apologo: “La paura picchiò alla porta. La fede andò ad aprire: non c’era nessuno!”.

L’amore cancella la paura.

L’amore di Dio non s’arresta di fronte ad alcun delitto.

Pregava don Primo Mazzolari: “La mia vita si svolge tra questi due momenti, come tra due poli opposti: la mia povertà e la tua sovrabbondante misericordia. Donde il mio sospiro ed il mio grido: vieni Signore; non tardare”.

La gioia della salvezza nostra e altrui deve permeare tutto il cammino della nostra esperienza cristiana.

Bisogna lottare contro le gelosie, le grettezze, il compiacimento lamentoso.

S. Teresa d’Avila ripeteva spesso: “Liberaci, Signore, dalle sciocche devozioni dei santi dalla faccia triste”.

Il cristianesimo è la religione della gioia, come ben sapeva S. Filippo Neri, perché l’identità cristiana ha una forte connotazione pasquale e festiva.

La conversione del fratello è l’attesa primaria di Dio e della Chiesa.

È necessario, perciò, muoverci verso il mondo come Gesù che sedeva con pubblicani (esattori delle tasse) e peccatori per annunziare il Regno di Dio.

Bisogna vincere il complesso di superiorità del fratello maggiore della parabola del figliol prodigo, superando il nostro orgoglio, per scorgere nel fratello che ci sta accanto un frammento della sapienza di Dio, che opera in tutto e in tutti e che su tutti effonde la pienezza del suo Spirito.

Solo così potremo cambiare il mondo, rendendolo conforme ai desideri ed alle aspettative del Creatore.

Don Emilio

08 SETTEMBRE 2019

Cari fratelli,

l’umanità profonda di Paolo, la sua delicatezza d’animo diventano già di per sé un appello a vivere l’esperienza cristiana non solo a livello razionale, ma con tutto l’essere dell’uomo che è fatto d’intelligenza, volontà, sentimento, azione e passione.

Questa profonda partecipazione si concentra su un caso umano, quello di uno schiavo fuggitivo, sul quale la parola ha operato un intervento decisivo.

L’impegno cristiano per la dignità dell’uomo dovrebbe essere primario.

Ogni uomo è figlio di Dio, sua immagine, fratello di Cristo salvato e destinato alla comunione piena con l’eterno.

Paolo non suggerisce una soluzione paternalistica, ma radicale: lo schiavo sarà d’ora in avanti come un fratello.

In questa luce si comprende la proposta biblica sui veri valori: non è la posizione sociale, né il benessere economico, né il prestigio la meta da raggiungere, ma la sapienza, cioè la piena realizzazione dell’uomo in tutte le sue dimensioni e capacità.

“Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore” (Sal 89).

Nell’antica poesia azteca del Messico precolombiano c’era questo detto: “Si nasce, si viene su questa terra; per un po’ di tempo si ottiene la gloria di colui per il quale tutto vive (il Sole). Il fiore del nostro corpo apre qualche corolla ed è subito appassito”.

Questa sapienza, che ci indica la strada vera ed i valori autentici, è celebrata anche nel vangelo di oggi.

Esso raccoglie uno dei temi fondamentali della predicazione di Gesù: bisogna con intelligenza e volontà optare per la grande decisione, quella per il Regno.

Le scuse, le attenuanti, le mezze misure, le superficialità spezzano il legame con Cristo, la cui proposta è radicale ed esigente: chiunque non si fa povero in spirito, chi non porta la propria croce, chi non mette in gioco anche la propria vita, non può essere discepolo del Signore.

Don Emilio

01 SETTEMBRE 2019

Cari fratelli,

l’umiltà è la regola per la partecipazione alla mensa del Regno.

Come il Maestro il discepolo opta per l’ultimo posto, perché anch’egli è venuto per servire e non per essere servito.

La vera grandezza dell’uomo non si misura nei titoli nobiliari o accademici, o nelle cariche più o meno prestigiose che egli ricopre, ma nella ricchezza umana ed interiore, cioè nella capacità di amare con la mente saggia, come dice il Siracide.

L’umiltà non è disprezzo di sé ma è la giusta conoscenza di sé per occupare esattamente il proprio posto nel disegno della storia, offrendo il proprio contributo allo sviluppo dell’uomo.

La parabola evangelica ed il monito del Siracide sull’elemosina esortano anche alla donazione libera e gioiosa contro una concezione sempre più economicistica ed agonistica del vivere sociale.

“Sarai beato perché non sei ricambiato”: questa bellissima beatitudine esalta il vero atteggiamento del credente che, come Cristo, si dona per gli altri; che presta senza sperare niente, che non calcola, che non sceglie le amicizie in rapporto all’utilità che può ricavarne, ma che è felice di essere vicino a poveri, ciechi e storpi.

L’umiltà e la donazione sono due virtù che celebrano il primato di Dio rispetto ai giochi ed alle manovre umane.

La liturgia di oggi è dunque, in ultima analisi, il canto dei perfetti, come il Padre celeste, i quali, divenendo poveri come Cristo, sono esaltati

Ad essi viene destinata la “città del Dio vivente”, cioè l’esperienza festosa della piena comunione con Dio.

Se si è pieni del proprio orgoglio o delle cose possedute, non si può aprire il cuore a Dio, né godere della libertà del distacco e della gioia della semplicità.

Don Emilio