Archivi categoria: Messaggio Settimanale

29 NOVEMBRE 2020

Cari fratelli,

iniziamo con oggi l’Avvento, periodo di quattro settimane che apre ogni anno il ciclo delle celebrazioni del mistero di Cristo.

Come gli altri tempi, ha una festa come punto di riferimento e dalla quale trae il suo preciso significato: il Natale di Gesù Cristo.

La festa del Natale risale alla prima metà del IV°secolo, ma solo nel VI°si è formato un tempo di preparazione ascetico-penitenziale che assumerà poi un carattere liturgico.

Al centro di questo periodo si trova l’adventus o venuta del Signore, quella storica nella carne e quella finale nella gloria.

Così la parola latina italianizzata passò a designare il periodo che precede il Natale.

Anche nella struttura attuale l’avvento conserva intatte le due caratteristiche: orientato nelle prime due settimane alla venuta gloriosa; nelle ultime concentrato sulla nascita storica, l’incarnazione del Verbo, del Figlio di Dio.

Il Vangelo ci fornisce questa chiara prospettiva.

Quindi l’Avvento non è la commemorazione della lunga attesa del popolo ebraico, proteso verso il Messia, né semplice preparazione del Natale, ma un tempo vissuto sotto il segno della venuta del Signore: della prima venuta storica, che inaugura il tempo della salvezza, e della seconda venuta, alla fine dei tempi, che ne sarà il compimento.

La prima è fondamento della seconda e la seconda il suo coronamento.

Due venute reali, due eventi strettamente connessi.

Tra la prima e la seconda venuta si colloca il tempo della Chiesa, che celebra l’unico mistero di Cristo, il Cristo che è venuto e che verrà, ma che viene anche nell’oggi nella sua costante manifestazione di Salvatore, raccordando così la venuta storica e quella finale.

La presenza o venuta sacramentale non si aggiunge alle due venute, ma le unisce: il Cristo che è nato, che è morto sulla croce ed è risorto, che è apparso e che apparirà, si fa presente nella celebrazione del mistero.

Don Emilio

22 NOVEMBRE 2020

Cari fratelli,

la centralità di Cristo nella liturgia e nella spiritualità, nella lettura della storia e della propria esistenza è la grande premessa di questa celebrazione.

Contro gli squilibri devozionalistici, contro la tentazione della superstizione o dei surrogati religiosi, il fedele deve richiamare se stesso all’autenticità della sua fede fondata sul primato del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Il riconoscimento di questa fede non avviene solo attraverso la professione delle labbra ma soprattutto attraverso l’attuazione dell’amore.

E solo così che si è ammessi al Regno.

Nell’amore gratuito ed universale verso il prossimo si vive quella relazione vitale col Cristo che è lo specifico del cristianesimo.

Il vangelo osserva che l’unione con Cristo attraverso gli atti d’amore durante l’esistenza terrena è in pratica l’inizio della comunione eterna con lui.

Il lezionario odierno ci proietta anche verso il senso ultimo della storia.

Già Ezechiele fa balenare un regno in cui il pastore non sarà un re ma Dio stesso.

Nel vangelo abbiamo la celebrazione del giudizio ultimo in cui si svelerà il senso del nostro itinerario terreno, in cui apparirà la reale qualità dell’esistenza di ogni uomo.

Paolo poi ci presenta un mirabile affresco escatologico in cui disegna l’armonia del Regno verso il quale noi siamo indirizzati, un’armonia che sarà piena comunione.

Nessun frammento di bene cade nel vuoto.

Dio ha tracciato un disegno anche nella nostra trama confusa e spesso lacerata.

La chiusura dell’anno liturgico è segnata da questa solennità che è simile ad un’abside in cui domina la figura di Cristo Re e Signore.

Di fronte al suo sguardo siamo invitati ad un bilancio della nostra esistenza, delle nostre miserie e dei nostri splendori, ricordando che l’ultima parola che Gesù pronuncia nel vangelo di Matteo, letto quest’anno, è: “Io sarò con voi sino alla fine dei tempi”.

Don Emilio

15 NOVEMBRE 2020

Cari fratelli,

a prima vista la parabola dei talenti, che oggi leggiamo nel vangelo, può risultare imbarazzante, legata come sembra alla logica di mercato.

L’accento nell’interpretazione è stato posto spesso sulle opere, sul fruttificare: ma questo è certamente parziale.

Infatti il senso generale della parabola è ben specificato dal premio e dal castigo finale che trascendono i limiti del racconto.

Il tema generale è, allora, quello dell’accoglienza operosa del Regno.

Più che sul semplice impegno per sviluppare bene le proprie doti, il discorso cade sull’accettazione efficace ed attiva del dono della salvezza.

In pratica dunque è l’equivalente dell’esortazione paolina alla vigilanza.

Il primo appello che oggi riceviamo ci orienta perciò verso una decisione seria e radicale che si esprime nella concretezza della vita e nella specificità delle nostre scelte.

Il motivo del fruttificare non è certo escluso.

Come la donna ideale della prima lettura, anche noi siamo chiamati all’operosità ed alla misericordia verso il misero.

Come l’uomo che teme il Signore del salmo 127, siamo chiamati a vivere del lavoro delle nostre mani.

Come i cristiani di Tessalonica siamo chiamati a vivere come figli della luce e del giorno, che compiono le opere giuste.

Come i due servi dei cinque e dei due talenti, siamo chiamati ad un serio impegno perché i nostri doni crescano in bene per tutti.

Nella figura del servo c’è anche un’altra connotazione: la paura che trasforma la religione in un dovere e quindi nel minimo richiesto: “So che sei un uomo duro che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura ho nascosto il tuo talento”.

“La fede in Cristo è il rischio di tutti i rischi; è per tutti lo stesso salto nel vuoto. Ma è anche gioia e promessa, amore e vita. È conversione; è il radicale nuovo orientamento dell’uomo che sta nudo davanti a Dio e che per amore è pronto a perdere la propria anima” (K. Barth).

Don Emilio

08 NOVEMBRE 2020

Cari fratelli,

con oggi torniamo ad una certa normalità della vita di fede, dopo le feste dei santi e della Dedicazione della Chiesa, normalità che a fine mese si interromperà di nuovo per l’inizio dell’avvento.

Troviamo oggi nel vangelo la celeberrima parabola delle dieci vergini che vanno incontro allo sposo.

La storia di queste dieci ragazze fa capire quali devono essere le condizioni dei credenti, perché il loro incontro definitivo con Gesù Signore, che porta a compimento il regno dei cieli, sia un evento di salvezza e non di condanna.

In questo quadro interpretativo lo sposo è Gesù che viene alla fine come Signore.

Egli allora si rivelerà come giudice che esclude dalla comunione salvifica quelli che non sono pronti.

Le dieci ragazze che vanno incontro allo sposo con le loro lucerne sono i discepoli la cui luce deve risplendere davanti agli uomini perché vedano le opere buone e diano gloria al Padre.

Sulla base del lezionario di oggi, potremmo identificare le condizioni del fedele per poter entrare alle nozze:

a) l’ansia continua per la sapienza del cuore;

b) l’attesa vigile della speranza;

c) la scelta per la luce della fede;

d) l’olio della giustizia;

e) la fiducia nella risurrezione, come ammonisce Paolo.

Il motivo del ritardo dello sposo è un tema molto sentito nelle Chiesa delle origini, come ci attesta Paolo nella lettera ai Tessalonicesi.

Per questo l’Apostolo invita ad una pazienza-speranza, pronti a scrutare i segni misteriosi dell’agire di Dio, ad attenderlo anche nell’oscurità e nel silenzio, nel dolore e nella lontananza.

La parabola non conosce solamente l’oscurità della notte, ma anche quella della porta chiusa.

C’è un rifiuto di Dio ed un rifiuto dell’uomo che si intrecciano reciprocamente.

La responsabilità di ogni uomo è messa in causa da Gesù il cui messaggio fondamentale è quello dell’offerta della salvezza, cui spesso si associa il rifiuto dell’uomo.

Don Emilio

01 NOVEMBRE 2020

Cari fratelli,

la festa di Tutti i Santi ci invita a meditare sulla grande realtà della santità cristiana, che è la totalità nello spirito delle beatitudini.

E quell’atteggiamento di apertura e di donazione che ha per simbolo la fiducia del bambino (Sal 131).

La totalità è povertà in spirito, mitezza, giustizia, purezza, pace e misericordia.

La santità è coscienza effettiva di essere figli di Dio.

Nei manoscritti di Qumram c’è una bella invocazione: “Tu sei un padre per i tuoi figli fedeli; tu esulti su di essi come una mamma sul suo piccino”.

Questa filiazione va però fatta crescere sempre più attraverso una purificazione interiore, perché raggiunga la meta della piena conformazione a Dio allorché lo vedremo così come Egli è.

La santità è pluralità: le vie sono 144.000, come gli eletti dell’Apocalisse.

Ognuno attraverso il suo dono, il suo cuore, il suo riso e le sue lacrime, deve giungere all’Agnello.

Importante è non perdere di vista la meta e non lasciarci schiacciare dalla tribolazione.

La santità è lode, beatitudine, pace.

Lo si vede dal genere stesso delle beatitudini, dal canto corale degli eletti dell’Apocalisse, dalla speranza della seconda lettura.

Già l’antica religione egiziana aveva intuito questa qualità della santità quando faceva scrivere sui frontoni dei templi questa beatitudine, destinata ai fedeli del dio Amon: “Due volte felice chi riposa sul braccio di Amon, lui che si prende cura del silenzioso, che aiuta il povero e che dà il soffio vitale a chi lo ama”.

Don Emilio

25 OTTOBRE 2020

Cari fratelli,

oggi facciamo memoria della dedicazione della nostra Chiesa, cioè del giorno in cui, ed era il 24 maggio 1757, è stata consacrata e dedicata a Maria Santissima e a San Leonardo.

Poiché l’anniversario cade sempre nel periodo pasquale, non è possibile celebrarlo con il dovuto risalto.

Ed allora si suggerisce di celebrarlo nella domenica precedente la solennità di Tutti i Santi, per porre in luce l’intima unione della Chiesa terrestre con la Chiesa celeste.

In questo giorno si celebra il mistero della Chiesa viva, cioè del popolo di Dio peregrinante verso la Gerusalemme celeste.

Il Tempio, il rito, gli oggetti sacri non sono fini a sé stessi.

Non sono strutture pesanti o quanto meno opache.

Il cristianesimo è religione prima di tutto della coscienza, dello spirito dell’esistenza e della verità.

Dio però si rivela anche nella materialità, nella spazialità e nella creazione tutta.

Il cristianesimo è dunque incarnazione, è sintesi ed armonia.

Offrire una chiesa per l’incontro con Dio è segno di fedeltà a Dio che ama tutte le cose.

Continua la novena per i Defunti.

Don Emilio

18 OTTOBRE 2020

Cari fratelli,

con martedì iniziamo la Novena dei Morti.

Siamo chiamati ad un doppio appuntamento nel pomeriggio ed alla sera per dar modo a chi lavora di unirsi, nel sacrificio eucaristico, alla preghiera di suffragio che sempre sale a Dio perché i nostri morti siano liberati da ogni macchia di peccato e possano in tal modo entrare nella gloria di Dio.

Il monito di Cristo, che risuona nel Vangelo di oggi (“date a Dio quello che è di Dio ed a Cesare quello che è di Cesare”), è molto concreto.

Da un lato egli esalta la scelta pratica di pagare le tasse come dovere umano, civile e quindi morale.

Già questo costituisce un’accusa precisa dell’allegra e continua evasione fiscale, praticata senza riserve da molti.

Sotto il simbolo del denaro si riconosce però la legittimità e l’autonomia di tutta la sfera civile e politica.

D’altro canto Gesù afferma con vigore l’autonomia della sfera religiosa e della più generale dignità umana, che non può essere conculcata da nessun potere politico prevaricante.

La totale dedizione a Dio nel campo della coscienza non ammette eccezioni.

Il Cesare divinizzato, ma anche l’interferenza del religioso nel politico sono, quindi, contro la proposta evangelica.

La fedeltà della scelta religiosa è la miglior garanzia per una sana laicità della prassi politica.

Paolo poi, parlando ai Tessalonicesi dell’impegno nella fede, dell’operosità nella carità e della costanza della speranza, ci dice che la fede, se vissuta intensamente, è fermento della storia

Don Emilio

11 OTTOBRE 2020

Cari fratelli,

il tema del rifiuto radicale, oltraggioso e violento all’offerta di Dio è il primo motivo della doppia parabola di oggi.

Gli invitati alle nozze si negano, accampando futili e ridicoli motivi.

Questo, pare dirci il Signore, è uno dei grandi misteri connessi alla libertà umana.

La realtà del rifiuto non ci deve scoraggiare, anzi, deve provocare la nostra attenzione per continuare a rivolgere l’appello, come fa il re della parabola.

Perché Dio risorge continuamente nel cuore degli uomini.

Il tema della comunione con Dio, espressa nella simbologia del banchetto di Isaia, è altrettanto significativo.

Non basta essere chiamati, bisogna entrare nella pienezza dell’elezione.

Tenendo presente la costante preoccupazione di Matteo per la coerenza tra fede e vita, tra parole ed opere, si comprende anche il valore di fedeltà attiva racchiuso nel simbolo della veste.

Dice l’Apocalisse: “La veste di lino sono le opere giuste dei santi”.

Il numero dei chiamati non è importante; le folle oceaniche acclamanti in una manifestazione religiosa non sono decisive.

Claudel osserva, tra l’altro, che: “la verità non ha nulla a che vedere col numero di persone che essa persuade”.

Non basta l’iscrizione esterna o l’appartenenza formale: è necessaria la scelta vitale e l’adesione della coscienza.

La liturgia di oggi si apre, anche attraverso la pagina di Isaia, su un orizzonte universale per cui salvezza e giudizio diventano un dato terminale di tutta la storia.

La tonalità di giudizio finale che pervade la prima lettura e che sostiene la pagina evangelica diventa anche una chiave di lettura per vivere, comprendere e far proseguire la storia nella quale siamo immersi.

Da ultimo vorrei ringraziare tutti quanti hanno lavorato per la preparazione e lo svolgimento della nostra Sagra, da quanti hanno pulito, addobbato la Chiesa, curato l’allestimento della pesca e della lotteria, sino a coloro che con il canto, hanno reso decorosa e solenne la nostra celebrazione.

Grazie a tutti.

Don Emilio

04 OTTOBRE 2020

Cari fratelli,

in Maria, nostra Patrona sotto il titolo del Santo Rosario, noi celebriamo l’inizio della nostra redenzione.

Ciò che Eva ci tolse con la sua trasgressione, Maria, nuova Eva ci rende nel Figlio.

Con Maria, che genera il Figlio di Dio, avviene la grande svolta nella storia.

Una bellissima pagina di Bernardo descrive l’attesa dell’umanità per questa fase decisiva della storia della salvezza.

 Essa può trasformarsi anche in una preghiera mariana: “Hai sentito, o Vergine, l’invito alla gioia e all’esultanza; vogliamo ascoltare anche noi dalla tua bocca la risposta della tua gioia che noi desideriamo. L’angelo aspetta la tua risposta. Stiamo aspettando anche noi, Maria. Nelle tue mani sta il prezzo del nostro riscatto. Rispondi presto, o Vergine. Apri il tuo cuore alla fede, le tue labbra alla parola, il tuo seno al Creatore. Ecco, colui che è il desiderio di tutte le genti, sta fuori e bussa alla tua porta. Alzati, corri, apri. Alzati con la tua fede, corri col tuo affetto, apri col tuo consenso”.

Lunedì è la giornata dedicata al ricordo dei nostri morti: ci ritroveremo al mattino ed alla sera per le Messe di suffragio per i nostri cari.

Per tutte le tre giornate dei festeggiamenti rimane aperto in Parrocchia il banco di beneficenza a favore del restauro dell’organo.

Lunedì dopo la messa della sera, nel salone parrocchiale estrazione dei premi della sottoscrizione a premi.

Buona Sagra a tutti.

Don Emilio

27 SETTEMBRE 2020

Cari fratelli,

siamo ormai vicini alla nostra Sagra della Madonna del Rosario.

Il programma religioso lo trovate affisso alla porta della Chiesa e sulle locandine disseminate un po’ dappertutto.

Ma ciò che importa è che ci prepariamo opportunamente a questo nostro incontro annuale con Maria.

Ed ora uno sguardo alle letture di oggi.

L’obbedienza nella donazione di sé è il modello che Paolo presenta ai fedeli, fissando i suoi occhi sul Cristo crocifisso.

Ad essa si oppone la falsa ed ipocrita obbedienza del figlio apparentemente ossequiente, ma in realtà ribelle; essa supera però anche l’obbedienza più faticosa ma reale del figlio apparentemente ribelle ma alla fine generoso.

L’obbedienza significa umiltà, vicinanza agli altri, eliminazione della vanagloria, del proprio interesse, del gusto del potere.

Il ministero cristiano in ogni suo livello e forma è soprattutto servizio.

E su questo punto ritornano più volte i documenti del Concilio Vaticano II.

Cristo venne per servire e si è fatto servo di tutti; Maria è la serva del Signore; i santi servirono Dio in ogni cosa (Lumen Gentium, n. 49).

La Chiesa deve servire tutti nella vocazione personale e sociale di ogni uomo; i pastori hanno ricevuto da Dio la missione della diaconia; i coniugi devono mutuamente servirsi; la comunità politica è (o dovrebbe) essere a servizio dell’uomo; ogni uomo è chiamato al servizio dell’intera comunità umana.

Ma la misura del valore autentico e nascosto di ogni persona, al di là delle apparenze, è solo nelle mani di Dio che vede il cuore.

Don Emilio