Archivi categoria: Messaggio Settimanale

12 GENNAIO 2020

Cari fratelli,

il battesimo di Gesù è la grande rivelazione della presenza salvifica di Dio nella storia.

Diventa, quindi, un impegno per la Chiesa perché continui questa rivelazione soprattutto quando il mondo sente la stanchezza e la disillusione.

Di fronte all’ansia e lo smarrimento di tanti nostri fratelli dovremmo far balenare in modo puro e luminoso l’annuncio e la figura di Gesù.

Infatti il battesimo del cristiano è l’annuncio efficace della salvezza a noi offerta.

L’iniziativa di Dio è primaria, ma ad essa deve rispondere l’adesione nella fede, implicita nel bambino, resa esplicita attraverso l’impegno della famiglia e della comunità che lo educherà nella fede.

Lutero difendeva così il battesimo dei bambini: “Senza la fede il battesimo manca di oggetto. Ma prima della nostra fede esiste il battesimo; esiste l’azione di Dio che ci salva in Cristo. Noi sentiamo l’acqua, ma non percepiamo lo Spirito, che trasfonde il sangue di Cristo nel nostro cuore. Il bimbo non collabora all’azione battesimale. Eppure, senza alcun merito da parte sua, riceve la Grazia”.

L’annuncio battesimale della salvezza suppone, dunque, la risposta dell’amore.

Il cristiano, come Cristo, deve essere mosso dallo Spirito, per sanare tutti coloro che sono sotto il potere del male.

Nel mondo sembra a prima vista svilupparsi un mostruoso programma di morte, cui si dichiarano pronti troppi uomini.

“Mentre a livello conscio l’uomo continua ad aggrapparsi alla speranza di un futuro migliore, rimuove l’evidenza del fatto che è divenuto adoratore della dea della distruzione” (E. Fromm).

Come il Servo sofferente di Isaia, il credente deve essere autore di un programma di vita, di giustizia, di liberazione, partendo proprio da quegli ultimi che, come canna incrinata o stoppino che sta spegnendosi, sono stritolati dagli ingranaggi di una storia spesso assurda e crudele.

Don Emilio

05 GENNAIO 2020

Cari fratelli,

la festa dell’Epifania, che tradizionalmente conclude il periodo natalizio, anche se ad onor del vero esso termina con il Battesimo del Signore domenica prossima, ci ricorda la manifestazione di Cristo al mondo nella persona dei Magi, ovvero dei sapienti venuti da terre lontane per onorare il Bambino Gesù.

La liturgia dell’Epifania è un canto delle nazioni, un invito all’apertura missionaria perché Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla verità.

Tutti siamo destinati alla stessa eredità.

Occorre aprire gli orizzonti e sperare nella potenza di Dio e nell’amore che è disseminato in ogni uomo.

Il mistero del rifiuto e dell’indifferenza, prima di essere un problema pastorale, deve essere una questione personale.

Israele, il popolo dell’elezione, viene avvolto dalla tenebra: è tutta Gerusalemme che si allea con Erode, osserva simbolicamente Matteo.

C’è il rischio della perdita della fede per superficialità, stanchezza, comodità, vanità.

L’abitudine, la freddezza, la distrazione possono trasformarsi in una lenta apostasia, in una morte della ricerca, dell’ansia e dell’impegno.

In ultima analisi comporta l’approdo ad un ateismo non dichiarato, ma pratico.

I Magi, assetati di conoscenza, giungono alla meta della loro ricerca, il Cristo, davanti al quale si prostrano nell’atto liturgico dell’adorazione, invitando tutti noi a compiere lo stesso cammino.

La Festa dell’Epifania è pure tradizionalmente dedicata alla Santa Infanzia, cioè ai bambini di tutto il mondo, meno fortunati di noi, ai quali oggi offriamo un gesto simbolico di solidarietà, con le nostre offerte.

Buona Epifania a tutti.

Da martedì 7 a venerdì 10 io sarò assente per partecipare agli Esercizi Spirituali assieme al nostro Vescovo diocesano.

 Per qualsiasi necessità rivolgersi a don Marino, parroco di Linarolo.

Don Emilio

29 DICEMBRE 2019

Cari fratelli,

in questa domenica successiva al Natale celebriamo la Sacra Famiglia di Nazareth.

Non è certo soltanto la commemorazione od il pio ricordo di una famiglia che è riuscita là dove molte famiglie hanno fallito.

Non può essere solamente la contemplazione di una famiglia da assumere come modello, perché non tutti i figli sono buoni come Gesù, non tutte le madri sono come Maria e non tutti i padri sono accoglienti come Giuseppe.

Ma non è una festa inutile, perché essa è il tentativo di spiegare e far risplendere il significato più profondo dell’amore familiare umano.

Dio infatti, donandoci una famiglia come quella di Gesù, Giuseppe e Maria ha dato la possibilità anche alle nostre di somigliare a quella; di ritrovarne la grandezza e lo splendore e, quindi, di camminare sulla via della perfezione.

Il bambino Gesù ed il suo esodo drammatico, con la fuga in Egitto, e l’anziano nelle oscurità del suo tramonto sono i due estremi della storia di una famiglia.

Senza illusioni o poeticismi sentimentali, sono le persone che devono provocare l’attenzione e l’impegno di tutti.

Il bambino deve essere condotto con pazienza, amore e serietà al suo destino ed alla sua opera di uomo libero.

L’anziano deve continuare la sua azione di testimone e di persona viva e sapiente, immersa nel tessuto della sua comunità.

Guardando alla Santa Famiglia ricorderemo pure tutti gli anniversari di matrimonio, recenti o datati nel tempo non importa.

Gli sposi, guardandosi negli occhi e stringendo le mani, possano ritrovare l’emozione ed il trasporto di quel giorno, nel quale si promisero amore e fedeltà.

Nel relativismo e superficialità di tante unioni, siamo chiamati a pregare perché i giovani sappiano trovare l’entusiasmo e la capacità di assumere decisioni che vincolano l’esistenza per tutta la vita, nella buona e nella cattiva sorte.

Don Emilio

22 DICEMBRE 2019

Cari fratelli,

il Natale del Signore ci ricorda la sua venuta nella carne per salvare ciò che era immerso nelle tenebre del peccato.

L’incarnazione del Verbo-Figlio di Dio nella nascita di un bambino dal grembo della Vergine Maria segna l’inizio della nostra salvezza e la partecipazione della nostra natura alla vita divina.

Il Natale del Signore implica il riconoscimento del suo mistero e la risposta dell’uomo mediante l’accoglienza della fede.

Dal mistero centrale della nascita del Figlio di Dio, si passa a considerare la sua manifestazione al mondo con la chiamata delle genti, con la Festa dell’Epifania, la sua vita in famiglia, con la Festa della Sacra Famiglia, la proclamazione al Giordano della sua figliolanza divina e investitura messianica, nella Festa del Battesimo del Signore.

Il primo gennaio è dedicato alla Madre di Dio.

Nonostante la varietà delle celebrazioni liturgiche, uno solo è l’evento salvifico commemorato nei suoi vari aspetti e momenti: l’Incarnazione del Signore e la sua manifestazione all’umanità.

Dice Leone Magno: “Il nostro Salvatore è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita. Esulti il santo, perché si avvicina il premio; gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono. Riprenda coraggio l’incredulo, perché chiamato alla vita”.

Buon Natale a tutti nella gioia e nella serenità della Santa Notte.

Don Emilio

15 DICEMBRE 2019

Cari fratelli,

siamo arrivati alla terza domenica di avvento, la domenica della gioia.

È una gioia che coinvolge anche tutta la creazione.

Viene così proposta al credente la fiducia nella sua vita e nella storia perché esse sono state attraversate dalla salvezza.

Contro i pessimismi radicali, la mancanza di fiducia in se stessi e nell’umanità, contro il vittimismo, il Vangelo si propone come buona notizia di liberazione e di speranza.

La gioia vive anche in mezzo all’oscurità, anzi nel terreno aspro della tribolazione.

Il Vangelo di oggi è significativo nel suo sforzo di invitare il cristiano a non confondere gioia con trionfo, pace con potere, messia con sovrano.

È importante, infatti, entrare nello stile messianico di Gesù, che proclama l’Evangelo del Regno ai poveri, che si preoccupa di malati ed emarginati; delude le illusioni dei discepoli del Battista di tutti i tempi, che sognano un Messia apocalittico, imperatore, posto a capo delle annate reali e spirituali dell’Israele giusto ed eletto.

Questa crisi di fede investe anche il cristiano, quando si scontra con l’esperienza del Messia perdente ed umiliato.

Potremmo dire che oggi siamo chiamati a capire lo stile di Dio.

Il suo agire è potente ed efficace come quello della linfa che penetra le strutture biologiche vegetali.

La morte apparente, che sembra essere vincente nei lunghi e freddi giorni dell’inverno, è sconfitta dalla vita, in un processo lento e faticoso, ma destinato alla piena realizzazione.

Giacomo ci ammonisce: “Siate pazienti anche voi”, come lo è Dio.

E l’altro nome della pazienza è fiducia e speranza.

Bernanos, l’autore del “Dialogo di un curato di campagna”, scriveva: “Con Satana la tristezza e l’inquietudine disperata entrano nel mondo”.

Prepariamoci dunque nell’attesa vigile ed operosa al Natale ormai imminente, festa della luce e della gioia per eccellenza

Come i pastori, semplici ed umili di cuore, anche noi prostriamoci davanti al Bambino che viene nell’umiltà della nostra carne.

Don Emilio

08 DICEMBRE 2019

Cari fratelli,

la solennità dell’Immacolata ci ricorda la speciale predilezione di Dio verso Maria, unica creatura preservata dal peccato originale, cioè da quella contraddizione che mina il profondo della nostra anima.

Essa è chiamata al dialogo di amore con Dio, ma c’è in lei qualcosa di oscuro e di ribelle che la spinge a rifiutarlo, facendo di se stessa il termine ed il fine di ogni amore.

Maria, creatura eletta, ebbe il privilegio unico di essere esente da questa perversione del desiderio.

Fin dal primo istante della sua esistenza, quale essere vivente, Maria è solo grazia, nuova creatura, preventivamente redenta per i meriti di Cristo suo figlio, secondo la carne.

Maria è l’espressione più alta offerta alla creatura umana di partecipare al piano di Dio, cioè al Regno.

Dio non è un solitario artefice di freddi mondi: vuole con la sua creatura privilegiata, l’uomo, edificare una mirabile architettura di amore e di pace nella storia.

Maria è il modello della totale e mai incrinata dedizione a questo pro getto divino, dal primo all’ultimo istante della sua esistenza terrena.

Ogni battesimo cristiano ed ogni riconciliazione sono simili ad una nuova concezione dell’uomo vecchio che torna ad essere nuovo e attivo nel Regno.

L’Immacolata Concezione è anche un segno di purezza.

Come insegna il Nuovo Testamento, la purezza cristiana non è tanto una questione rituale o meramente sessuale.

E invece un atteggiamento interiore globale.

Significativa è l’espressione paolina della seconda lettura della Messa: “Egli ci ha scelti per essere santi ed immacolati nella carità”.

Ed il probabile centro delle Beatitudini è in quella celebre frase “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”.

L’adesione del cuore a Dio fa germogliare l’amore.

La purezza di Maria è così la purezza di ogni credente.

Don Emilio

01 DICEMBRE 2019

Cari fratelli,

iniziamo con oggi l’Avvento, periodo di quattro settimane che apre ogni anno il ciclo delle celebrazioni del mistero di Cristo.

Come gli altri tempi, ha una festa come punto di riferimento e dalla quale trae il suo preciso significato: il Natale di Gesù Cristo.

La festa del Natale risale alla prima metà del IV ° secolo, ma solo nel VI ° si è formato un tempo di preparazione ascetico-penitenziale che assumerà poi un carattere liturgico.

Al centro di questo periodo si trova l’adventus o venuta del Signore, quella storica nella carne e quella finale nella gloria.

Così la parola latina italianizzata passò a designare il periodo che precede il Natale.

Anche nella struttura attuale l’avvento conserva intatte le due caratteristiche: orientato nelle prime due settimane alla venuta gloriosa; nelle ultime concentrato sulla nascita storica, l’incarnazione del Verbo, del Figlio di Dio.

Il Vangelo ci fornisce questa chiara prospettiva.

Quindi l’Avvento non è la commemorazione della lunga attesa del popolo ebraico, proteso verso il Messia, né semplice preparazione del Natale, ma un tempo vissuto sotto il segno della venuta del Signore: della prima venuta storica, che inaugura il tempo della salvezza, e della seconda venuta, alla fine dei tempi, che ne sarà il compimento.

La prima è fondamento della seconda e la seconda il suo coronamento.

Due venute reali, due eventi strettamente connessi.

Tra la prima e la seconda venuta si colloca il tempo della Chiesa, che celebra l’unico mistero di Cristo, il Cristo che è venuto e che verrà, ma che viene anche nell’oggi nella sua costante manifestazione di Salvatore, raccordando così la venuta storica e quella finale.

La presenza o venuta sacramentale non si aggiunge alle due venute, ma le unisce: il Cristo che è nato, che è morto sulla croce ed è risorto, che è apparso e che apparirà, si fa presente nella celebrazione del mistero.

Don Emilio

24 NOVEMBRE 2019

Cari fratelli,

prendendo spunto dallo splendido inno paolino della prima lettura, siamo invitati a sigillare l’anno liturgico e ad aprire il successivo alla luce di Cristo.

La pietà, la liturgia, la fede, la morale devono essere radicalmente centrate sulla luce di Cristo.

Egli è il centro nodale della storia, della vicenda personale di ognuno di noi e del cosmo intero.

Questa centralità, questa funzione cardinale non è espletata in maniera imperiale, ma attraverso una donazione d’amore totale.

Il Cristo Re, come ce lo presenta Luca, è colui che si erge su di un patibolo da schiavi, circondato da insulti, relegato tra gli scarti dell’umanità, proteso in un gesto di perdono.

S. Kierkegaard ci ha lasciato questa bellissima preghiera: “Signore Gesù, gli uccelli hanno il loro nido e le volpi le loro tane, ma tu non hai ove posare il capo. Tu non hai avuto un tetto su questa terra: tuttavia tu eri l’unico luogo segreto in cui il peccatore potesse trovare rifugio, anche oggi tu sei il rifugio. Quando il peccatore corre a te, si nasconde in te; è nascosto in te; allora egli è eternamente difeso, perché l’amore copre una moltitudine di peccati”.

Da questo amore nasce la riconciliazione di tutte le cose, celesti e terrestri.

La croce di Gesù Re è il raccordo tra finito ed infinito; è la struttura che coordina i dispersi figli di Dio e le frammentarie realtà del tempo e dello spazio.

La celebrazione odierna diventa allora un canto di speranza e di fiducia.

Presi dalle nostre contraddizioni e dai nostri limiti di creature, ritroviamo una luce, un senso nell’esistere; ritroviamo la pace.

Nell’attesa di ascoltare quelle parole decisive: “Oggi sarai con me in Paradiso”.

E allora comprendiamo che la regalità di Cristo non ha nulla delle regalità di questo mondo, nutrite ed alimentate da un delirio di onnipotenza, di grandezza e di dominio.

Mentre il regno che Cristo vuole instaurare è un regno di servizio e di amore verso Dio certamente, ma che si dilata verso tutti i fratelli, perché dall’amore col quale ci amiamo gli altri riconoscano l’amore verso Dio che è in noi.

Don Emilio

17 NOVEMBRE 2019

Cari fratelli,

siamo ormai alla fine dell’anno liturgico: domenica prossima celebreremo Cristo Signore e Re dell’Universo.

Le letture di oggi perciò sono tutte orientate verso gli avvenimenti degli ultimi giorni, quando il Signore tornerà per giudicare il mondo.

Questa tensione può essere simile ad uno squillo di tromba che squarcia l’indifferenza e la sonnolenza di una vita troppo grigia e pacifica.

Il Dio della Bibbia è un Dio serio ed esigente, non riconducibile al solito buon Dio comodamente relegato nei cieli e facilmente placabile con una preghiera.

“I superbi e coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia”, ci dice il profeta Malachia.

La tensione però non deve essere apocalittica.

Il fiorire di certe sette, la concezione spesso misticheggiante ed oracolare dell’esperienza cristiana diventano un alibi per rifiutare l’impegno umile, oscuro e paziente nel presente.

Esemplare è al riguardo il testo di Paolo che condanna l’alienazione e l’evasione spiritualistica, chiedendo un solido impegno nel concreto.

Dio è l’arbitro supremo della storia, perciò è stupido ricorrere ad astrologia, chiromanzia, a parapsicologia e a pseudo scienze varie per conoscere il futuro dell’uomo.

Il nostro destino è nelle mani di Dio e nella nostra libertà.

I segni che Dio semina nella storia sono solamente una provocazione per la nostra conversione.

Il destino ultimo nostro e del cosmo è sostanzialmente una sorpresa per quanto concerne i tempi della sua attuazione.

Invece è certo e già costruito dal nostro agire per quanto concerne la sua qualità di felicità o di tragedia eterna.

Don Emilio

10 NOVEMBRE 2019

Cari fratelli,

questa domenica ci invita a ricordo di S. Leonardo, nostro patrono assieme alla Vergine del S. Rosario.

Celebrare il proprio patrono è un po’ celebrare la nostra comunità, che lo ha scelto come particolare intercessore presso il Signore.

A lui si sono rivolti con devozione singolare quanti ci hanno preceduto.

Lui hanno pregato per ottenere aiuto e protezione.

Noi seguiamo l’esempio di quanti in lui hanno confidato, nella fede che ci è stata trasmessa.

Vogliamo pure ringraziare oggi il Signore per i doni della terra ed i benefici ricevuti in questo anno.

Oggi le letture ci ricordano che la speranza relativizza il presente.

Ogni esistenza cristiana, per poco che voglia essere autentica, rimane sotto il segno dell’esodo, del vivere all’aperto, lontano da ogni riparo sicuro.

La fede assume perciò un carattere relativizzante e in qualche modo destabilizzante nei confronti di tutto ciò che sul cammino del credente si presenta con la presunzione dell’assolutezza e della stabilità.

Il cristiano non può attardarsi a stabilire alleanze definitive che lo distraggano dal suo cammino.

Può farsi compagno di strada di altri che pure siano disposti a fare qualche tratto di strada, ma là dove gli altri si arrestano, egli deve proseguire perché la sua meta è sempre lontana.

La speranza poi dà sostanza al presente, lo rende fecondo ed importante.

L’uomo è strappato alla morte ed è tutto intero recuperato a Dio ed in Dio.

Questo è il canto paolino della redenzione cosmica, che abbraccia tutte le dimensioni dell’essere creato per ricondurle a Dio.

Anziché essere alienante (come vorrebbero talune filosofie), l’attesa del futuro alimenta e stimola l’impegno nel presente e ne sana i limiti; ne cura le ferite e ne sazia le tensioni.

I cristiani nel mondo diventano, allora, profeti della vita, della gioia e della fiducia.

Don Emilio