Archivi categoria: Messaggio Settimanale

14 MARZO 2021

Cari fratelli,

accogliamo con gioia il nostro Vescovo, che viene per confortarci con la sua presenza, quale padre che manifesta ai suoi figli la sua sollecitudine.

Giovedì prossimo ricorderemo, con tutta la Chiesa italiana, i morti per Covid19, in questa immane tragedia che ha colpito e tuttora affligge tutta l’umanità.

Venerdì poi è la festa di S. Giuseppe, tradizionale festa dei papà, ma che quest’anno assume una valenza significativa, poiché tutto l’anno in corso è dedicato alla memoria dello Sposo della Vergine e del quale il Vescovo benedirà il nuovo quadro opera del nostro concittadino Delio.

Ricordo poi l’appuntamento del venerdì con la Via Crucis.

Anche oggi la liturgia ci pone davanti la tragedia immane del peccato: Israele è infedele (l lett.), noi siamo morti per i nostri peccati (2 lett.), il mondo fa il male ed odia la luce (Vang.).

Contro ogni orgoglio od autosufficienza è necessario ricuperare il senso del peccato.

La coscienza del proprio limite e della propria miseria è il primo passo per allontanare ogni negazione dell’amore ed è il primo passo verso Cristo Salvatore.

Ma la nostra iniquità si può incontrare con volto misericordioso di Dio.

Israele può ritornare nella propria terra dopo l’esilio, noi riviviamo in Cristo; il Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché il mondo si salvi.

Scoperta la propria miseria, si deve scoprire anche lo splendore della misericordia e dell’amore di Dio.

Dio è ricco di misericordia, come ci dice Paolo, con una frase suggestiva divenuta titolo dell’omonima enciclica di S. Giovanni Paolo II: “Credere nel Figlio crocifisso significa credere che l’amore è presente nel mondo e che questo amore è più potente di ogni genere di male in cui l’uomo, l’umanità ed il mondo sono coinvolti”.

Celebrare la Pasqua è quindi celebrare la speranza nella misericordia divina.

 È la rinascita dell’ottimismo in noi stessi e negli uomini.

Don Emilio

07 MARZO 2021

Cari fratelli,

la prima lettura di oggi ci propone il decalogo nella versione di Es. 20, 1-17.

Le dieci parole suggellano l’alleanza tra Dio ed il suo popolo al Sinai, il solenne impegno che definisce e delinea la vera fisionomia del credente.

E la Quaresima ci chiama alla verifica del nostro impegno spirituale, di fronte a queste norme che vogliono essere una guida alla perfezione, in forza dell’appello di Dio stesso: “Siate santi, come io sono santo (Mt 5,48)”.

Il cristiano ha perciò un ideale infinito ed è per questo che non deve mai considerare la religione come una tassa da pagare ogni tanto con un gesto di carità o con un atto liturgico.

L’ambito in cui verificare sé stessi e in cui alimentare la propria spiritualità non è il culto in quanto tale, ma il tempio di carne, cioè la fede innervata nell’esistenza.

Il senso cristiano del tempo ed il mistero della redenzione nella storia danno valore all’impegno concreto e quotidiano nel tempio di carne della vita umana.

La verifica dell’esistenza cristiana ha un testo privilegiato nel Decalogo.

Esso è un disegno perfetto dei nostri legami con Dio e con il prossimo.

Così Lutero stesso concludeva una delle sue “Lezioni di catechismo”: Non c’è specchio migliore in cui tu possa vedere quello di cui hai bisogno se non appunto i Dieci Comandamenti, nei quali trovi ciò che ti manca e ciò che devi cercare.

Domenica 14 alle ore 11 sarà tra di noi per celebrare l’Eucaristia il nostro Vescovo Corrado.

Viene come un Padre in visita ai figli affidati alla sua cura pastorale.

Non è la conclusione della visita bruscamente interrotta dall’epidemia: questo avverrà in seguito.

Viene per farci sentire la sua vicinanza in questi momenti difficili: l’accogliamo con gioia certi della sua benedizione.

Don Emilio

28 FEBBRAIO 2021

Cari fratelli,

la prima lettura ci presenta la prova estrema di fede richiesta ad Abramo: il sacrificio dell’unico figlio, speranza della sua discendenza.

Quel terribile viaggio di tre giorni, verso il luogo dell’olocausto, è la salita al Calvario di Abramo.

L’agonia di Abramo, l’agonia di Isacco, l’agonia di Cristo, l’agonia di ogni credente costituiscono l’esperienza prima e più comune di ogni credente.

La crisi della Passione, la solitudine degli uomini e lo scandalo della croce sono dati costanti della nostra vita di fede.

Il poeta francese C. Péguy scriveva: “è lo sperare la cosa difficile; facile invece è disperare ed è la grande tentazione”.

Il cammino di fede comprende il silenzio, la solitudine davanti a Dio e la prova per raggiungere la luce.

Al termine però brilla la Pasqua-Trasfigurazione.

Gesù sulla croce urla la sua disperazione con le parole del salmo 22, preghiera certamente di desolazione, ma che sbocca in un finale di gioia e di pace.

Il grano affidato alla terra muore ma dà frutto nella spiga.

La Pasqua nasce dal terreno della passione, ma è riscatto della stessa passione e morte.

Bisogna perciò partecipare all’umanità di Cristo per condividerne la gloria.

Francesco d’Assisi nella sua agonia, secondo quanto narra il suo biografo S. Bonaventura, volle che lo si ponesse sulla nuda terra per unirsi in modo più perfetto al creato e per imitare da vicino Cristo crocifisso, povero, sofferente e nudo.

Ma questo distacco da sé e dalle cose genera lo splendore della promessa di Abramo e la luce della Trasfigurazione pasquale.

Ricordo l’appuntamento del venerdì alle 20.30 con la Via Crucis.

Don Emilio

21 FEBBRAIO 2021

Cari fratelli,

l’evento fondamentale per la nostra salvezza avviene con il dono battesimale della grazia.

La Quaresima è lo spazio ideale per un ripensamento ed una rielaborazione del nostro battesimo: dal sepolcro di pietra risorge il Cristo glorioso; dal sepolcro d’acqua rinasce l’uomo nuovo.

Ma l’efficace rinascita, operata dal sacramento, non è magica, né cade su terreno neutro.

Destinatario è l’uomo libero chiamato ad intrecciare un dialogo con il suo Dio.

Al dono battesimale di Dio l’uomo deve rispondere con la parola viva della sua conversione.

“Convertitevi e credete al Vangelo” esclama Gesù.

La conversione ci permette di liberare la nostra tensione verso Dio; è l’esplosione gioiosa del nostro desiderio di Dio, comune ad ogni uomo; è nostalgia dell’abbandono in lui e trasformazione della vita e del cuore.

Ma questa conversione a Dio, per essere autentica, esige anche la conversione al prossimo.

Conversione significa dunque un radicale mutamento di se stessi per acquistare la dimensione della vita di Cristo.

Alla conversione ed alla salvezza si oppone però la tentazione che è simile ad una galleria oscura.

Israele nel deserto non riesce ad uscire da questa galleria e muore senza raggiungere la terra.

Cristo, nuovo Israele, ne esce invece come Messia salvatore.

La tentazione è il segno della nostra umanità, vissuta anche da Gesù; è il campo costante in cui siamo collocati e dal quale può nascere la nostra adesione limpida e totale a Dio, ma dal quale può emergere anche la miseria del nostro rifiuto.

Ricordo l’appuntamento del venerdì alle 20.30 con la Via Crucis.

Don Emilio

14 FEBBRAIO 2021

Cari fratelli,

anche questa domenica la nostra meditazione si sofferma sul grande problema della sofferenza.

Il dolore è quel campo drammatico in cui si rischia la fede o si compie l’apostasia.

È la grande occasione dell’esistenza e bisogna viverla con estremo impegno come una prova decisiva.

Sia la teologia che la filosofia si trovano sprovvedute e senza parole dinnanzi a questo insieme complesso del male e della sofferenza umana causato dalla natura, dalle persone o dalle strutture.

C’è troppo dolore innocente e assurdo da poter essere razionalizzato eticamente.

La storia è testimone dell’impotenza dell’uomo a realizzare una società umana libera dal dolore.

Cristo è però sistematicamente presente in questa zona di frontiera dell’esistenza umana.

La sua presenza è lotta contro il male ed il limite, naturale o imposto dagli uomini.

Non conosce esitazioni od egoismi, come ben ci insegna la parabola del buon samaritano.

Là dove c’è dolore, là si devono rendere presenti anche i cristiani.

Là dove c’è il male o l’imperfezione, là il cristiano deve agire.

Stiamo per iniziare la Quaresima: questo periodo di purificazione e di approfondimento della fede non deve essere sprecato.

Ogni anno la Chiesa ci invita a prepararci convenientemente e con consapevolezza alla celebrazione del mistero pasquale, centro e sostegno del nostro credere.

Nella preghiera, nelle opere di carità e nel digiuno si attua quell’invito a penitenza di cui parlano spesso i Padri della Chiesa.

Mercoledì vi invito al doppio appuntamento dell’imposizione delle ceneri ed il venerdì al pio esercizio della Via Crucis.

Ricordo che tutti i venerdì di quaresima sono giorni di astinenza dalle carni, mentre il mercoledì delle Ceneri ed il venerdì Santo sono anche giorni di digiuno.

Don Emilio

07 FEBBRAIO 2021

Cari fratelli,

i testi che vengono offerti alla nostra meditazione in questa domenica ben si addicono alla settimana che sta per iniziare, segnata dalla festa di Maria, Nostra Signora di Lourdes.

In quel giorno ricorderemo tutti gli ammalati, perché ritrovino la salute, come quelli sanati per intercessione di Maria e dal Signore Gesù, dei quali ci parla il Vangelo.

Dalle letture di oggi possiamo desumere che la totalità è alla radice della fede.

Infatti il riecheggiare nei testi dell’aggettivo tutto e l’esperienza universale del dolore incarnata da Giobbe costituiscono uno spunto di riflessione in questo senso.

La vicenda religiosa è una questione che tocca tutti e che ci apre a tutti.

La liturgia di oggi ci presenta alcuni sofferenti: la suocera di Pietro, i miracolati del Vangelo e, soprattutto Giobbe, quasi emblema del tema anche a causa del libro che ne raccoglie il grido.

Il dolore descritto da Giobbe è un simbolo della vicenda universale dell’umanità, un dolore che trova quasi nella morte un incentivo, trasformandosi in incubo; un dolore che ha come sbocco verso cui convergere solo la morte e la tomba.

Cristo si rivolge a questa realtà umana universale.

Non si rivolge solo ad alcuni, ma di tutti condivide l’ansia, la sofferenza e le attese, per tutto recuperare, perché Dio sia tutto in tutti.

La totalità è anche lo scopo della fede: il gratuitamente di cui parla Paolo, il guarire continuo di Gesù, con il rifiuto di ogni acclamazione popolare, la generosità che rifiuta un facile consenso.

Testimoniano la totalità della donazione che solo la fede è in grado di generare.

Don Emilio

31 GENNAIO 2021

Cari fratelli,

ricorre oggi la festa di S. Giovanni Bosco, sacerdote piemontese, primo di una grande schiera di santi che nell’ottocento illustrarono quella chiesa particolare.

Egli seppe parlare ai giovani con un linguaggio nuovo, al passo con le esigenze di allora, e che incontrò immediatamente grande favore.

Possa egli illuminare le menti anche dei nostri giovani, che purtroppo spesso sentono come ostile ed alienante il messaggio di Cristo.

Le prime due letture di oggi ci parlano di profezia e di verginità: non sono queste nella visione biblica istituzioni ufficiali o stati di vita, ma esperienze di vita e doni che hanno la finalità di esaltare al massimo grado la donazione a Dio ed ai fratelli.

Il criterio di verifica della loro autenticità è, quindi, l’amore.

Gesù è profeta perfetto in quanto Parola definitiva di Dio: il suo insegnamento è lampada ai nostri passi nel cammino della vita.

I due poli sui quali verte la nostra riflessione sono, da un lato, la Parola di Dio rivolta all’uomo e, dall’altro, le mutevoli e concrete situazioni in cui essa viene accolta ed incarnata.

Gesù è profeta potente in opere: celebra la sua missione di salvatore dell’uomo integrale e ricostruisce la mappa meravigliosa della creazione originale.

Anche l’uomo che sana le miserie della società ed opera per la giustizia è artefice del Regno.

Gesù resta però un profeta misterioso.

Il vangelo di Marco è la storia di un lento itinerario dall’oscurità alla luce.

Un cammino faticoso che conosce luci ed ombre, come il nostro cammino, che raggiungerà la pienezza nel mattino di Pasqua.

Martedì, festa della Presentazione al Tempio di Gesù, giornata in cui tutte le persone consacrate ricordano la loro dedicazione, benediremo le candele, da portare a casa.

Mercoledì, memoria di S. Biagio, ci sarà la benedizione della gola.

Don Emilio

24 GENNAIO 2021

Cari fratelli,

domani, festa della conversione di S. Paolo, Apostolo delle genti, si conclude l’ottavario di preghiera perché tutti i cristiani ritrovino l’unità perduta per contingenze storiche o per superbia ed egoismo umani.

E proprio oggi le letture che ci vengono proposte dal lezionario festivo ci dicono che l’annuncio del vangelo non conosce confini, risuona in tutto il mondo.

Dio non ha preferenze di persone, ma si rivolge anche a chi sarebbe escluso come inutile ed indegno dalla grettezza e dalla ottusità dell’uomo.

La giustizia di Dio è vinta dalla misericordia, la sua carta da visita.

Il contenuto del nostro annuncio contiene due articoli di fede: la certezza che Dio è vicino con un progetto d’amore da attuare nella storia (il Regno è vicino) e la risposta di fede (credete al Vangelo) e di vita (convertitevi!) che l’uomo deve offrire al suo Dio.

I Niniviti ed i discepoli di Cristo rappresentano il modello dell’ascolto-obbedienza all’annuncio di salvezza,

Alla luce dell’annuncio si riesce ad identificare il vero senso della vita e dei valori che si avvicendano sulla scena di questo mondo.

Le scelte allora si trasformano e si centrano sui tesori che né tignola né ruggine possono consumare né ladri possono rubare.

Pascal, mistico e teologo del ‘600, scriveva: “l ‘uomo non è degno di Dio, ma è capace di esserne reso degno. È indegno di Dio, che si unisce all’uomo miserabile; ma non è indegno di Dio di levarlo dalla sua miseria”.

Domenica prossima è la festa di S. Giovanni Bosco, patrono della gioventù.

Purtroppo vivremo questa festa in sordina, a causa del perdurare dell’epidemia che ci affligge.

Preghiamo don Bosco perché protegga i nostri giovani duramente colpiti e privati da ogni vita sociale.

Don Emilio

17 GENNAIO 2021

Cari fratelli,

il motivo dominante della vocazione, presente nelle letture di oggi, può produrre una revisione di vita sulla propria scelta personale.

Essa esige il coinvolgimento della persona intera, che, con la decisione umana e cristiana, acquista il suo nuovo nome (Pietro), cioè il suo vero destino.

Ognuno deve dunque cimentarsi risolutamente sulla strada della propria vocazione.

La dinamica della vocazione è triplice.

Parte da una iniziativa divina, che ci strappa dalla banalità quotidiana per lanciarci in un’avventura.

La vocazione è, perciò, distacco dal passato, soprattutto peccaminoso (II lettura), ma è anche rischio.

Il secondo punto è quello della risposta gioiosa: cercare-trovare e seguire-rimanere sono i verbi del cammino con Cristo per entrare in comunione con lui.

E infine si giunge alla meta: si è creature nuove, con un nome nuovo, con un corpo purificato, tempio dello Spirito.

È come l’ingresso di Israele nella terra promessa, dopo l’uscita dall’Egitto ed il cammino nel deserto.

In questa fondamentale vicenda esistenziale è decisivo l’aiuto di una mano fraterna: Eli, il Battista ne sono altrettanti modelli discreti e rispettosi della grandezza delle persone che essi preparano al loro destino.

Il filosofo e matematico B. Russel, benché dichiaratamente ateo, ebbe a scrivere: “l ‘uomo è come uno scalatore, che a causa di uno spuntone roccioso non vede la vetta, che può essere immediata od ancora lontana. La speranza lo invita a continuare; la pigrizia lo fa rientrare: così è la decisione per la scelta del proprio destino. E talora è necessaria la spinta di un altro”.

Don Emilio

10 GENNAIO 2021

Cari fratelli,

concludiamo il periodo legato al Natale con la Festa del Battesimo di Gesù nel Giordano.

La vita di Gesù si svolge secondo la trama normale della vita quotidiana della Palestina di allora.

 È la vita di un uomo orientale che parla una lingua locale, l’aramaico della Galilea, che risiede in un villaggio anonimo e la cui vita si confonde con l’umanità comune.

Ma in tre momenti di questa esistenza, che pure ha già risvolti misteriosi (la sua parola ed i suoi miracoli), la trama quotidiana si spezza ed ecco apparire il mistero nascosto in questa persona.

La dichiarazione del vangelo odierna (Tu sei il mio Figlio prediletto) echeggia infatti all’inizio del ministero pubblico, quando Gesù appare sulla scena pubblica della regione.

Risuona poi a metà del percorso, sul monte della Trasfigurazione, e sarà sigillata sulla croce dalla voce di uno dei primi credenti: il centurione romano.

Il Battesimo è perciò un invito a scoprire il nostro mistero di figli adottivi, celato sotto le spoglie della nostra umana fragilità.

La manifestazione del mistero di Cristo non è però trionfalista, perché la sua è una regalità non di potenza ma di servizio e di amore come è stato per il servo sofferente di Isaia e per Pietro.

La consacrazione nello Spirito che Gesù riceve nel Battesimo è per l’evangelizzazione dei sofferenti e tale deve essere anche la nostra consacrazione battesimale.

Oggi è anche la celebrazione di tutti i battesimi cristiani che da quel Battesimo e dal Battesimo di sangue sulla croce ricevono efficacia.

Il battesimo cristiano è certamente il dono della salvezza e dell’amore di Dio, che si muove verso l’uomo, ancor prima che l’uomo, magari ancora inconsapevole perché troppo piccolo, possa muoversi verso di Lui.

Ma è anche risposta ed adesione libera e personale da testimoniare nella vita e nella formazione interiore.

Una risposta preparata dal sì della Chiesa e dall’impegno dei genitori e dei padrini.

Don Emilio