Archivi categoria: Messaggio Settimanale

01 AGOSTO 2021

Cari fratelli,

le letture di oggi vogliono essere una grande catechesi centrata sull’Eucarestia.

Una manna che è cibo e una manna che è segno dell’amore di Dio; un pane che sfama il corpo ed un pane che sazia definitivamente; una bevanda che disseta ed un’acqua che fa sì che chi crede non abbia più sete; un uomo vecchio che si corrompe ed un uomo nuovo creato nella giustizia e nella santità.

Questa duplice realtà di natura e di grazia sono la sostanza della storia della salvezza.

L’invito che ci rivolge oggi la Parola di Dio è quello di lasciarci irradiare e conquistare dalla manna dell’amore, dal pane della vita, dall’acqua che disseta per sempre e dall’uomo nuovo.

Il pane della vita promesso da Cristo è Cristo stesso, Parola ed Eucarestia.

“Nella frazione del pane eucaristico, partecipando noi realmente del corpo del Signore, siamo elevati alla comunione con Lui e tra noi, poiché c’è un solo pane, un solo corpo siamo noi, quantunque molti, partecipando noi tutti di uno stesso pane” (Lumen gentium, 7).

In questa liturgia anche noi dovremmo chiederci, come gli ebrei, Man-hu, “che cos’è”, rivolta naturalmente al mistero eucaristico.

Gesù dice alle folle che le loro attese sono compiute.

Essi hanno citato la manna data a Mosè, ma questo è adombramento e figura del vero pane del cielo, che è l’insegnamento di Gesù.

C’è un pane per Giovanni, che è la Parola di Cristo da accogliere con l’Eucaristia nella fede.

Di conseguenza ci dobbiamo chiedere in che misura viviamo la messa domenicale nelle sue due dimensioni, entrambe indispensabili, di presenza di Cristo nella Parola, nelle letture proclamate, e di presenza nella cena, nella liturgia eucaristica.

Solamente così, vivendo questi due aspetti del mistero, ci spoglieremo dell’uomo vecchio, del quale parla Paolo, e ci rivestiremo dell’uomo nuovo totalmente rigenerato da Cristo.

Don Emilio

25 LUGLIO 2021

Cari fratelli,

la prima e la terza lettura di oggi hanno per tema la moltiplicazione dei pani.

Tutto questo ci porta a meditare sulla fame fisica dell’uomo.

Dio si preoccupa di questa fame.

Nel Salmo responsoriale leggiamo: “apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente”.

Il profeta Eliseo si preoccupa della fame del popolo.

Cristo sfama la moltitudine.

Il cristiano dunque non può restare indifferente al grido fisico dei poveri, come spesso ricorda papa Francesco.

Ma la fame dell’uomo è anche interiore.

Il tema della sazietà è tipicamente messianico ed è ribadito sia dal miracolo di Eliseo, sia dal miracolo narrato da Giovanni.

La narrazione della moltiplicazione dei pani di Giovanni è costruita sulla filigrana della cena eucaristica.

“Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” dice il libro del Deuteronomio (e che Gesù citerà per respingere le tentazioni di Satana).

In Giovanni Gesù aggiungerà: “Venite a me voi tutti, affaticati e stanchi, e io vi darò riposo”.

Impegno sociale ed impegno spirituale dunque non devono mai essere scissi, pena l’alienazione o la semplificazione della religione.

Un’unità nella fede senza un’unità nell’amore è puramente illusoria.

Cristo non è l’imperatore o il condottiero che la folla sogna, ma non è neppure un mistico separato dal mondo.

La fame dell’uomo è fatta anche di pace ed unità.

Alla sazietà descritta nella prima lettura e nel Vangelo, possiamo accostare anche lo splendido inno all’unità del Corpo di Cristo che Paolo intesse nella lettera agli Efesini.

A conclusione di questa riflessione sulla sazietà fisica e spirituale che Cristo offre al mondo possiamo porre il monito suggestivo che compose quasi cento anni fa il pastore protestante Bonhoeffer, impiccato per ordine esplicito di Hitler: “Noi cristiani non potremo mai pronunziare le parole ultime della fede se prima non avremo pronunziato le parole penultime della giustizia, del progresso e della civiltà”.

Don Emilio

18 LUGLIO 2021

Cari fratelli,

con domenica 25/7 e per tutto il periodo estivo è sospesa la messa domenicale delle ore 11 e la messa delle 9,30 è posticipata alle ore 10 a causa della scarsa frequenza, perché molti sono in vacanza ed il catechismo è in pausa estiva.

Geremia ci parla oggi del pastore giusto, che esercita il diritto e la giustizia.

Il motivo della giustizia, come salvezza integrale, spirituale, sociale e fisica dell’uomo è una costante nella predicazione e nelle aspettative messianiche.

Cristo offre al popolo affamato e sbandato pane e riposo, ma anche parola e consolazione (“si commosse perché erano come pecore senza pastore”).

L’impegno cristiano è spirituale e sociale; è servizio per l’uomo intero.

L’opera del pastore crea un popolo unito.

Il dono dell’unità, esaltato da Paolo, fa balenare l’uguaglianza profonda che intercorre tra tutti gli uomini nell’interno dello stesso popolo di Dio.

La riconciliazione per mezzo della croce in un solo corpo è fondamentale per il cristianesimo, che nel mondo dovrebbe essere segno di pace, di unità e di amore.

Annunciare la pace ai vicini ed ai lontani, questo dovrebbe essere il motto della Chiesa.

Le pecore sono radunate da Dio nei pascoli ubertosi e fecondi.

I popoli sono radunati nel Tempio del Corpo di Cristo senza divisioni.

Gli Apostoli sono radunati in un posto solitario per riposare, per recuperare le forze dopo la fatica della missione.

È necessario ritrovare spesso la pace della preghiera e della meditazione nel pascolo-tempio-deserto preparatoci da Cristo, pastore delle nostre anime, ma anche nostro compagno di viaggio e di riposo.

Don Emilio

11 LUGLIO 2021

Cari fratelli,

il tema delle letture di oggi è la missione, cui tutti i membri del popolo santo di Dio sono chiamati, senza alcuna eccezione.

Il discepolo è missionario di Cristo, libero, non condizionato da schemi o da interessi, da giochi politici o sociali, ma legato unicamente alla fedeltà alla Parola.

La sua donazione è totale; il suo disinteresse è indispensabile, per non essere funzionari o burocrati del sacro (né pane, né bisaccia, né denaro).

La missione conosce anche il rifiuto, pure da parte di uomini apparentemente religiosi, come il sacerdote Amasìa per Amos.

“Se in qualche luogo non vi riceveranno, andatevene”.

L’apostolo annuncia un solo messaggio: il mistero della ricapitolazione in Cristo di tutto l’essere.

Come Amos annuncia solamente la parola di giustizia di Dio, così i discepoli proclamano solamente la conversione e la salvezza.

Paolo celebra l’elezione, la predestinazione, la rivelazione, l’eredità, la redenzione, il dono dello Spirito.

In una parola Cristo e la salvezza.

Se i genitori, come dice il Vaticano Il, sono i primi araldi della fede per i loro figli, tutti i credenti sono profeti e missionari.

“La Chiesa peregrinante è per sua natura missionaria” (Apostolicam Actuositatem, n.2) e “ad ogni discepolo di Cristo incombe il dovere di diffondere, per quanto gli è possibile, la fede (Lumen Gentium, n.2).

Paolo nella prima lettera ai Corinti esclamerà: “Guai a me se non annunciassi il Vangelo”.

Don Emilio

04 LUGLIO 2021

Cari fratelli,

potremmo definire la liturgia della Parola di oggi con un titolo emblematico: lo scandalo del profeta.

Il messaggio profetico è imbarazzante, eccentrico rispetto alla normalità, pietra d’inciampo come il Signore stesso.

L’esperienza del rifiuto della Parola è una delle costanti della missione di Ezechiele, di Paolo e di Cristo stesso.

L’incredulità, l’indifferenza di fronte alla provocazione della Parola, la reazione dura ed ostile appartengono alla dinamica della libertà umana.

Tuttavia non possiamo sottrarci a continuare a seminare la Parola.

Scrive papa Benedetto: “Nessuno è in grado di porgere agli altri Dio ed il suo Regno, nemmeno il credente a se stesso. Ma per quanto da ciò possa sentirsi giustificata anche l’incredulità, ad essa resta sempre appiccicata addosso l’inquietudine del “forse però è vero”. Tanto il credente quanto l’incredulo, ognuno a suo modo, condividono dubbio e fede”.

La crisi, il dubbio, l’essere debole, il disprezzo in patria, non devono scoraggiare perché sono il terreno sul quale Dio può celebrare anche il suo misterioso svelarsi: “La mia potenza si manifesta pienamente nella debolezza” (2Cor 12,9).

L’indifferenza alla Parola colpisce tutti, non solo gli increduli, ed è una grande malattia che rende opaca la vita spirituale, grigia l’azione, inerte il cuore.

Il benessere diffuso, come insegna uno splendido passo del Deuteronomio (c. 8), è l’occasione che genera il dimenticare, proprio della sazietà ottusa e questo è un rischio che tutti possono correre.

Il card. Biffi ebbe a dire della sua città: “Bologna, sazia e disperata”.

La Parola del profeta è allora provocazione, è segno di contraddizione, inquietudine, ansia, tutto così mirabilmente descritto dal Manzoni, in quella notte terribile dell’Innominato, messo in crisi dalla parola del card. Federigo Borromeo.

Ed ecco quindi che la Parola perfetta di Gesù è ugualmente urgenza e provocazione, stoltezza per i pagani e scandalo per i Giudei.

Don Emilio

27 GIUGNO 2021

Cari fratelli,

oggi ci viene presentato il volto di Dio secondo una sfaccettatura che tante volte trascuriamo: Dio amante della vita, Dio dei vivi e non dei morti, Dio risurrezione e vita.

Il Dio che tesse con amore la creatura nel grembo della madre (Sal 139), che impedisce che si tocchi il sangue, simbolo della vita di ogni vivente (Gen 9), non può che essere fonte della vita.

All’uomo giusto attribuisce la possibilità di una vita immortale in comunione con lui.

Questi motivi sono appunto al centro della liturgia odierna e devono essere anche al centro dell’impegno del credente nei confronti della vita sia quando essa appare, sia quando essa si sviluppa nel suo percorso terreno, sia nel suo spegnersi fisico, sia nel suo aprirsi in Dio, perché la vita è pur sempre affidata alle mani di Dio.

La morte fisica, quella che S. Francesco chiama sorella morte corporale, è una componente fondamentale del nostro essere creaturale.

Essa però ha due sbocchi: può essere segno di maledizione, come tragico approdo verso l’assenza definitiva di Dio per il peccatore, o segno pasquale dell’incontro con Dio.

Dio ha creato l’uomo per l’immortalità.

“Fanciulla, alzati!” grida Gesù davanti a quella bara.

Mentre Paolo dirà: “Desidero essere sciolto da questo corpo per incontrarmi con Cristo”.

Cristo, raggiungendo nella morte la nostra povertà estrema di creature mortali, ha reso noi ricchi della sua vita eterna e divina.

Per questo l’incubo della morte, pur reale, perché segno del nostro limite di creature, è ora meno tragico, anzi si apre alla speranza che la fiamma di immortalità accesa in noi dal Signore non abbia a spegnersi.

“Laudato si’ mi’ Signore, per sora nostra morte corporale” canta S. Francesco nel famoso Cantico delle creature.

Domenica: in concomitanza delle solennità dei Santi Pietro e Paolo è anche la giornata della solidarietà con la carità del Papa.

Pertanto le offerte raccolte oggi andranno a questo scopo.

Don Emilio

20 GIUGNO 2021

Cari fratelli,

il Vangelo di oggi ci invita a scoprire anche nel disordine e nelle tragedie della storia la presenza di Dio che può coordinare l’oscurità in un progetto di luce.

L’esperienza del male è una delle costanti dell’esistenza ed è uno dei settori della vita in cui si verificano più facilmente gli abbandoni, le ribellioni e le apostasie.

Il male è drammatico, è reale e sperimentabile nelle tempeste della vita ed è la grande occasione per rivolgere l’appello a Dio senza per questo cessare di lottare, tenendo stretta la propria fede.

“Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?”

La povertà di fede rende ancora più incomprensibile il male e più tragico il sopravvivere, perché solo la fede è in grado di darne un senso.

Dio, certo, come insegna il libro di Giobbe, preferisce che l’uomo ricerchi, si interroghi, tollera pure la protesta blasfema, come quella di Giobbe, e la domanda disperata dell’uomo angosciato.

Anche Gesù infatti ascolta ed esaudisce il grido dei discepoli.

Ma vuole anche che l’uomo osi rischiare di più e che sia capace di proseguire da solo anche nelle oscurità o nei limiti della vita e della mente, continuando ad alimentare la sua fede senza facili soluzioni o sbocchi miracolistici.

Dio è spesso un Signore nascosto che solo lentamente si svela e solo alla fine fa crescere in pienezza il rigoglioso albero del Regno.

Alla progressività dello svelarsi di Dio deve corrispondere la progressività della crescita della nostra fede.

Don Emilio

13 GIUGNO 2021

Cari fratelli,

il profeta Ezechiele nella prima lettura canta una nuova alleanza, propaggine dell’antica, con l’immagine della talea strappata al vecchio tronco e trapiantata sul Sion, il santo monte di Dio, e destinata a diventare un albero imponente e rigoglioso.

È quindi evidente, secondo i Padri della Chiesa, il riferimento alla nuova comunità di credenti, germogliata dall’antico tronco della vecchia Alleanza e destinata a farle ombra.

Nel Vangelo Gesù parla del Regno servendosi di parabole.

Il mistero che si svolge in noi attraverso il seme della Parola deposto nella nostra coscienza e che cresce anche se noi dormiamo nelle nostre indifferenze e distrazioni, deve diventare fonte di speranza, di fiducia e di abbandono.

L’aspetto fiduciale della fede impedisce che germogli in noi una sorta di autosufficienza.

Nessuno si salva solamente per le opere ma per la fede e la grazia, come ripete ininterrottamente S. Paolo.

Le opere infatti devono essere il frutto che spunta in chi ha accolto il Regno di Dio in sé.

Il Regno è già presente in mezzo a noi ma, anche, sta crescendo e sviluppandosi verso un destino mirabile.

Di fronte al futuro sono possibili tre atteggiamenti.

Innanzitutto vi è la disperazione di chi è paralizzato dallo sfacelo totale ed assoluto della morte: per essi l’uomo è creatura mortale e nulla più.

Per altri, invece, c’è la rassegnazione fatalistica o narcotica che li congela solo nel presente come in una prigione dorata in cui godere e sperimentare il maggior numero di sensazioni libere e possibili.

C’è infine la visione di Paolo e dei credenti in Cristo che intuiscono l’importanza del presente da vivere non come un’anticamera o una valle di lacrime, ma come luogo dell’impegno cristiano nell’amore.

E contemporaneamente questa visione sa che Dio nel Figlio Gesù ha vinto la morte e ci associa al suo trionfo di una gloria fatta di amore e di intimità con Dio.

Don Emilio

06 GIUGNO 2021

Cari fratelli,

celebriamo oggi la solennità del Corpus Domini, giorno in cui la Chiesa ferma il corso normale dell’anno liturgico, per meditare sul mistero d’amore che Cristo ci ha lasciato in sua memoria in quell’ultima sera della sua vita.

Festa nata nella diocesi di Liegi, in seguito alle rivelazioni mistiche della B. Giuliana Cornillon ed estesa a tutta la cristianità nel XIII sec. come conseguenza immediata del miracolo di Bolsena.

I sacramenti, ed in particolare l’Eucarestia, costituiscono la Chiesa, essi soltanto fanno uscire la comunità cristiana dalle dimensioni umane e la costituiscono Chiesa.

La celebrazione odierna è dunque un invito alla riscoperta dell’anima profonda della Chiesa, della sua struttura spirituale che la rende Corpo di Cristo, cioè segno visibile della sua azione e della sua Parola nel mondo.

L’Eucaristia è anche segno vivo dell’alleanza, cioè della comunione tra Dio e l’uomo.

È l’invito alla riscoperta dell’anima profonda del singolo credente in dialogo con il suo Dio attraverso il pane ed il vino della cena del Signore.

Scriveva Claudel: “Interroga la vecchia terra: ti risponderà sempre col pane e col vino, perché attraverso i segni più umani ed universali Dio si comunica all’uomo”.

L’Eucaristia è anche il segno del sacrificio e del sacerdozio di Cristo.

È invito alla riscoperta dell’anima profonda dell’incarnazione.

Gesù ha frantumato tante illusioni e speranze false e ci obbliga a riconoscere la sua vera natura.

Ha spezzato categorie politiche e culturali, modelli messianici e religiosi ed ha offerto come struttura fondamentale l’amore e la donazione fino alla morte.

Attraverso al Pasqua gloriosa ci ha dato anche il senso ultimo di questo amore ed ha provocato l’amore dell’uomo.

Don Emilio

30 MAGGIO 2021

Cari fratelli,

in questa settimana vivremo due appuntamenti significativi per la nostra comunità: sabato prossimo il Vescovo sarà tra noi per amministrare la Cresima ad alcuni nostri ragazzi, mentre domenica mattina altri riceveranno per la prima volta la S. Comunione.

Sono tappe molto importanti alla luce del cammino percorso dai nostri giovani nel ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana: preghiamo il Signore perché siano consapevoli di ciò che comporta una tale scelta e perché vi rimangano fedeli.

Celebriamo oggi il mistero principale della nostra fede: l’unità e trinità di Dio, come recitava il catechismo di S. Pio X.

La solennità della Trinità è la celebrazione della presenza di Dio nella storia.

È lo svelarsi di Dio scegliendo una nazione in mezzo ad un’altra con prove, segni, prodigi e battaglie.

È la celebrazione della presenza di Dio nell’essere intimo dell’uomo, che diventa figlio di Dio e tempio dello spirito Santo.

È la rivelazione interiore che Dio fa di sé attraverso il suo Spirito.

La solennità della Trinità è, infine, la celebrazione di Dio nella Chiesa.

È la rivelazione che la comunità cristiana offre attraverso la catechesi, l’impegno morale ed i sacramenti.

Una presenza ed una distanza infinita: “Dio è lassù nei cieli e quaggiù sulla terra” (Dt 4,39).

Una presenza quindi da vivere, sentire, penetrare, scoprire sempre più senza mai esaurirla: “Alla tua luce vediamo la luce” (Sal 36,10).

Don Emilio