Cari fratelli,
il Natale è ormai imminente e le letture di oggi sono centrate sulla presenza di Dio nella storia.
Con l’incarnazione il divino e l’umano, prima antitetici, si sono incontrati.
Ma non per uno scontro od una collisione, ma per un abbraccio.
Siamo dunque invitati a cercare Dio non in orizzonti nebulosi, non in speculazioni filosofiche, ma nella quotidianità della storia e nel volto dei fratelli nei quali Dio è presente.
Paolo esalta l’offerta della nostra carne, del nostro corpo.
Proprio come Maria, che offre la sua esistenza ed il suo corpo per l’ingresso di Dio nel mondo.
Il nostro essere può accogliere e trasfigurarsi in Dio.
Diceva un apologo rabbinico del ‘700: “Il fedele sta davanti a Dio come un povero che non ha mangiato da tre giorni; i suoi abiti sono logori e stracciati; e così egli appare davanti al re. Ha forse bisogno di dire cosa desidera? Così sta il fedele davanti a Dio: egli stesso è preghiera”. (I racconti dei Chassidim – M. Buber)
Dio non rifiuta la presenza nello spazio (il Tempio), ma predilige quella nel tempo: la comunità umana, la Chiesa fatta di pietre vive, la coscienza di ogni persona.
Paolo nell’agorà di Atene dirà: “Dio non abita in luoghi costruiti dalla mano dell’uomo” (At 17,24).
Abita invece nel tempio vivo che lui si è innalzato, e cioè l’uomo vivente.
Il Natale è anche un invito a riscoprire la nostra umanità, la nostra personalità e la nostra storia.
È tempo di bilanci e di riflessioni: questo anno così travagliato, ricco di luci (poche) e di ombre (tante), sta per essere archiviato.
Quel bambino che nasce, fragile ed indifeso, ci aiuti a scoprire il senso vero della vita nel suo profondo significato.
Solamente facendo tesoro di questi tragici momenti, trascorsi in balia di una crudele pandemia, che sembra colpire alla radice il nostro stile di vita, usciremo da questo tunnel più forti e saggi di prima.
Don Emilio