Cari fratelli,
la Quaresima volge rapidamente al termine; domenica prossima saremo già alla domenica delle Palme, preludio alla Settimana Santa.
Nella Pasqua di Cristo tra Dio e l’uomo si stabilisce quasi un ponte di comunicazione.
È l’alleanza nuova, non siglata con sacrifici umani ma con l’oblazione del Figlio, vittima e sacerdote.
Il primo spunto di riflessione ci riconduce perciò al tema del sacrificio di Cristo che ci salva e ci coinvolge.
Ciò che la lettera agli Ebrei esprime è un Credo condiviso in tutto il Nuovo Testamento: la solidarietà di Gesù con l’uomo sofferente e peccatore, fondata su di una radicale fedeltà a Dio fino alla morte, al sacrificio della vita.
Dio risponde accettando questa vita offerta.
Il sacrificio è dunque creativo e salvifico.
Anche il nostro sacrificio di membra del corpo di Cristo completa ciò che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo: la Chiesa.
Il sacrificio di Cristo non si attua solo nella morte, ma anche in tutta la vicenda pasquale: Gesù non è tanto un martire esemplare per un ideale umanitario.
Egli passando attraverso la solidarietà estrema alle qualità più umane, quali la morte ed il dolore, pone in esse il germe dell’eternità e della vita.
Per questo tutta la visione cristiana è contemporaneamente realistica ed ottimistica, è carne e spirito, grano morto e spiga matura; è perdere per ritrovare; è vita terrena e vita eterna; è umiliazione per la glorificazione; è morte e vita; è umanità e divinità.
Non dobbiamo ridurre la fede alla sola dimensione orizzontale di impegno concreto contro il male e l’ingiustizia, ma neppure ridurla alla sola spiritualità legata ad un orizzonte nebuloso e lontano.
La visione cristiana della vita è come la croce di Cristo, nella visione di S. Agostino: il braccio orizzontale accoglie l’umanità intera e la sua realtà, mentre quella verticale ci indirizza a Dio.
Ma i due bracci sono intimamente connessi nel cuore di Cristo uomo e Dio.
Don Emilio