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Madonna Pellegrina di Fatima

MADONNA PELLEGRINA DI FATIMA

PROGRAMMA

Domenica 18 settembre: ACCOGLIENZA

Ore 16.30: arrivo ed accoglienza della Madonna Pellegrina nel cortile della casa parrocchiale.

Introduzione del celebrante. Intervento dei sindaci di Linarolo e di Valle Salimbene. Processione in chiesa e celebrazione eucaristica.

Lunedì 19 settembre: “PREGATE”

Mattina

Ore 9.00: Lodi, accensione lampada e preghiera per l’Italia. Visite libere alla Madonna Pellegrina. Ore 11.30: Rosario

Ore 12.00: Angelus.

Pomeriggio

Ore 16.00: Rosario. Esposizione eucaristica.

Ore 17.00: Vespri e Benedizione eucaristica.

Sera

Ore 20.45: Celebrazione eucaristica presieduta da don Antonio Razzini, parroco di Mirabello.

Al termine della S. Messa, preghiera di saluto a Maria, canto, incenso.

Martedì 20 settembre: “CONVERTITEVI”

Mattina

Ore 9.00: Lodi, accensione lampada e preghiera per l’Italia. Visite libere alla Madonna Pellegrina. Ore 11.30: Rosario

Ore 12.00: Angelus.

Pomeriggio

Ore 16.00: Rosario. Esposizione eucaristica.

Ore 17.00: Vespri e Benedizione eucaristica.

Sera

Ore 20.45: Celebrazione eucaristica presieduta da Sua Ecc.za Mons. Corrado Sanguineti. Al termine della S. Messa, preghiera di saluto a Maria, canto, incenso.

Mercoledì 21 settembre “FATE PENITENZA”

Mattina

Ore 9.00: Lodi, accensione lampada e preghiera per l’Italia. Visite libere alla Madonna Pellegrina. Ore 11.30: Rosario

Ore 12.00: Angelus.

Pomeriggio

Ore 16.00: Rosario. Esposizione eucaristica.

Ore 17.00: Vespri e Benedizione eucaristica.

Sera

Ore 20.45: Celebrazione eucaristica presieduta da don Gianni Pozzi, parroco del Santuario S. Maria delle Grazie. Al termine della S. Messa, preghiera di saluto a Maria, canto, incenso.

Giovedì 22 settembre. Giornata Eucaristica: “AIUTATEMI AD AIUTARE LE ANIME”

Mattina

Ore 9.00: Lodi, accensione lampada e preghiera per l’Italia. Visite libere alla Madonna Pellegrina. Ore 11.30: Rosario

Ore 12.00: Angelus.

Pomeriggio

Ore 16.00: Rosario. Esposizione eucaristica.

Ore 17.00: Vespri e Benedizione eucaristica.

Sera

Ore 20.45: Celebrazione eucaristica presieduta da don Vittorio de’ Paoli, Assistente Spirituale Nazionale dell’Apostolato Mondiale di Fatima. Al termine della S. Messa, preghiera di saluto a Maria, canto, incenso.

Venerdì 23 settembre. Giornata del perdono. “AFFIDATEVI!”

Mattina

Ore 9.00: Lodi, accensione lampada e preghiera per l’Italia. Visite libere alla Madonna Pellegrina.

Ore 10.30: Celebrazione eucaristica con Unzione degli Infermi presieduta da don Gian Paolo Sordi, Assistente Spirituale dell’Unitalsi.

Pomeriggio

Ore 16.00: Rosario. Esposizione eucaristica.

Ore 17.00: Vespri e Benedizione eucaristica. *

Sera

Ore 20.45: Rosario, Preghiera di saluto a Maria, canto, incenso.

Sabato 24 settembre. Giornata della consacrazione. A GESÙ ATTRAVERSO MARIA

Mattina

Ore 9.00: Lodi, accensione lampada e preghiera per l’Italia. Esposizione eucaristica. Visite libere per l’adorazione eucaristica.

Ore 11.30: Rosario

ore 12.00: Angelus

Pomeriggio

Ore 16.00: Rosario. Esposizione eucaristica. 17.00: Vespri e Benedizione eucaristica.

Sia al mattino, sia nel pomeriggio è possibile accostarsi al Sacramento della Riconciliazione.

Sera

Ore 20.45: Celebrazione eucaristica presieduta da don Vittorio de’ Paoli, Assistente Spirituale Nazionale dell’Apostolato Mondiale di Fatima.

Processione con la Madonna Pellegrina con fiaccolata aux flambeaux e la presenza della Banda di Belgioioso.

In chiesa, consacrazione a Gesù attraverso Maria.

Al termine della S. Messa, preghiera di saluto a Maria, canto, incenso.

Domenica 25 settembre. Giornata del commiato. MAGNIFICATE CON ME IL SIGNORE

Mattina

Ore 7.30: Celebrazione eucaristica. Accensione della lampada. Preghiera per l’Italia.

Ore11.00: S. Messa solenne presieduta da Sua Ecc.za Mons. Giovanni Giudici.

Pomeriggio

Ore 14.30: Rosario. Conclusione di don Vittorio de’ Paoli, Assistente Spirituale Nazionale dell’Apostolato Mondiale di Fatima. Canto del Magnificat. Accompagnamento della Madonna pellegrina sul Sagrato. Saluto con il canto dell’Ave Maria di Fatima. Partenza della Madonna Pellegrina.

. . . . .

* Ore 18.30: A Pavia, in Duomo, Apertura dell’Anno Pastorale 2016-’17.

4 Settembre 2016

Carissimi Parrocchiani,

si avvicina la settimana in cui ospiteremo in parrocchia la Madonna Pellegrina di Fatima. Per aiutarci a vivere bene questo avvenimento che penso possa essere davvero per ciascuno di noi un dono di grazia, voglio dire qualcosa riguardo ai tre pastorelli che sono stati protagonisti delle apparizioni di Maria succedutesi nel 1917 a Cova di Iria, località che si trova presso Fatima, in Portogallo. I tre pastorelli sono Lucia dos Santos che nell’anno delle apparizioni aveva 10 anni, Giacinta Marto di 7 anni e il fratello Francisco Marto di nove anni. Giacinta e Francisco erano cugini di Lucia. Non mi dilungo nel tracciare il loro profilo biografico che richiederebbe più spazio di quello che può offrire il foglio settimanale. Semplicemente raccolgo dalla vita di ciascuno una testimonianza in dialogo con il Vangelo di questa domenica. Comincio con Lucia.

Il testo evangelico si apre con un’affermazione di Gesù che non manca mai di sorprendere. Dichiara: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Lc 14,26). A questo proposito mi sembra illuminante questo episodio della vita di Lucia da lei stessa riferita nel Seconda Memoria autobiografica scritta nel 1937. Questa testimonianza rivela da una parte il primato del Signore; dall’altra un affetto sincero e grande per la mamma mostrando che il primato nell’amore richiesto da  Gesù non sminuisce gli affetti umani, ma aiuta a viverli in pienezza e autenticità

Lucia riferisce uno dei dispiaceri che sono stati causati in famiglia dalla vicenda delle apparizioni. La risonanza degli avvenimenti di Cova d’Iria attirava folle di persone che per ragioni varie si sentivano attratte da quel luogo. I campi che circondavano il luogo delle apparizioni appartenevano alla famiglia di Lucia. Erano campi fertili da cui traevano buona parte del foraggio necessario per mantenere il loro gregge. Ora da quando le folle erano accorse tutto il raccolto era andato perduto. La mamma in alcuni momenti, esasperata per il chiasso che si era creato attorno alla famiglia, faceva pesare tutto questo a Lucia: Mia Madre, lamentando questa perdita, mi diceva: “Tu adesso, quando vorrai mangiare, andrai a chiederlo a quella Signora!. Le sorelle aggiungevano: “Tu adesso dovresti mangiare quello che si coltiva nella Cova d’Iria (Memorie di suor Lucia, Almondina, Torre Novas, 2007, 89).

Lucia dichiara che queste parole la addoloravano molto al punto che non aveva il coraggio di prendere un pezzo di pane per mangiare. La mamma era alquanto irretita per la questione delle apparizioni a motivo dei tanti fastidi che ne erano derivati per la famiglia. D’altra parte vedendo Lucia che soffriva nel fisico e dimagriva molto, temendo che si ammalasse, cercava di trattenersi. Ed ecco la considerazione di Lucia: Povera mamma! Adesso sì, capisco veramente la situazione in cui si trovava e ne sento compassione! In realtà aveva ragione nel giudicarmi indegna di tal favore e perciò di credermi bugiarda. Per grazia speciale del Signore, non ebbi mai il minimo pensiero o la minima reazione contro il suo comportamento verso di me. Siccome l’Angelo aveva annunciato che Dio m’avrebbe inviato sofferenze, in tutto questo vidi sempre Dio, che così voleva. L’amore, la stima e il rispetto che le dovevo, continuarono ad aumentare sempre, come se io fossi molto carezzata. E ora le sono più riconoscente di avermi trattata così, che se avesse continuato ad educarmi tra premure e carezze (Ibidem, 89-90).

Don Luigi Pedrini

21 Agosto 2016

  • Da lunedì 22 a Giovedì 25 c.m.: Pellegrinaggio parrocchiale a Roma.
  • Per la festa di sant’Agostino che ricorre Domenica 28 c.m. si veda il manifesto. In particolare ricordo domenica alle ore 18.30 in S. Pietro in Ciel d’Oro il pontificale presieduto dal Card. Carlo Caffarra
  • Sul portone è riportato in dettaglio il programma della settimana in cui ospiteremo in parrocchia la Madonna Pellegrina di Fatima. Si può cominciare a prenderne visione.
  • C’è pure un foglio in cui sono riportati alcuni importanti appuntamenti per l’inizio del nuovo anno pastorale.
  • Stiamo preparando la Pesca di beneficenza. Se qualcuno ha materiale utile è bene accetto.

 

21 Agosto 2016

Carissimi Parrocchiani,

            dalla scorsa settimana ci siamo messi in ascolto dei testi nei quali si parla della morte di Mosè. Oltre a Dt 31,1-8, testo sul quale già ci siamo fermati, dobbiamo ricordare altri due testi: Dt 32,48-52 e Dt 34,1-7: il primo testo annuncia le modalità della morte di Mosè; il secondo riferisce il realizzarsi degli eventi annunciati.

 48In quello stesso giorno il Signore disse a Mosè: 49“Sali su questo monte degli Abarìm, sul monte Nebo, che è nella terra di Moab, di fronte a Gerico, e contempla la terra di Canaan, che io do in possesso agli Israeliti. 50Muori sul monte sul quale stai per salire e riunisciti ai tuoi antenati, come Aronne tuo fratello è morto sul monte Or ed è stato riunito ai suoi antenati, 51perché siete stati infedeli verso di me in mezzo agli Israeliti alle acque di Merìba di Kades, nel deserto di Sin, e non avete manifestato la mia santità in mezzo agli Israeliti. 52Tu vedrai la terra davanti a te, ma là, nella terra che io sto per dare agli Israeliti, tu non entrerai!”  (Dt 32,48-52).

 1Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pisga, che è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutta la terra: Gàlaad fino a Dan, 2tutto Nèftali, la terra di Èfraim e di Manasse, tutta la terra di Giuda fino al mare occidentale 3e il Negheb, il distretto della valle di Gerico, città delle palme, fino a Soar. 4Il Signore gli disse: “Questa è la terra per la quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: «Io la darò alla tua discendenza». Te l’ho fatta vedere con i tuoi occhi, ma tu non vi entrerai!”.

5Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nella terra di Moab, secondo l’ordine del Signore. 6Fu sepolto nella valle, nella terra di Moab, di fronte a Bet-Peor. Nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba. 7Mosè aveva centoventi anni quando morì. Gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno (Dt 34,1-7).

 Riguardo a questa testimonianza facciamo alcune sottolineature. Anzitutto, notiamo che Mosè muore in un contesto di solitudine. Non muore in mezzo al popolo, nella sua tenda. Muore, invece, in terra straniera e lontano dal suo popolo, da quel popolo per il quale ha dato interamente se stesso. Dunque, al termine della sua vita – una vita interamente consumata  nel servizio del suo popolo – gli viene chiesto di morire appartandosi dai suoi.

In secondo luogo notiamo che la sua morte avviene nel segno dell’obbedienza: Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l’ordine del Signore (Dt 34,5). Il Card. Martini nel suo commento afferma in modo lapidario: “Il Signore ha ordinato e lui è morto” e non manca di far notare che in tutta la Bibbia non si trova un fatto simile (Vita di Mosè, p. 112).

In terzo luogo, constatiamo che la morte di Mosè è segnata non solo dalla sofferenza fisica e psicologica propria del trapasso da questa vita, ma anche dalla sofferenza morale di doversi ritirare proprio quando la sua missione sta per giungere al suo coronamento, cioè all’entrata nella terra promessa. Quella terra che è stata la meta per la quale non ha esitato a dare una svolta alla sua vita egli può contemplarla solo da lontano: “Tu non entrerai” (Dt 32,52); “Tu non vi entrerai” (Dt 34,4).

Don Luigi Pedrini

14 Agosto 2016

Carissimi Parrocchiani,

disponendoci a percorre l’ultimo tratto del sentiero di Mosè, consideriamo ora la conclusione della sua vicenda.

Al riguardo, ci mettiamo in ascolto dei testi che riferiscono circa la sua morte. Sono tre e, precisamente:  Dt 31,1-8; Dt 34,1-7; Dt 34,1-7.

C’è da notare che la Scrittura dedica in modo insolito uno spazio notevole alla descrizione di questa morte: è una cosa abbastanza singolare che non trova riscontro negli altri profeti. Ad esempio, del grande profeta Isaia non sappiamo niente; ugualmente di Geremia. Molto, invece, sappiamo della morte di Mosè.

Passiamo allora in rassegna i tre testi menzionati. Così si legge nel primo testo:

 1Mosè andò e rivolse queste parole a tutto Israele. 2Disse loro: “Io oggi ho centovent’anni. Non posso più andare e venire. Il Signore inoltre mi ha detto: «Tu non attraverserai questo Giordano». 3Il Signore, tuo Dio, lo attraverserà davanti a te, distruggerà davanti a te quelle nazioni, in modo che tu possa prenderne possesso. Quanto a Giosuè, egli lo attraverserà davanti a te, come il Signore ha detto. 4Il Signore tratterà quelle nazioni come ha trattato Sicon e Og, re degli Amorrei, e come ha trattato la loro terra, che egli ha distrutto. 5Il Signore le metterà in vostro potere e voi le tratterete secondo tutti gli ordini che vi ho dato. 6Siate forti, fatevi animo, non temete e non vi spaventate di loro, perché il Signore, tuo Dio, cammina con te; non ti lascerà e non ti abbandonerà”.

7Poi Mosè chiamò Giosuè e gli disse alla presenza di tutto Israele: “Sii forte e fatti animo, perché tu condurrai questo popolo nella terra che il Signore giurò ai loro padri di darvi: tu gliene darai il possesso. 8Il Signore stesso cammina davanti a te. Egli sarà con te, non ti lascerà e non ti abbandonerà. Non temere e non perderti d’animo!” (Dt 31,1-8)

 

            In questo testo colpisce la risolutezza con cui Mosè afferma il primato dell’agire di Dio e invita gli israeliti a fargli completamente spazio: “Il Signore tuo Dio passerà davanti a te… cammina davanti a te”. Questo fare spazio al Signore non è in alternativa a Giosuè: essendo prescelto quale successore di Mosè, c’è posto anche per lui nello spazio che spetta anzitutto al Signore.

Notiamo pure che Mosè concludendo la sua missione di guida in mezzo agli israeliti non dà risalto a quello che ha fatto, come pure non fa alcun accenno sul fatto che, tirandosi lui da parte, sorgeranno inevitabilmente delle difficoltà. Piuttosto incoraggia gli israeliti dicendo in sostanza: “Non ci sarò più io, perché ormai ho esaurito il compito che mi era stato affidato, ma voi andrete avanti bene anche senza di me: avrete l’aiuto del Signore; avrete la guida di Giosué che è un uomo forte, buono e generoso: abbiate, dunque, fiducia”.

Queste parole rivelano che Mosè alla fine della sua vita è un uomo profondamente libero, capace di rinunciare ai legittimi riconoscimenti e di prepararsi, dopo il tempo dell’attività, al tempo della passività che gli chiede di farsi da parte e di entrare nell’ombra.

 Don Luigi Pedrini

31 Luglio 2016

Carissimi Parrocchiani,

            prima che inizi il mese di agosto che è sempre segnato da una certa dispersione – la sospensione degli impegni di lavoro diventa giustamente l’occasione per concedersi qualche occasione di stacco dal ritmo abituale – approfitto del nostro foglio settimanale per mettervi al corrente di alcune cose: due molto concrete e immediate e due invece importanti. E di questo abbinamento non dobbiamo meravigliarci: così è la vita di parrocchia. Come la vita di famiglia spazia tra cose ‘alte’ e altre ‘terra-terra’, la stessa cosa è nella famiglia più grande della Parrocchia.

            Parto dunque da quelle più immediate: come già ricordato nei primi tre sabati di agosto la santa Messa prefestiva viene sospesa e sostituita con la celebrazione del mattino alle ore 8.30: nei sabati 6 e 13 agosto si farà la celebrazione della Parola; sabato 20 agosto la celebrazione eucaristica.

            In secondo luogo, ringrazio quanti hanno già corrisposto all’invito di portare materiale utile per la pesca di beneficenza. Rinnovo l’invito a quanti posseggono oggetti idonei a consegnarli in parrocchia oppure alla Sig.ra Sandra Carena (Via Nobili 38/40).

            Ora le due cose più importanti. All’asilo stanno procedendo i lavori per predisporre un luogo di solidarietà: concretamente si sta provvedendo all’allestimento di un bagno e al riscaldamento autonomo. La casa sarà certamente pronta per il mese di settembre. Vorrei in occasione della Sagra procedere alla sua inaugurazione. Prima di allora, all’inizio del mese di settembre riunirò i membri del gruppo Caritas Parrocchiale e in accordo con il responsabile della Caritas Diocesana, don Dario Crotti, vedremo come venire incontro alla richiesta avanzata dalla Caritas Diocesana: quella di accogliere per un periodo di tempo circoscritto due immigrati che già sono ospiti presso la Casa del Giovane da due anni; hanno già superato la fase dell’inserimento fino ad aver raggiunto dal punto di vista lavorativo una loro relativa autonomia. La permanenza qui nella nostra comunità dovrebbe essere l’ultimo passaggio che consente loro di trovare una sistemazione autonoma.

            La seconda cosa importante: da domenica 18 settembre fino a domenica 25 settembre ospiteremo nella nostra parrocchia la Madonna Pellegrina di Fatima. È la statua che viene direttamente da Fatima e che il Santuario ha messo a disposizione per le Diocesi e le parrocchie italiane per quest’ultima parte dell’anno e per l’anno 2017, anno in cui ricorre il centenario delle apparizioni avvenute a Fatima. La statua giunge a noi da un lungo viaggio: fino al giorno prima sarà a Roma: da P.zza Venezia lascerà la città eterna. Nella ricorrenza del centenario – il tredici maggio del prossimo anno – sarà invece in Duomo a Milano per la devozione di tutti i fedeli della città. Abbiamo dunque un grande privilegio. Ho incontrato venerdì di questa settimana don Vittorio De Paoli, Assistente Spirituale Nazionale dell’Apostolato Mondiale di Fatima e con lui sto concordando il programma dei giorni in cui sarà tra noi. Sarà certamente un dono di grazia per la nostra comunità e non solo per noi. Quanto prima vi metterò al corrente in modo dettagliato degli appuntamenti che segneranno quella settimana.

            Affidiamo questi ultimi due progetti al Signore e nello stesso tempo cominciamo a custodirli nel nostro cuore: questa custodia contribuirà a tenere desta in noi l’aspettativa e ad alimentare il desiderio che tutto vada a buon fine. È questo il terreno migliore dove la buona semente del bene può germogliare e portare frutto.

Don Luigi Pedrini

17 Luglio 2016

  • Ringrazio per l’offerta a favore della Caritas Parrocchiale che è stata di 145,00;
  • Inizio dei lavori presso il vecchio Asilo;
  • Da giovedì 21 a giovedì 28 sarò assente per un po’ di tempo di riposo. Le Messe sono regolari tranne in alcuni giorni indicati nel foglio settimanale in cui si farà la Celebrazione della Parola;
  • Ricordo fin d’ora che nei sabati 6, 13, 20 agosto la S. Messa prefestiva è sospesa. Celebrerò la S. Messa al mattino alle ore 8.30.

17 Luglio 2016

Carissimi Parrocchiani,

concludo le riflessioni sulle prove di Mosè con questo commento offerto da san Gregorio di Nissa nella sua Vita di Mosè (cfr. nn. 147-148). Egli, considerando alla sua morte gli è succeduto un giovane condottiero il cui nome era Giosuè – nome che rimanda direttamente a Gesù – legge in tutto questo una prefigurazione del passaggio tra l’Antico Testamento e il Nuovo Testamento, tra la Vecchia Alleanza che faceva leva sulla legge promulgata da Mosè e la Nuova Alleanza che fa leva sul Vangelo, la nuova legge donataci da Gesù.

Egli reputa che al tempo di Mosè il popolo di Dio era ancora segnato dalla fragilità: debole e malridotto a motivo della tirannia che aveva subito in Egitto non era in grado con le sue forze di affrontare i nemici e di liberarsi dal loro giogo. Per questo ha avuto bisogno sia di un condottiero come Mosè, sia del conforto della legge che gli indicava la strada da seguire. Tuttavia, osserva san Gregorio di Nissa:

allorché si è liberato dalla servitù di quelli che l’opprimevano, ha provato la dolcezza grazie al legno, si è riposato dalla fatica nella tappa delle palme, ha conosciuto il mistero della roccia e ha avuto parte del cibo celeste, allora non respinge più il nemico per mano di altri, ma, come ormai uscito dall’infanzia e giunto alla pienezza della gioventù, egli da sé attacca battaglia con i nemici, servendosi come comandante non più di Mosé, il servitore di Dio, ma dello stesso Dio, di cui Mosè era servitore.

Dunque, secondo san Gregorio di Nissa, una volta fatto tutto il cammino di liberazione, gli israeliti non avevano più bisogno di un condottiero come Mosè. Nelle prove il popolo di Israele è stato aiutato da Mosè a conoscere Dio e ad appoggiarsi a Lui; ora, in forza della fede che ha maturato, è in grado di affrontare anche senza Mosè le battaglie della vita.

Pertanto, il passaggio da Mosè a Giosuè sta a significare il salto di qualità che la fede di Israele ha fatto: prima aveva bisogno di un condottiero umano della statura di Mosè; ora, è disposto a lasciarsi condurre da Giosué, perché in realtà la sua vera guida è Dio stesso.

Per noi questo passaggio da Mosè a Giosué è già avvenuto grazie a Gesù: egli da una parte è il nuovo Mosè che con le sue prove si è fatto carico delle nostre debolezze e dall’altra è il nuovo Giosué che mediante il dono del Vangelo ci conduce a una fede adulta grazie alla quale siamo in grado di riporre interamente in Dio la nostra fiducia e di affrontare le vere battaglie della vita.

Infatti, San Gregorio di Nissa aveva introdotto la sua considerazione con questo paragone: Come quando, durante l’arruolamento, prima il comandante dà la paga e poi senz’altro dà il segnale della guerra, così anche i soldati della virtù, dopo aver ricevuto la mistica paga, muovono senz’altro guerra agli stranieri, avendo come comandante per la battaglia Giosué, il successore di Mosé. Con queste parole il santo vuole dire che noi cristiani, in quanto discepoli di Gesù (soldati della virtù), salvati in modo gratuito da Lui, nuovo Mosè, con la sua passione e morte (mistica paga) e guidati da Lui, nuovo Giosuè, abbiamo una fede matura e, appoggiati a Lui, siamo ormai pronti ad affrontare gli stranieri, cioè ogni imprevisto e vicissitudine della vita.

Don Luigi Pedrini

10 Luglio 2016

Carissimi Parrocchiani,

ci avviamo a concludere queste considerazioni sulle sofferenze apostoliche di Mosè mettendole a confronto con quelle di Gesù e coglierne le somiglianze e insieme le differenze.

Anche Gesù ha vissuto come Mosè l’esperienza della paura. È accaduto durante la sua passione, nell’Orto degli ulivi: nelle parole che pronuncia nella sua preghiera dichiara di avere nel cuore una grande tristezza. L’evangelista, da parte sua, annota che Gesù pregava in preda all’angoscia. Questo primo rilievo viene a ricordarci che nel servizio al Vangelo nessuno di noi è al riparo da situazioni dolorose che possono anche incutere paura.

Mosè è stato provato, poi, nella pazienza. Troviamo questa prova anche nella vita di Gesù. Al riguardo Egli ci ha lasciato, specialmente nella sua Passione, un esempio mirabile di sopportazione paziente e discreta. Ce lo descrive bene san Pietro nella sua Prima Lettera quando scrive:

Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca, oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti (1 Pt 2,21-25).

             Infine, anche Gesù è stato tentato come Mosè sul piano della fede. Nel suo ministero si è presentata non di rado la tentazione di Massa e Meriba, cioè la prova del dover affrontare situazioni che si presentavano umanamente senza via d’uscita. Pensiamo a situazioni limite in cui si è trovato e che sembravano irrimediabilmente compromesse come ad esempio la situazione di disagio che si è creata durante le nozze di Cana a motivo del venir meno del vino; così pure alla preoccupante penuria di cibo in cui viene a trovarsi la folla nel deserto e che fa da preludio alla prodigiosa moltiplicazione dei pani; pensiamo, inoltre, all’opposizione degli abitanti di Nazaret che vorrebbero mettere le mani su di lui e farlo morire oppure al grande senso di abbandono e di solitudine che Gesù ha sperimentato nei giorni che precedono la sua passione e morte.

In tutte queste situazioni noi non troviamo mai in Gesù un benché minimo tentennamento nella fede. A differenza di Mosè che nell’episodio di Massa e Meriba non è riuscito, come in altre occasioni a giocarsi interamente e a rimettersi pienamente nelle mani di Dio, Gesù dimostra prontezza sia nel consegnare se stesso “Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la vita in riscatto per molti” (Mc 10.45), sia nell’affidarsi totalmente nelle mani del Padre: “Padre non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42).

 Don Luigi Pedrini

3 Luglio 2016

Carissimi Parrocchiani,

l’ultima volta ho fornito una prima spiegazione del rimprovero di poca fede che Dio gli ha fatto in occasione di quanto accaduto a Massa e Meriba.

Ora voglio ricordare una seconda interpretazione che si fa leva su alcuni testi che si trovano nel libro del Deuteronomio (cfr. 1,37; 3,26; 4,21)

Essi ravvisano una mancanza di fede nel fatto che Mosè una volta attraversato il Mar Rosso abbia consentito agli israeliti di intraprendere la via più lunga per entrare nella Terra promessa. Se avesse scelto di entrare da sud, sarebbero andati incontro a un tragitto più breve che li avrebbe condotti in tempi rapidi al confronto con gli abitanti del luogo.

Mosè, invece, ha preferito la strada dell’est, strada più lunga che gli ha consentito un avvicinamento più graduale alla terra promessa e anche un tempo più lungo per preparare gli israeliti a un non facile insediamento nella Terra promessa. Ha optato, dunque, per la scelta meno rischiosa, quella che meno esponeva gli israeliti al pericolo dello scoraggiamento e maggiormente li aiutava a maturare una maggior fiducia nella proprie forze.

Ma proprio in questo si può vedere una mancanza di fiducia nel Signore: Egli, per liberarli dal faraone, non ha fatto ricorso a cavalli e cavalieri, ma gli è bastato ‘snudare’ il suo santo braccio per ridurre all’impotenza il faraone  e il suo esercito,

Astenendoci dal prendere posizione in favore dell’una o dell’altra interpretazione, sta di fatto che la poca fede testimoniata in questa circostanza, adombrata ulteriormente anche dalle parole insipienti che gli sono uscite in quel momento in cui la sua pazienza veniva messa alla prova, gli è costata l’umiliazione di vedersi preclusa la possibilità di entrare con il suo popolo nella Terra promessa. Egli la vedrà, ma solo da lontano (cfr. Nm 20,1-13.22-29); 33,38-39; Dt 3,23-28; 4,21-22).

Mosè da parte sua saprà accettare tutto questo con molta dignità, umiltà, semplicità di cuore.

Questa “caduta” di fede da parte di Mosè è significativa anche per noi: viene a ricordarci che ogni cammino di fede, per quanto luminoso, può sempre conoscere un oscuramento improvviso, un momento difficile che può determinare anche una caduta. Accade così che quel carico di responsabilità che si è portato bene anche per anni a un certo punto assume i contorni di un peso insopportabile e, alla fine, si cede.

Naturalmente qui stiamo parlando di una sofferenza che è tipica dell’apostolato: infatti, ll’aver accettato di servire il Signore ci fa meritevole non di una promessa di indefettibilità, ma di una promessa di fedeltà e di perdono.

Può accadere pertanto anche a noi come a Mosè di sbagliare, forse per troppa compassione, forse per un coinvolgimento eccessivo con la gente che rischia di mettere in ombra il primato della Parola di Dio nella nostra vita, E tuttavia, come Mosè sappiamo di poter sempre contare al di là di tutto sulla fedeltà e la misericordia del Signore.

 don Luigi Pedrini