Cari fratelli,
questi giorni, così cari alla devozione della gente, ci invitano a meditare sulla grande chiamata, che il Signore ci rivolge, alla santità cristiana, come pienezza della fede e della grazia.
In ultima analisi la santità si rivela come celebrazione di una disponibilità del cuore che si apre all’azione mirabile di Dio e del suo Spirito: nasce dall’amore divino e si attua nell’amore per Dio e per i fratelli, come ci ricorda la prima lettera di Giovanni.
La parola “persona” nel senso latino significa di per sé “maschera”.
L’uomo può dunque essere l’immagine luminosa di Dio, ed allora è santo, oppure può acquistare la diabolica smorfia d’uno scimmiottamento di Dio (sarete come dei, dice il serpente tentatore nella Genesi).
Questi giorni recano anche il ricordo dei nostri cari, ormai nell’abbraccio di Dio.
Ma questo ricordo, pur venato di tristezza e dolore, deve essere centrato sulla speranza, una speranza che nasce dalla fede nella Pasqua.
La morte resta sempre un oscuro passaggio, una lotta (agonia) e un mistero.
Ma la morte e la resurrezione di Cristo diventano radice di speranza.
Il rischio si illumina e l’orizzonte si rischiara: conquistati dalla sua vita siamo strappati al nulla.
E come celebriamo i nostri fratelli santi, che hanno esercitato in modo eroico le virtù cristiane ed il cui nome è noto per tantissimi di loro solo a Dio, così supplichiamo il Dio della misericordia perché abbia pietà di tutti i defunti che attendono con ansia la resurrezione.
A tutti una buona settimana.
Don Emilio