Cari fratelli,
il Vangelo di oggi è dominato dalla figura del Buon Pastore, concetto immediatamente percepibile in una società agricolo-pastorale com’era la Palestina dei tempi di Gesù.
Cristo è il Pastore, cioè il centro di unità e di coordinamento della Chiesa, pietra angolare che sostiene e dà solidità alla comunità dei fedeli.
La nostra sicurezza nasce dall’avere una simile guida.
Una guida che si è resa presente in mezzo a noi attraverso il corpo di Cristo, strumento di rivelazione per l’uomo, e che ora si rende presente attraverso il suo corpo che è la Chiesa.
La giornata odierna invita perciò ad una riflessione sulla Chiesa e sulla sua missione pastorale.
Al Pastore ed al suo gregge si oppongono però il mercenario, rappresentato nella prima lettura dal potere autocratico del Sinedrio, ed il mondo posto nella tenebra.
L’esperienza della Chiesa è anche quella della solitudine, nel ribadire valori e punti fermi che il mondo ritiene superati, perché in contrasto con il proprio modo di agire, e del male che l’attacca e che talvolta si infiltra pure nel suo interno.
La pagina del Vangelo è anche un appello alla purezza della fede in Cristo Pastore senza lasciarsi attrarre dalle seduzioni del mercenario di turno.
Il rapporto tra il Pastore ed il gregge è scandito in tutte le letture da un verbo di intimità, conoscere.
È il conoscere che il mondo non possiede; è il vedere Dio così come egli è.
È il conoscere le pecore per nome ed offrire per esse la vita.
È il nome che salva nel discorso di Pietro.
La vita della Chiesa è il contatto personale con Cristo in una esperienza di comunione e di dialogo.
L’Agnello di Dio non è venuto né come leone né come lupo.
Ha percorso la via stretta e ci ha donato la speranza di essere con Lui nell’amore.
In questa domenica del Buon Pastore siamo invitati a pregare per il nostro seminario, unendoci in monastero invisibile, perché il dono della vocazione, che il Signore non cessa di effondere, non sia lasciato inaridire dai nostri giovani.
Don Emilio