Cari fratelli,
le letture di oggi ci dicono che la via del profeta e del discepolo è certamente una via della croce, che conosce oscurità, abbandoni, silenzi.
La logica della sequela si traduce anche in quella del rinunziare e del perdere, della libertà nel giocare tutto per ottenere il tutto che è Cristo.
Il messaggio della donazione e della rinuncia non è mai fine a se stesso: si alimenta nell’amore e si apre sulla Pasqua.
La catechesi liturgica di oggi esalta anche la via della gloria.
Geremia, giunto nell’abisso del suo Getsemani, sente la Parola di Dio come un fuoco, che lo travolge e lo trasforma.
L’offerta del corpo che Paolo propone, diventa gradita a Dio.
Cristo suggerisce un perdere ma per trovare.
E la finale del Vangelo di oggi è uno sguardo luminoso alla Pasqua ed al giudizio liberatore.
La solidarietà con il Cristo sofferente sfocia in solidarietà con il Cristo glorioso.
Il dolore cristiano non è mai disperato.
Il cristianesimo non è alienazione, evasione dalla realtà, droga che ottunda i sentimenti, non è oppio dei popoli, ma fedeltà al giogo del quotidiano, all’impegno del corpo, all’amarezza della contestazione, come è stato per Geremia.
Ma il giogo è leggero e soave, il sacrificio gradito a Dio e la sofferenza si trasforma in fuoco d’amore.
Dopo la confessione di Pietro su Gesù nel Vangelo della scorsa settimana, abbiamo oggi la sconfessione di Gesù su Pietro.
L’errore del discepolo è di pensare non secondo Dio ma secondo gli uomini.
La logica dell’essere e dell’avere si scontra con quella dell’amore e della donazione.
Geremia e Pietro lo hanno capito, ed ecco allora che il profeta è pronto ad accettare derisione e disprezzo, pur di annunciare la Parola di Dio; così Pietro, anche se conoscerà l’abbandono del Golgota, alla fine sarà pronto a percorrere le strade del mondo, per rendere tutti partecipi del messaggio di salvezza del suo Signore.
Don Emilio