Cari fratelli,
le letture di oggi ci dicono che tutta la storia umana è intessuta di bene e di male: bisogna condividere la pazienza di Dio che non conosce l’intransigenza, il radicalismo, l’integralismo, ma che attende lo sviluppo verso il bene della storia.
Purtroppo spesso i credenti sono travolti da un’ansia apocalittica; sono giudici implacabili, incapaci di rispettare, pronti a condannare negli altri ciò che tollerano largamente per se stessi.
Il libro della Sapienza, invece, ci insegna che il padrone della forza, cioè Dio, giudica con mitezza e, con tal modo di agire, insegna al suo popolo che il giusto deve amare i suoi simili.
Il bene del Regno è dotato di una forza irresistibile, come quella della senape e del lievito, anche se si tratta di un’energia che richiede tempi lenti.
E questo è anche lo stile di Gesù e questo deve essere lo stile del discepolo.
Il timoroso deve vedere un segno dell’efficacia divina nel coraggio dei profeti; gli impazienti devono vedere un segno di tenerezza e fedeltà nella lentezza dei prudenti.
Le parabole odierne ci mostrano una meta: il Regno.
Tutte le parabole di Gesù, come il nucleo centrale del suo insegnamento, sono proiettate verso questo tema di gioia e di speranza.
L’uomo è invitato a cessare dalla costruzione di progetti folli e ingiusti e ad associarsi al disegno di amore di Dio, il Regno appunto.
Perché questo è il messaggio che letture odierne ci vogliono trasmettere: pur camminando nell’oscurità del tempo presente, il Regno di Dio è già arrivato in mezzo a noi.
Ogni domenica, anzi ogni qualvolta partecipiamo alla S. Messa, nella richiesta del perdono da parte di Dio, dovremmo confessare il nostro allontanamento dal piano divino del Regno.
Don Emilio