Cari fratelli,
in questa domenica successiva al Natale celebriamo la Sacra Famiglia di Nazareth.
Non è certo soltanto la commemorazione od il pio ricordo di una famiglia che è riuscita là dove molte famiglie hanno fallito.
Non può essere solamente la contemplazione di una famiglia da assumere come modello, perché non tutti i figli sono buoni come Gesù, non tutte le madri sono come Maria e non tutti i padri sono accoglienti come Giuseppe.
Ma non è una festa inutile, perché essa è il tentativo di spiegare e far risplendere il significato più profondo dell’amore familiare umano.
Dio infatti, donandoci una famiglia come quella di Gesù, Giuseppe e Maria ha dato la possibilità anche alle nostre di somigliare a quella; di ritrovarne la grandezza e lo splendore e, quindi, di camminare sulla via della perfezione.
Il bambino Gesù ed il suo esodo drammatico, con la fuga in Egitto, e l’anziano nelle oscurità del suo tramonto sono i due estremi della storia di una famiglia.
Senza illusioni o poeticismi sentimentali, sono le persone che devono provocare l’attenzione e l’impegno di tutti.
Il bambino deve essere condotto con pazienza, amore e serietà al suo destino ed alla sua opera di uomo libero.
L’anziano deve continuare la sua azione di testimone e di persona viva e sapiente, immersa nel tessuto della sua comunità.
Guardando alla Santa Famiglia ricorderemo pure tutti gli anniversari di matrimonio, recenti o datati nel tempo non importa.
Gli sposi, guardandosi negli occhi e stringendo le mani, possano ritrovare l’emozione ed il trasporto di quel giorno, nel quale si promisero amore e fedeltà.
Nel relativismo e superficialità di tante unioni, siamo chiamati a pregare perché i giovani sappiano trovare l’entusiasmo e la capacità di assumere decisioni che vincolano l’esistenza per tutta la vita, nella buona e nella cattiva sorte.
Don Emilio