Cari fratelli,
siamo ormai alla fine dell’anno liturgico: domenica prossima celebreremo Cristo Signore e Re dell’Universo.
Le letture di oggi perciò sono tutte orientate verso gli avvenimenti degli ultimi giorni, quando il Signore tornerà per giudicare il mondo.
Questa tensione può essere simile ad uno squillo di tromba che squarcia l’indifferenza e la sonnolenza di una vita troppo grigia e pacifica.
Il Dio della Bibbia è un Dio serio ed esigente, non riconducibile al solito buon Dio comodamente relegato nei cieli e facilmente placabile con una preghiera.
“I superbi e coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia”, ci dice il profeta Malachia.
La tensione però non deve essere apocalittica.
Il fiorire di certe sette, la concezione spesso misticheggiante ed oracolare dell’esperienza cristiana diventano un alibi per rifiutare l’impegno umile, oscuro e paziente nel presente.
Esemplare è al riguardo il testo di Paolo che condanna l’alienazione e l’evasione spiritualistica, chiedendo un solido impegno nel concreto.
Dio è l’arbitro supremo della storia, perciò è stupido ricorrere ad astrologia, chiromanzia, a parapsicologia e a pseudo scienze varie per conoscere il futuro dell’uomo.
Il nostro destino è nelle mani di Dio e nella nostra libertà.
I segni che Dio semina nella storia sono solamente una provocazione per la nostra conversione.
Il destino ultimo nostro e del cosmo è sostanzialmente una sorpresa per quanto concerne i tempi della sua attuazione.
Invece è certo e già costruito dal nostro agire per quanto concerne la sua qualità di felicità o di tragedia eterna.
Don Emilio