18 NOVEMBRE 2018

Carissimi Parrocchiani,

nel riferire il contenuto della promessa di Dio fatta a Davide, la ‘promessa davidica’, siamo arrivati all’affermazione centrale: “Dio farà a te una casa”.

È un’affermazione molto importante che viene a ribaltare completamente l’intenzione originaria di Davide: tutto è iniziato dal suo progetto di voler costruire una casa dignitosa a Dio; ora, invece, Davide si sente dire Dio stesso costruirà a lui una casa.

Già accennavo che il termine ‘casa’ qui non va inteso nel suo significato materiale di abitazione, ma nel significato simbolico di discendenza, casato, regno. Lo illustra bene il seguito della promessa: Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno (2 Sam 7,12)

Siamo di fronte a una svolta storica nel cammino di Israele. Egli anche in passato ha beneficiato di persone che esercitavano un compito di guida: pensiamo a Mosè, a Giosuè, ai diversi giudici. Si trattava di figure carismatiche che Dio eleggeva di volta in volta e che venivano presentate al popolo. Il passaggio da una guida all’altra era sempre delicato: quando una guida stava per lasciare si insinuava facilmente nel popolo un senso di insicurezza e di smarrimento.

Ora Dio fa una promessa che costituirà l’inizio della dinastia davidica in Israele. Infatti promette a Davide che uno della sua discendenza eserciterà la regalità sugli Israeliti: colui che regnerà – gli dice – sarà uno “uscito dalle tue viscere”. Sarà lui a coronare il suo sogno, quello di edificare un tempio in Gerusalemme: “Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio” (2 Sam 7, 13-14a).

Storicamente queste parole si riferiscono a Salomone, il figlio nato a Davide dalla moglie Betsabea: a lui si deve la costruzione maestosa del tempio.

Sono degne di nota le parole finali di questo versetto: Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio”. Si tratta di una formula di adozione quale si ritrova anche nei salmi ‘regali’, cioè in quelle preghiere che si recitavano in occasione dell’incoronazione del re (cfr. Sal 2.7; 110,3). In queste parole riconosciamo anche il primo annuncio della venuta di un re ideale, di un Messia, che sarà in tutto un pastore secondo il cuore di Dio.

Questa promessa, in realtà, non ha trovato attuazione in Salomone nonostante la saggezza esemplare di governo che egli possedeva. La stessa cosa vale per tutti i re che si sono succeduti e che appartenevano alla famiglia di Davide. in nessuno dei re storici di Israele: chiamati ad essere pastori secondo il cuore di Dio, hanno adempiuto la loro missione in modo imperfetto e talvolta in modo del tutto indegno.

Questo conferisce alla promessa di Dio un carattere aperto che legittima l’attesa di un discendente della famiglia di Davide che dia finalmente compimento alle parole di Dio. Si comprende allora che la ‘promessa davidica’ sia diventata la ‘spina dorsale’ della speranza messianica di Israele.

Peraltro, dai versetti che seguono nel testo pare di capire che in fondo una possibile smentita della promessa stessa Dio l’aveva già prevista e messa in conto senza, tuttavia, che questo avesse a mettere in crisi la sua fedeltà. Si legge infatti: “Se (il re) farà il male, lo colpirò con verga d’uomo e con percosse di figli d’uomo, ma non ritirerò da lui il mio amore, come l’ho ritirato da Saul, che ho rimosso di fronte a te. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre” (2 Sam 7,14b-16).

C’è da notare che proprio queste ultime parole risuonano all’inizio del Nuovo Testamento quando l’angelo Gabriele annuncia a Maria l’imminente venuta del Messia.

                                                                                                                 Don Luigi Pedrini