04 NOVEMBRE 2018

Carissimi Parrocchiani,

prendiamo ora in considerazione la promessa che Dio ha fatto a Davide di costruirgli una casa stabile per sempre. Come già ricordavo, questa promessa diventerà il fondamento dell’attesa da parte di Israele della venuta del Messia.

È una promessa che travalica i secoli, continuamente rilanciata dai profeti e che ritroviamo anche nei Vangeli. Pensiamo soltanto al testo dell’Annunciazione nel quale I ‘angelo Gabriele annuncia a Maria la nascita di Gesù e dichiara che “sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1,32-33).

Per meglio comprendere i contenuti della promessa fatta a Davide è utile richiamare il contesto storico in cui si colloca.

Gli anni del Regno di Davide sono segnati da tante imprese che hanno avuto esiti positivi. Tra queste l’impresa forse più felice stata la conquista di Gerusalemme. Questa città si trovava al di fuori dei territori occupati dalle dodici tribù di Israele e apparteneva alla popolazione dei Gebusei. Fin dal tempo di Giosuè era risultata una cittadella imprendibile. Davide con le sue truppe comandate da Ioab riesce a espugnarla assicurandosi in questo modo una sua personale città: da questo momento comincia ad essere chiamata la “Città di Davide”. Gerusalemme è una città di montagna e aveva la prerogativa di trovarsi in un territorio neutro rispetto alle altre città che si trovavano nei territori abitati dalle dodici tribù di Israele: questa sua neutralità le ha permesso di essere riconosciuta come la capitale di tutto Israele. In Gerusalemme Davide fa costruire il suo palazzo reale.

Un’altra impresa importante da parte di Davide è stata la riuscita sottomissione di tutti i nemici storici di Israele: i Filistei, che erano quelli più pericolosi (2 Sam 8, l; 21, 15-22); i Moabiti (2 Sam 8,2.12); gli Aramei (2 Sam 8,3-12); gli Ammoniti, gli Amaleciti e gli Idumei (2Sam 8,12-14; IO, 1-11,1; 12,26-31). In questo modo ha consolidato il Regno e ha cominciato a dargli una prima organizzazione civile, militare e anche religiosa.

Bisogna tenere presente che il regno di Davide, come già quello di Saul, si inserisce nel delicato passaggio dall’era carismatica dei Giudici a quella istituzionale della monarchia. Il popolo di Israele riconoscendo la monarchia si sta dando un assetto assolutamente nuovo dal punto di vista politico, sociale e religioso.

E in questo contesto che Davide matura il proposito di costruire il tempio, una casa per il Signore destinata ad ospitare l’arca dell’alleanza, cioè le tavole della legge che Dio aveva dato a Mosè sul monte Sinai.

I passi con cui l’arca viene portata a Gerusalemme – prima facendo sosta casa di Aminadab, poi nella casa di Obed-Edom di Gat e, infine, dopo tre mesi, nello stesso palazzo reale in Gerusalemme – si inseriscono in questo progetto lungimirante di Davide. La sua intenzione è quella di creare un legame di continuità tra la lunga storia di liberazione che gli Israeliti hanno vissuto uscendo dall’Egitto e soggiornando per quarant’anni nel deserto e la nuova storia che li vede abitare stabilmente nella terra del Giordano sotto la guida di un re che accolgono come consacrato da Dio.

Ora resta da vedere da vicino il testo relativo alla “promessa davidica”. Lo faremo la prossima settimana.

Don Luigi Pedrini