28 OTTOBRE 2018

Carissimi Parrocchiani,

abbiamo concluso questo primo resoconto sulla vicenda di Davide esponendo i fatti che lo hanno condotto da giovane pastore di Betlemme alla sua elevazione a re di Israele.

Ora poniamo attenzione agli avvenimenti più significativi che hanno segnato la sua vita dal momento in cui ha cominciato a regnare.

La storia dei quarant’anni del suo regno si suddivide in due periodi: i sette anni in cui regna su Giuda, in Ebron (cfr 2 Sam 2,1-4,12; 1 Cr 11,1-2); i trentatré anni in cui regna su tutto Israele e Giuda (cfr 2 Sam 5,1-1 Re 2,11; Cr 11,3-29,30).

Di questi quarant’anni di regno noi possediamo un resoconto interessante scritto in un tempo molto vicino agli avvenimenti che vengono raccontati: la composizione di questi testi si può collocare forse nella prima metà del Regno di Salomone. È “una storia tra le più interessanti della letteratura antica, scritta in una lingua bella, ricca di testimonianze oculari, che la redazione deuteronomista ha conservato fresca, quasi senza ritocchi” (F. Rossi de Gasperis – A. Carfagna, Prendi il libro e mangia, p. 131).

È la storia di un re che vive avendo messo Dio al centro della sua vita, un re secondo il cuore di Dio. Nello stesso tempo, quella di Davide non è tuttavia la vita di un santo. La sua personalità è certamente ricca, ma non senza difetti e la Scrittura non li nasconde.

Secondo il Card. Martini i cicli di Giuseppe e di Davide sono i più belli della Scrittura. Tra i due cicli ci sono però alcune differenze. Quella di Giuseppe appartiene al genere sapienziale e, pertanto, il racconto della vicenda del patriarca ha il carattere della composizione agiografica: Giuseppe è presentato come figura esemplare, modello di perfezione morale; Invece, il racconto della vicenda di Davide appartiene al genere storico: qui la fedeltà all’accaduto è molto alta. Il racconto presenta la storia così com’è, senza nascondere gli sbagli di Davide: la sua figura non appare come un modello di santità e di perfezione morale.

E, tuttavia, “i peccati di Davide, quantunque gravi, sono i peccati di un uomo che rimane, soprattutto e nonostante tutto, un «amico di Dio»” (Prendi il libro, p. 132) Siamo di fronte davvero alla vicenda di un uomo “credente e peccatore”, secondo la bella definizione con cui il Card. Martini intitola il suo libro di meditazioni su Davide.

Ci soffermiamo su questo periodo della vita di Davide con tre riflessioni: nella prima consideriamo la promessa che Dio fa a Davide di costruirgli una casa che sia stabile per sempre. È la famosa promessa ‘davidica’ che costituisce il fondamento più solido della speranza messianica di Israele, cioè della fiducia nella venuta di un nuovo re, il Messia, discendente della famiglia di Davide, che avrebbe dato compimento alla promessa fatta a suo tempo ad Abramo (cfr. La vicenda di Davide, profezia del Messia regale); nella seconda consideriamo la dimensione del peccato che segna la sua storia e ne fa una storia fragile (cfr. La vicenda di Davide, profezia nella fragilità); nella terza ci soffermeremo sulla rivolta del figlio Assalonne che mettendosi contro il padre trascina Israele nel dramma di una guerra civile procurando a Davide l’immensa sofferenza di vedersi rifiutato e combattuto da un figlio. Questa dolorosa vicenda raggiunge vertici tali di umiliazione e di passione da anticipare in modo profetico la stessa passione di Gesù (cfr. La passione di Davide profezia  della  Pasqua di   Gesù).

                                                                                                                 Don Luigi Pedrini