Carissimi Parrocchiani,
per completare la descrizione di Davide come uomo virtuoso, dopo aver sottolineato in lui la virtù del coraggio, della lealtà, della pazienza, della libertà interiore, occorre ricordare ora la virtù della preghiera. Davide è un uomo che prega.
Molti dei centocinquanta salmi contenuti nel libro del Salterio sono stati composti da Davide. Si tratta di preghiere che egli ha rivolto a Dio dando voce ai sentimenti, ai desideri, alle domande che affioravano in lui nelle diverse circostanze della vita. Pertanto, queste preghiere assumono fisionomie diverse che vanno dall’affidamento alla lode, dalla supplica al ringraziamento.
Così dopo il duello vittorioso con Golia Davide innalza a Dio il suo ringraziamento e la sua lode e prega: Benedetto il Signore mia roccia, che addestra le mie mani alla guerra, le mie dita alla battaglia”.
Nella situazione di solitudine e di abbandono che si determina in seguito alla persecuzione di Saul e alla necessità di cercare rifugio nel deserto Davide ritrova fiducia pensando a Dio come l’Altissimo, il Signore che ha creato i cieli e la terra e che, tuttavia, si china sull’uomo e si prende cura di lui dandogli una dignità che lo eleva al di sopra di ogni creatura. Mentre nella notte contempla la volta stellata del cielo esclama: O Signore, Signore nostro, / quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! […] Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, / la luna e le stelle che tu hai fissato, / che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? / Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, / di gloria e di onore lo hai coronato (Sal 8)
Nei momenti più drammatici, quando si sente come braccato da ogni parte e ha l’impressione che sia preclusa ogni via di scampo e di liberazione, la preghiera che innalza assume i contorni della supplica e dell’implorazione: Pietà di me, o Dio, perché un uomo mi perseguita, / un aggressore tutto il giorno mi opprime. / Tutto il giorno mi perseguitano i miei nemici, / numerosi sono quelli che dall’alto mi combattono. / Nell’ora della paura / io in te confido. / In Dio, di cui lodo la parola, / in Dio confido, non avrò timore: / che cosa potrà farmi un essere di carne? (Sal 56).
Anche solo questi accenni bastano per rivelarci che Davide è un uomo che dialoga con Dio. La preghiera sgorga spontanea dal suo cuore e non ha nessun timore, nessuna reticenza nel portare alla luce attraverso le parole che rivolge a Dio i sentimenti più profondi e le domande più vere che porta dentro di sé.
Davide è, dunque, un uomo che ha familiarità con la preghiera. Nella Scrittura, già prima di lui, si incontrano persone che dialogano con Dio. Pensiamo ad Abramo, a Giacobbe, a Mosè. In nessuno però troviamo una preghiera che abbraccia un orizzonte di sentimenti e di domande così ampio così come si riscontra in Davide. Per questo – a giudizio di don Divo Barsotti – Davide è una delle figure più grandi dell’Antico Testamento e lo è per questo senso religioso. […] La grandezza dei personaggi dell’Antico Testamento è sempre e soprattutto nel loro rapporto con Dio. Sembra che questo rapporto con l’Unico sollevi questi uomini al di sopra della condizione umana. Così Abramo, così Elia, così Mosè, così anche Davide. (pp. 184-185).
Leggendo la Scrittura si ricava l’impressione che Davide non possa riferire di sé e delle situazioni che vive senza chiamare in causa il suo rapporto personale con Dio. E questo è significativo: vuol dire che la sua esperienza di Dio sta davvero al cuore della sua esistenza. A ragione possiamo ritenere che proprio questo sentirsi invincibilmente legato a Dio costituisca il segreto della sua vita, il punto di unificazione che fa di lui un uomo virtuoso, un pastore secondo il cuore di Dio.
Don Luigi Pedrini