23 SETTEMBRE 2018

Carissimi Parrocchiani,

stiamo considerando le virtù del giovane Davide. Già abbiamo riferito riguardo al suo coraggio, alla sua lealtà e alla sua pazienza. Ora ci soffermiamo sulla sua testimonianza di libertà interiore.

Davide anche nella situazione di prova estrema in cui viene a trovarsi in seguito alla persecuzione di Saul si dimostra un uomo profondamente libero: fermo nelle sue convinzioni, ma anche scevro da rigidità e chiusure. Davide è un uomo capace di assecondare il corso positivo degli eventi rinunciando all’occorrenza alle decisioni precedentemente prese e cambiando anche parere pur di far prevalere un atteggiamento di dialogo costruttivo e di avvicinamento delle parti.

Una testimonianza significativa di questa duttilità interiore è offerta dalla vicenda di Nabal che è narrata nel cap. 25 del Primo Libro di Samuele.

Nabal viveva stabilmente con la sua famiglia nel deserto ed era un pastore facoltoso: possedeva infatti tremila pecore e mille capre. Nei suoi confronti Davide ha sempre avuto un atteggiamento di benevolenza: ha sempre avuto rispetto per lui, la sua famiglia, la sua proprietà e in alcune occasioni è pure intervenuto con i suoi uomini per difenderlo dai predoni del deserto.

Accade che Davide, passando nei pressi dei suoi terreni nel periodo in cui Nabal, secondo l’usanza, stava facendo festa con i suoi garzoni durante la tosatura del gregge, avendo esaurito le scorte di cibo, invia da lui alcuni dei suoi uomini per chiedergli, quale sorta di ricompensa per la benevolenza che gli ha sempre usato, un approvigionamento di cibo per lui e quanti aveva al suo servizio.

Questa richiesta aveva nella prassi di allora una sua plausibilità. Davide aveva assunto nel deserto la fisionomia del ‘predone’ e viveva di espedienti alla stregua di tuffi i predoni del deserto. Nonostante questo non aveva mai usato la sua forza contro Nabal e, anzi, si era preso a cuore la sua sorte. Ora, pressato dalla necessità, rivendica il diritto ad avere un aiuto in contraccambio.

A questa richiesta però Nabal oppone una risposta sprezzante: “Chi è Davide e chi è il figlio di Iesse? Oggi sono troppi i servi che vanno via dai loro padroni.11Devo prendere il pane, l’acqua e la carne che ho preparato per i tosatori e darli a gente che non so da dove venga?” (vv. 10-11).

Con queste parole egli si dimostra un uomo ingrato, incapace di riconoscere i favori ricevuti. L’affronto era dunque molto grave e Davide sia perché pressato dalla necessità contingente, sia per una questione di puntiglio, ritiene che non vada lasciato impunito. A suo giudizio Nabal merita una punizione proporzionata all’arroganza dell’affronto che gli ha fatto.

Davide andava dicendo: “Dunque ho custodito invano tutto ciò che appartiene a costui nel deserto; niente fu sottratto di ciò che gli appartiene ed egli mi rende male per bene. 22Tanto faccia Dio a Davide e ancora peggio, se di tutti i suoi lascerò sopravvivere fino al mattino un solo maschio!” (vv. 21-25).

Così Davide con i suoi 400 uomini si mette in cammino per raggiungere Nabal e vendicare l’offesa. Entra in scena, però, a questo punto la moglie di Nabal. Ella si rende conto del pericolo che incombe sulla sua famiglia e mentre il marito, stoltamente, va avanti a banchettare e a far festa nel completo disinteresse della richiesta che gli era stata fatta, prende l’iniziativa di andare incontro a Davide.

Di questo incontro riferiremo la prossima volta.

Don Luigi Pedrini