Carissimi Parrocchiani,
offro ora una risposta alla domanda che la scorsa settimana ho lasciato in sospeso: si può interpretare la morte di Saul come l’esito drammatico di scelte negative fatte non tanto da lui, quanto piuttosto dagli Israeliti così che da poter dire che in quel momento stava portando in definitiva il peccato di tutto il suo popolo?
In effetti, il testo biblico sembra orientare proprio in questa direzione. E significativo al riguardo che metta sulla bocca di Samuele, in occasione della evocazione dai morti fatta dalla negromante di Endor, la profezia secondo la quale sarebbero stati consegnati nelle mani dei Filistei non solo Saul e i suoi figli, ma anche gli Israeliti e tutte le loro città.
Dunque, andranno incontro alla rovina non solo Saul e la sua famiglia rei di una regalità malamente esercitata, ma tutto il popolo di Israele come a dire che anche gli Israeliti hanno una responsabilità di fronte alla situazione che è venuta a crearsi. Più precisamente il grave peccato che hanno commesso è stato quello di aver forzato la mano a Dio e di aver preteso da Lui un re a ogni costo.
In questo orizzonte, la fine drammatica di Saul e della sua famiglia va vista non semplicemente come l’esito delle scelte discutibili da lui fatte durante il suo regno, ma come il palesarsi del giudizio negativo che Dio aveva dato a suo tempo sull’iniziativa di avviare una monarchia in Israele.
Dio fin dall’inizio aveva fatto presenti i pericoli e le ambiguità legati all’istituzione monarchica. Ora tutto questo viene allo scoperto producendo il suo frutto di morte.
Va rimarcato che queste ombre, purtroppo, accompagneranno in modo costante tutte le monarchie che si succederanno in Israele. Anche in quelle rappresentate da quei re che nel loro modo di regnare più si avvicineranno alla figura del “pastore secondo il cuore di Dio”, come ad esempio Davide, o Giosia, non mancheranno del tutto.
Tutto questo come a dire che ogni regno umano è intrinsecamente segnato da una debolezza congenita così che ultimamente “ogni monarchia, ogni impero umano è destinato finalmente a tramontare (1 Cor 3,4-20)” (Rossi de Gasperis, op. cit., p. 129).
Nessun re di questo mondo può vantare la certezza di aver avviato un regno che sarà imperituro: “Solo quel Figlio di uomo, che è sì Figlio di Davide secondo la carne, ma insieme è Figlio unico del Padre (Rm 1,1-4) ] riceverà un potere eterno, che non tramonta mai, e un regno che non sarà mai distrutto (Dn 7,13-14)” (Ibidem).
Dunque solo nel Regno di Dio il male sarà completamente vinto dal bene. Tutti gli altri regni sono irrimediabilmente segnati dal limite umano.
Questo vale anche per quel regno fiorente che è stato il regno di Davide: tanti sono infatti i limiti che lo connotano, quantunque si tratti di una storia benedetta da Dio.
Da questo punto di vista possiamo guardare in un orizzonte più ampio la vicenda infelice e drammatica del re Saul e leggervi un messaggio profetico che è illuminante per tutte le successive monarchie: esse non dovranno smarrire l’umile coscienza della loro relatività, quella cioè di essere solo una prefigurazione di un altro Regno, quello vero, quello che non può venire da noi, ma che discende dall’Alto.
Don Luigi Pedrini