Carissimi Parrocchiani,
dopo la pausa dovuta alla festa di Pasqua ritorniamo alla nostra storia per considerare quale ultimo antefatto al Regno di Davide il tramonto del Regno di Saul.
Nel resoconto che stiamo offrendo giungiamo ormai agli avvenimenti che concludono la vita di questo re, il primo di Israele. Saul vive da eroe le sue ultime ore combattendo con coraggio contro i Filistei sul monte Gelboe insieme ai suoi tre figli.
Il testo biblico riferisce i fatti con sobrietà, senza formulare giudizi negativi sul tragico destino a cui Saul va incontro. Indirizza piuttosto verso un atteggiamento di pietà, atteggiamento che poco più avanti si esprimerà compiutamente nel canto funebre che Davide fa sul re e su Gionata.
Come abbiamo già detto Saul muore in battaglia sul monte Gelboe: questo monte chiude a est la pianura di Izreel, così come il monte Carmelo la chiude sul lato occidentale.
Questi due monti hanno un altro particolare in comune: tutti e due hanno visto morire alle loro pendici un consacrato di Dio. Alle pendici del Gelboe muore il re Saul; alle pendici del Carmelo muore quattro secoli dopo il re Giosia. Oltretutto va rimarcato anche il fatto che in entrambi i casi si tratta di due re che cadono trafitti per mano dei nemici: Saul per mano dei Filistei; Giosia per mano degli egiziani del faraone Necao.
Questi particolari assumono un significato più ampio se li leggiamo nell’orizzonte di tutta la storia di salvezza. Infatti, se da una parte avvicinano questi due re tra loro, dall’altra li avvicinano anche a Gesù, il vero re e messia, che su un monte, il Calvario, mentre è in croce, viene trafitto da una lancia. Pertanto, dobbiamo prendere atto di queste singolari affinità che sembrano tracciare una linea di congiunzione che va da Saul a Giosia e si prolunga fino a Gesù.
In questo orizzonte può nascere in noi persino il presentimento che nella vicenda del re Saul e del re Giosia ci sia qualcosa che in certa misura prefigura il mistero di Gesù.
In effetti, Rossi de Gasperis prendendo atto di queste affinità arriva a formulare nel suo commento un sospetto che è arduo, ma che probabilmente coglie nel segno. Scrive: “Qualche cosa ci spinge a sospettare che ambedue (Saul e Giosia) ci siano necessari per abbracciare il mistero dell’ultimo Messia, il servo trafitto del Golgota”. E dopo aver citato questi versetti del quarto canto del Servo del Signore che si trovano nel libro del profeta Isaia: Noi lo giudicavamo castigato, / percosso da Dio e umiliato. / 5Egli è stato trafitto per le nostre colpe, / schiacciato per le nostre iniquità… / il Signore fece ricadere su di lui / l’iniquità di noi tutti… / Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, / per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. / 11Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce / e si sazierà della sua conoscenza… / È stato annoverato fra gli empi, / mentre egli portava il peccato di molti (Is 53,4-6.8,11-12) si domanda: “Non canta anche la sorte di Saul il profeta dell’esilio?”
Dunque, questa domanda provocatoria apre alla possibilità di vedere in Saul un consacrato di Dio che sta portando su di sé un peso che va al di là delle sue responsabilità personali.
Che cosa dire riguardo a questo sospetto? Ha dalla sua parte solo un atteggiamento di generosa benevolenza nei confronti di Saul o è supportato da motivazioni oggettive che permettono di avallare in modo legittimo questa interpretazione? Tenteremo una risposta la prossima volta.
Don Luigi Pedrini