Carissimi Parrocchiani,
facciamo una seconda considerazione sulla vicenda di Davide e Golia. La ricaviamo mettendo a confronto la diversità di sguardo di Saul e di Davide sulla situazione che stanno vivendo.
Lo sguardo di Saul è quello tipico dell’uomo esperto d’armi: ritiene che l’esito positivo degli scontri militari dipenda dalle forze messe in campo, dall’astuzia, dalle armi. Si spiega in questa ottica il fatto che rivesta Davide della sua armatura e si dimostri alquanto meravigliato che il giovanetto a un certo punto se ne liberi. Lo sguardo di Davide è invece quello del credente: nasce da quella saggezza della fede che la Scrittura esalta come il bene più prezioso. Si spiegano in questo orizzonte le scelte che mette in atto: quella di affrontare Golia in duello, ma anche di affrontarlo semplicemente con la fionda e pochi ciottoli raccolti dal torrente. Queste scelte sono coerenti con la sapienza della fede che si affida a quel Dio che ha sempre sperimentato fedele nei momenti della difficoltà e del pericolo. Per questo Davide dice a Golia: “Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti” (v. 45).
Dunque, in questa vicenda si confrontano tra loro la saggezza ‘umana’ rappresentata da Saul e la sapienza credente rappresentata da Davide; la prudenza che si fonda sul calcolo e il coraggio che scaturisce dalla fede.
Venendo a noi dobbiamo dire che questo confronto accompagna la vita della Chiesa fino ai nostri giorni. Infatti, la missione ecclesiale di annuncio e testimonianza richiede necessariamente un atteggiamento prudenziale; esige attenzione alle circostanze, alle situazioni, come pure alle possibili reazioni a cui si può andare incontro: quello che gli altri possono dire, come possono essere interpretate le nostre parole e le nostre scelte.
Questa prudenza pastorale è necessaria e, tuttavia, occorre anche il coraggio di sconfinare talvolta al di là dei terreni sicuri e portarsi negli spazi del ‘non garantito’; diversamente, l’atteggiamento di prudenza rischia di essere un laccio che impedisce di camminare. Si riuscirà in questo modo a difendere le posizioni acquisite, ma non a mettere in atto un vero cammino in avanti.
Al riguardo il Card. Martini fa notare che se Davide non si fosse esposto nell’accogliere la sfida arrogante di Golia, “gli uomini di Saul sarebbero rimasti immobili per sempre di fronte alle forze dei nemici. È Davide che rompe l’immobilità buttandosi al di là di ogni calcolo umano, disprezzando la paura irrazionale, sapendo che il Signore può tutto” (p. 114). Ugualmente la Chiesa: perché non cada nell’immobilità, occorre qualcuno che come Davide prenda coraggio, vinca la paura di navigare a vista e si spinga in mare aperto.
La considerazione interpella la nostra vita e ci spinge a domandarci se la nostra testimonianza nasce dalla prudenza calcolatrice che rifugge dal rischio oppure dalla prudenza che unita alla fede non teme, se necessario, di esporsi. A questa seconda prudenza ci esorta anche papa Francesco nell’Evangelii gaudium quando scrive: “La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4,10) e per questo sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura […]. Osiamo un po’ di più a prendere l’iniziativa” (n. 24).
Don Luigi Pedrini