4 Dicembre 2016

Carissimi Parrocchiani,

abbiamo seguito alla luce dell’esperienza di fede di Mosè, le tappe che secondo San Gregorio di Nissa segnano il sentiero verso l’Alto di ciascuno. Il santo termina questa descrizione parlando del punto di arrivo di questo itinerario. Afferma che il cammino nel deserto – simbolo dell’ascesa dell’anima verso la perfezione – tende a una meta precisa: mira ad arrivare fino a Dio.

È una meta ambiziosa perché non può essere mai del tutto raggiunta dall’uomo dal momento che essendo limitato e peccatore non è in grado di elevarsi fino a Dio che è trascendente e santo. Pertanto, questa ascesa viene a configurarsi come un’incessante corsa verso l’Infinito: l’anima si sente sospinta verso Dio da un desiderio che cresce quanto più avanza verso la perfezione.

Infatti – scrive san Gregorio di Nissa – il nostro “desiderio, prendendo le mosse da ciò che possiamo conoscere, viene a crescere sempre più. Si scoprirà allora che non esiste un termine alla nostra ascesa verso Dio, perché la Bellezza per essenza non possiede limiti e il desiderio di essa non giungerà mai a sazietà” (La vita di Mosè, p. 184).

Per questa strada accadrà anche a noi, come a Mosè, di fare un’esperienza alquanto sorprendente: quantunque ci sia concesso di salire sempre più in alto e di avvicinarci a Dio, tuttavia non ci sentiremo mai arrivati; ugualmente, il nostro desiderio nei suoi confronti non si acquieterà e, pur pregustando già la bellezza di Dio, avvertiremo ancora la distanza da Lui.

Così, san Gregorio di Nissa descrive questa singolare esperienza:

(Come è accaduto a Mosè, che) dopo aver raggiunto così alte cime, la sua brama ancora non è sazia e mira a ottenere di più e avverte di aver ancora sete dopo aver bevuto e prega come se non avesse ottenuto; (così avviene anche) nell’anima che tende per sua natura alla vera bellezza. Essa sorretta dalla speranza di passare da una bellezza inferiore precedentemente ammirata a una superiore ancora nascosta, accende di continuo il suo desiderio. purificata dalle passioni, l’anima non smette di correre, le spuntano le ali. Sale con volo leggero e rapido verso le cime più alte. […] L’anima sale così ad altezze sempre maggiori […] attingendo nuove energie dai risultati raggiunti. Riconosciamo perciò che il grande Mosè, migliorandosi sempre più, mai ha cessato di salire e neppure, ha fissato un termine alla sua ascensione lungo la scala sulla quale stava il Signore. Egli sale di gradino in gradino senza sostare, poiché trova sempre un altro gradino dopo quello che ha lasciato dietro di sé (La vita di Mosè, pp. 181; 186; 178-179).

Dunque, il viaggio dell’anima è un salire sempre più in alto di gradino in gradino. Non è questa una fatica vana, perché questa ascesa arriva fino al punto di poter vedere Dio.

Ci sarà effettivamente concesso di vedere Dio; solo che avverrà nello stesso modo in cui è stato concesso a Mosè che poteva vedere Dio mentre era avvolto nella nube. Questo significa che la visione di Dio a cui noi possiamo arrivare non è mai del tutto nitida; la luce che promana da questa visione non dirada totalmente le ombre. In sostanza è un vedere Dio che si accompagna nello stesso tempo a un non-vedere: è il vedere della fede che è proprio dell’uomo pellegrino su questa terra. Solo al termine del nostro pellegrinaggio scomparirà il velo d’ombra che ci separa da Dio e, allora, finalmente Lo vedremo “a faccia a faccia” (1 Cor 13,12).

Don Luigi Pedrini