21 Febbraio 2016

Carissimi Parrocchiani,

la scorsa settimana mettevo in luce due stranezze nel dialogo che Dio ha intavolato con Mosè in seguito al peccato di idolatria del popolo di Israele.

La prima stranezza consiste nel fatto che Dio parli di Israele non come il ‘suo’ popolo, quello che si è scelto tra tutti i popoli, ma come il popolo che appartiene a Mosè. Pertanto, restiamo colpiti da questa presa di distanza di Dio nei confronti di Israele.

La seconda stranezza la cogliamo invece nei vv. 9-10: II Signore disse inoltre a Mosè: “Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò una grande nazione”  (Es 32,9-10).

Davvero è una richiesta strana. Il Dio sovrano capace di operare prodigi con mano potente sembra quasi chiedere il permesso a Mosè di poter procedere nei confronti di Israele: “Ora lascia…”.

In realtà dietro questa richiesta si percepisce la segreta attesa, da parte di Dio, che Mosè prenda espressamente le distanze dal male che Egli sta minacciando di fare. In sostanza andrebbe intesa così: “Tu Mosè puoi lasciarmi o non lasciarmi fare. Spetta a te decidere, ma io spero che tu non mi lasci fare questo”. Dunque, Dio minaccia il castigo nei confronti di Israele a motivo del suo peccato di idolatria; però, non vuole arrivare alla punizione e spera di trovare in Mosè un intercessore per poter usare misericordia.

Qualcosa di simile si ritrova anche  nel dialogo che Abramo intrattiene con Dio alla vigilia della distruzione di Sodoma e Gomorra. In quella circostanza Dio aveva aperto il suo cuore ad Abramo svelando il destino rovinoso a cui le due città stavano andando incontro, proprio nella speranza di trovare in lui un intercessore grazie al quale usare misericordia alle due città.

E in effetti Dio trova quello che cerca. Abramo intercede, fa la sua richiesta di misericordia per le due città e Dio offre la sua disponibilità a perdonare. Ma questo, purtroppo, non è bastato per ottenere salvezza perché le condizioni che Mosè ha patteggiato con Dio, quantunque minimali – trovare almeno dieci giusti nelle due città –  non sono state soddisfatte.

Non così, invece, nel caso di Mosè. La sua preghiera di intercessione va a buon fine e ottiene grazia per il suo popolo.

In un caso e nell’altro, tuttavia, Dio ha potuto apprezzare il cuore ‘pastorale’ maturato sia in Abramo, sia in Mosè: ha trovato in loro un cuore che condivideva con lui la stessa passione di misericordia. Siamo allora in grado di comprendere, ora, il senso di quelle che abbiamo chiamato le stranezze di Dio: a null’altro miravano se non a condurre Mosè verso la vetta della misericordia che diventa umile e fiduciosa richiesta di perdono per sé e per gli altri.

 

Don Luigi Pedrini