Carissimi Parrocchiani,
continuiamo a porre attenzione a Mosè quale uomo di preghiera che intercede in favore del suo popolo. La testimonianza più rivelativa al riguardo l’abbiamo in occasione del grave peccato di cui gli israeliti si sono resi colpevoli durante la permanenza nel deserto.
Ecco come sono andate le cose. Nella loro marcia nel deserto essi giungono alle pendici del monte Sinai. Mosè per comando di Dio si separa dal popolo e sale sul monte, da solo, a pregare.
La sua permanenza si protrae per diversi giorni al punto che gli israeliti cominciano a pensare male e dubitano ormai di poterlo ancora rivedere. Per questo si rivolgono ad Aronne con una singolare richiesta: “Facci un Dio che cammini alla nostra testa” (Es. 32,1).
Questa richiesta all’apparenza sembra innocua e per nulla riprovevole: in fondo gli israeliti stanno chiedendo di uniformarsi agli usi degli altri popoli, presso i quali era prassi abituale fare delle raffigurazioni di Dio. In realtà, la richiesta è ambigua e fuorviante. Lo evidenzia bene questa considerazione di Alonso Schokel:
È come il caso di un operaio che spinge la sua carriola carica di mattoni per un sentiero infangato, stretto e tortuoso o superando un piccolo fosso per mezzo di alcune tavole traballanti, finché giunge al luogo in cui deve scaricare i mattoni. Egli segue fedelmente la carriola: dove va la ruota va anche lui, a destra, a sinistra... E ci si deve domandare: Chi guida e chi è guidato? L'uomo va dietro, spingendo con due stanghe la carriola senza motore; dove va la ruota va anche lui; ma chi guida e chi è guidato?
Gli israeliti chiedono un dio che cammini davanti a loro. Vogliono un dio che si possa maneggiare, a cui essi possano mettere ruote e stanghe: un'immagine di pietra, di metallo o di legno che essi possano trasportare dove vogliono. L'uomo crea nella sua mente carriole e ruote concettuali, su cui trasporta comodamente il suo dio e va dietro di lui. Chi guida e chi è guidato? Dobbiamo esaminare continuamente la nostra idea di Dio, per vedere se stiamo seguendo lui o le fantasie della nostra mente adattate a ciò che ci conviene (L. A. Schokel, G. Gutierrez, La missione di Mosè, ADP, Roma 1991, pp. 100-101).
Dunque, il rischio reale sotteso alla richiesta è quello di una deformazione del volto autentico di Dio. Il Dio di Mosè che hanno conosciuto attraverso i prodigi dell’Egitto è un Dio sovrano che non si lascia manipolare dall’uomo. Invece, il Dio che vogliono fabbricarsi è un Dio addomesticato, che possono portare dove vogliono. Sta alla loro testa come la carriola, ma non è lui a indicare la strada: chi la indica è colui che sta dietro e che spinge avanti la carriola. Questo Dio che hanno fatto con le loro mani è del tutto manipolabile. Assomiglia a Dio, ma non è Dio: è solo un idolo.
La richiesta degli israeliti viene accolta da Aronne: “Aronne rispose loro: “Togliete i pendenti d’oro che hanno agli orecchi le vostre mogli e le vostre fìglie e portateli a me”. Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso.
Don Luigi Pedrini