22 Novembre 2015

Carissimi Parrocchiani,

continuando a mettere a fuoco le diverse modalità con cui Mosè da vero pastore si è fatto guida del popolo di Israele meritandosi per questo il titolo di ‘servo’, consideriamo ora il servizio che ha svolto per far fronte alle necessità prime: quelle del bere e del mangiare.

La mancanza d’acqua è la prima difficoltà che gli israeliti incontrano inoltrandosi nel deserto: Avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto senza trovare acqua. 23Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, perché erano amare. Per questo furono chiamate Mara. 24Allora il popolo mormorò contro Mosè: “Che cosa berremo?”. 25Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce (Es 15,22-25).

Subito dopo, Mosè deve far fronte alla difficoltà del cibo. Al lamento degli israeliti, Mosè risponde riferendo in quale maniera Dio nella sua fedeltà alla promessa provvederà alle loro necessità: “Questa sera saprete che il Signore vi ha fatto uscire dalla terra d’Egitto e domani mattina vedrete la gloria del Signore, poiché egli ha inteso le vostre mormorazioni contro di lui.[…] Quando il Signore vi darà alla sera la carne da mangiare e alla mattina il pane a sazietà, sarà perché il Signore ha inteso le mormorazioni con le quali mormorate contro di lui (Es 16,1-8).

Le difficoltà dovute alla mancanza d’acqua e di cibo si presenteranno continuamente durante la permanenza nel deserto e sono sempre segnate dalla protesta e dal lamento degli israeliti.

Da parte sua, Mosè con grande pazienza se ne fa carico ogni volta, incoraggiando il popolo ad avere fede e intercedendo presso Dio perché abbia a soccorrere. In questo modo Mosè si dimostra un pastore davvero vicino alla gente, che ha ‘l’odore delle pecore’ – secondo l’efficace espressione di Papa Francesco – e che per questo sa venire incontro alle necessità prime degli israeliti. Commenta in proposito il Card. Martini: “Resta vero che non senza provvidenza di Dio (Mosè) ha dovuto imparare a fare un po’ di tutto, rendendosi conto di persona di tutti i bisogni della gente e imparando che ci sono bisogni essenziali e servizi necessari, fino a diventare molto realista. In tal modo ha perso un forse po’ del suo idealismo… si è accorto che ci sono bisogni urgenti a cui bisogna provvedere subito, che la gente grida, che la gente ha fame” (p. 82).

Certo, Mosè nutriva per il suo popolo progetti molto più alti che andavano ben al di là della pura sopravvivenza. Desiderava fare degli israeliti un vero popolo, radicato nella propria terra e, soprattutto, libero in forza del sua appartenenza a Dio. Questa era l’aspettativa grande che Mosè portava in cuore.

E, tuttavia, si rende conto che lungo i passi che conducono verso questa meta alta si incontrano necessità su cui non si può tergiversare. E, allora, si piega, si adatta, se le prende a cuore.

Come Gesù: aveva soprattutto a cuore di darci il pane vero, quello del cielo; ma vede una folla che ha fame e allora…(Gv 6,1ss).

Don Luigi Pedrini