Carissimi Parrocchiani,
da tempo stiamo seguendo la vicenda di Mosè. Ci siamo fermati in particolare sugli avvenimenti che hanno segnato il suo ‘sentiero’ di vita: la nascita tutta avvolta dalla Provvidenza di Dio che lo salva dalle acque del Nilo e gli fa trovare accoglienza nella casa del faraone; il ritiro nel deserto fino alla chiamata sul Sinai; quindi, la sua missione di salvezza a favore degli israeliti che lo vede protagonista nello scontro con il faraone e, poi, nell’attraversamento del Mar Rosso.
A questi avvenimenti fa seguito il cammino nel deserto. Un cammino, durato quarant’anni, nel quale la fede degli israeliti viene messa alla prova. La situazione di povertà, nella quale il popolo di Israele doveva attendere dal ‘cielo’ il cibo quotidiano e l’acqua per sopravvivere, lo ha condotto a riporre in Dio tutta la sua speranza,
Non è stato un apprendistato facile: ci sono stati momenti drammatici in cui gli israeliti hanno vacillato nella fede, dubitando di Dio e accarezzando l’idea di ritornare nuovamente in Egitto. Ma proprio attraverso questa prova, la fede degli israeliti si è purificata e irrobustita, diventando una fede capace di assumere con sempre maggiore consapevolezza il dono dell’appartenenza a Dio. Nel deserto, infatti, Israele è nato come popolo ‘consacrato’ a Dio, cioè come popolo che si riconosce tale a partire dall’alleanza che lo lega a Dio.
Mosè ha condiviso in tutto il cammino di fede degli israeliti svolgendo un prezioso servizio di accompagnamento. È significativo il fatto che uno dei titoli con cui la Scrittura ama designare Mosè è quello di ‘servo’. Così ad esempio nel libro dei Numeri si legge: 7Non così per il mio servo Mosè: egli è l’uomo di fiducia in tutta la mia casa (Nm 12,7. Ugualmente nel libro del Deuteronomio: 5Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nella terra di Moab, secondo l’ordine del Signore (Dt 34,5). La prerogativa di servo fedele è riconosciuta a Mosè anche dal Nuovo Testamento. Nella Lettera agli Ebrei si legge: 5In verità Mosè fu degno di fede in tutta la sua casa come servitore, per dare testimonianza di ciò che doveva essere annunciato più tardi. 6Cristo, invece, lo fu come figlio, posto sopra la sua casa (Eb 3,5-6).
Questi testi vogliono affermare che Mosè ha assolto pienamente la sua missione di servizio: è stato nelle mani di Dio l’uomo di fiducia al quale ha affidato la sua casa, cioè Israele, popolo a lui consacrato. Dunque, la Scrittura, guardando in una visione di insieme la vita di Mosè e la missione da lui svolta, riconosce che essa è ben interpretata dal titolo di ‘servo’.
Mi sembra utile a questo punto documentare meglio come si è espresso nel concreto il servizio di Mosè nei confronti degli Israeliti. Lo vedremo nelle prossime settimane.
Fin d’ora, tuttavia, possiamo ricavare un insegnamento per noi: l’emergere sempre più nitido, dopo il passaggio del Mar Rosso, di Mosè come servo del Signore ci ricorda che il nostro passaggio del Mar Rosso ci conduce – come è accaduto a Mosè e al popolo di Israele – non a una vita più agevole, ma a una vita ‘evangelica’, ossia a una vita di servizio a Dio nei fratelli.
Don Luigi Pedrini