Carissimi Parrocchiani,
riflettendo sulla figura del faraone, abbiamo potuto constatare in lui un atteggiamento ambivalente.
Da una parte si dimostra un uomo liberale, intelligente, aperto al dialogo: quantunque le parole di Mosè lo mettano in crisi, tuttavia, lo ascolta, non lo fa arrestare, non lo fa uccidere, accetta il confronto; dall’altra, però, fino all’ultima piaga – quella decisiva – non se la sente di concedere ad Israele di ritornare nella sua terra. Dopo l’iniziale disponibilità all’indomani della piaga che colpisce l’Egitto ritorna puntualmente sulla sua posizione intransigente di partenza.
In questo atteggiamento ambivalente possiamo riconoscere il limite tipico dell’uomo che si lascia condizionare dalla posizione che occupa e dal ruolo che svolge.
Il faraone da una parte intuisce che il tempo è maturo perché Israele lasci l’Egitto e che la strada prospettata da Mosè è quella giusta; dall’altra, però, teme che la partenza di Israele incontri la disapprovazione del suo popolo e abbia anche dei contraccolpi negativi non indifferenti sull’economia egiziana.
Così, il timore di fare brutta figura di fronte al suo popolo e di compromettere in certa misura il suo potere spiega l’atteggiamento di resistenza che assume e che mantiene sostanzialmente fino all’ultima piaga. Si spiega anche l’atteggiamento molto rigido e duro che ha assunto all’inizio del confronto con Mosè. La sua risposta è stata:
[17] Rispose: “Fannulloni siete, fannulloni! Per questo dite: Vogliamo partire, dobbiamo sacrificare al Signore. [18] Ora andate, lavorate! Non vi sarà data paglia, ma voi darete lo stesso numero di mattoni” (5,16-17).
Alla radice di questo atteggiamento ambivalente intravediamo il dramma interiore di questo uomo di governo per cui vorrebbe andare incontro alle richieste di Mosè e per questo arriva a riconoscere persino di essersi sbagliato, di aver peccato, ma subito dopo ritratta tutto quello che ha detto e ritorna sui suoi passi per timore di mettere in crisi tutto il sistema economico dell’Egitto e di fallire come sovrano.
Concludendo possiamo dire di trovarci di fronte a un uomo abile, intelligente, anche nobile d’animo, ma interiormente condizionato dal suo ruolo di governo e di potere.
Don Luigi Pedrini