Carissimi Parrocchiani,
seguendo la vicenda delle piaghe d’Egitto ci siamo soffermati sulla figura del faraone. Anche nei suoi atteggiamenti di resistenza ad assecondare il disegno di Dio e nella progressiva apertura del suo cuore possiamo cogliere qualche insegnamento per la nostra vita.
Giù abbiamo avuto modo di riconoscere in lui un uomo fondamentalmente onesto e aperto al confronto leale. In effetti egli appare come un uomo schietto che dice pane al pane e vino al vino: un uomo che ha il coraggio di dire le cose come sono. Lo si vede chiaramente nel dialogo che fa seguito alla piaga della cavallette.
[8] Mosè e Aronne furono richiamati presso il faraone, che disse loro: “Andate, servite il Signore, vostro Dio! Ma chi sono quelli che devono partire?”. [9] Mosè disse: “Andremo con i nostri giovani e i nostri vecchi, con i figli e le figlie, con il nostro bestiame e le nostre greggi perché per noi è una festa del Signore”. [10] Rispose: “Il Signore sia con voi, come io intendo lasciar partire voi e i vostri bambini! Ma badate che voi avete di mira un progetto malvagio. [11] Così non va! Partite voi uomini e servite il Signore, se davvero voi cercate questo!” (Es. 10,8-11).
Come si vede, il faraone è molto esplicito: asseconda la richiesta di Mosé, ma si rende conto che la richiesta di allontanarsi tre giorni di cammino portando con sé tutta la famiglia nasconde l’intenzione di uscire dall’Egitto per sempre. Per questo senza mezzi termini dichiara che la richiesta nasconde un secondo fine, “un progetto malvagio”. Se l’intenzione è davvero quella di sacrificare al Signore, per questo non è necessario che partano gli uomini con l’intera famiglia.
Il faraone è anche un uomo disposto a ricredersi e a non irrigidirsi sui suoi principi. Così, ad esempio, dopo la piaga delle rane, si dimostra disponibile a lasciare partire Israele, contrariamente a all’indisponibilità manifestata fino a quel momento: Fece chiamare Mosè e Aronne e disse: “Pregate il Signore, perché allontani le rane da me e dal mio popolo; io lascerò andare il popolo, perché possa sacrificare al Signore!” (Es 8,4).
Non solo. Oltre a saper prendere le distanze dalle sue posizioni, è un uomo che ha l’umiltà di riconoscere i propri sbagli. Dopo la piaga della grandine dice a Mosè ad Aronne: “Questa volta ho peccato: il Signore ha ragione; io e il mio popolo siamo colpevoli. Pregate il Signore: basta con i tuoni e la grandine! Vi lascerò partire e non resterete qui più oltre” (Es 9,27-28). E dopo l’ultima piaga, quella decisiva che lo convincerà definitivamente a venire incontro alla richiesta di Mosè e di Aronne confessa: “Ho peccato contro il Signore, vostro Dio, e contro di voi. Ma ora perdonate il mio peccato anche questa volta e pregate il Signore vostro Dio perché almeno allontani da me questa morte!” (Es 10,16-17) .
Dunque, nel faraone vediamo un uomo che si sforza di capire la situazione degli altri e che sa riconoscere i propri sbagli. Le parole della seconda citazione manifestano una grande umiltà: sono parole che anticipano quelle che Gesù metterà in bocca al figliol prodigo: “Padre ho peccato contro il Cielo e contro di te. Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio” (Lc 15,18-19)
Don Luigi Pedrini