26 Aprile 2015

Carissimi Parrocchiani,

lasciamo il capitolo 3 ci mettiamo in ascolto del capitolo 4 dell’Esodo. È un testo che possiamo definire di ‘transizione’: svolge cioè la funzione di collegamento tra il racconto della vocazione di Mosè (cap. 3) e quello del suo primo incontro con il faraone (cap. 5). Apparentemente sembra una pagina di secondaria importanza sulla quale si potrebbe sorvolare e passare oltre; in realtà non è così. Come insegnano bene i Vangeli, i testi di questo genere (si pensi ad esempio ai cosiddetti ‘sommari’) sono molto importanti perché focalizzano alcune idee di fondo, riassumono quello che è stato detto prima e preparano i successivi sviluppi narrativi. Così anche in questo capitolo: ricompaiono i temi già accennati precedentemente (gli ebrei schiavi in Egitto, Mosè nella situazione di profugo, la sua vocazione e missione) e sono anticipati gli avvenimenti successivi (le piaghe, l’emergere della figura di Aronne, il profilarsi dello scontro con il faraone).

Da parte nostra ci mettiamo in ascolto di questo testo sempre secondo l’angolatura che abbiamo scelto: quella del cammino di fede di Mosè.

Il capitolo si apre con le obiezioni che Mosè solleva nei confronti della missione che Dio vuole affidargli. La prima obiezione riguarda l’indifferenza e l’incredulità che potrebbe incontrare nei suoi fratelli, gli israeliti: “Ecco, non mi crederanno, non daranno ascolto alla mia voce, ma diranno: “Non ti è apparso il Signore!””. La risposta di Dio è molto puntuale: Il Signore gli disse: “Che cosa hai in mano?”. Rispose: “Un bastone”. Riprese: “Gettalo a terra!”. Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente, davanti al quale Mosè si mise a fuggire. Il Signore disse a Mosè: “Stendi la mano e prendilo per la coda!”. Stese la mano, lo prese e diventò di nuovo un bastone nella sua mano. “Questo perché credano che ti è apparso il Signore, Dio dei loro padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe”. Il Signore gli disse ancora: “Introduci la mano nel seno!”. Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco, la sua mano era diventata lebbrosa, bianca come la neve. Egli disse: “Rimetti la mano nel seno!”. Rimise in seno la mano e la tirò fuori: ecco, era tornata come il resto della sua carne. “Dunque se non ti credono e non danno retta alla voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo! Se non crederanno neppure a questi due segni e non daranno ascolto alla tua voce, prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l’acqua che avrai preso dal Nilo diventerà sangue sulla terra asciutta”. Come si vede, Dio ha già predisposto tutto, ha pure previsto come Mosé dovrà far fronte alle resistenze da parte del faraone e degli egiziani.

La seconda obiezione fa leva, invece, sulla sua modesta capacità comunicativa:. Disse al Signore: “Perdona, Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono stato né ieri né ieri l’altro e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua”. Anche qui la risposta del Signore è precisa: Il Signore replicò: “Chi ha dato una bocca all’uomo o chi lo rende muto o sordo, veggente o cieco? Non sono forse io, il Signore? 12Ora va’! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire”. Dunque, Dio provvederà anche a questo: sarà lui a mettere sulla sua bocca le parole appropriate e a dargli la forza necessaria. Mosè, però, non è ancora del tutto convinto e la tentazione di tirarsi indietro è forte, al punto che arriva a dire: “Perdona, Signore, manda chi vuoi mandare!.  Dio, però, non si lascia scoraggiare e insiste…

Don Luigi Pedrini