08 Marzo 2015

Carissimi Parrocchiani,

abbiamo lasciato Mosè che, davanti al roveto, vive l’esperienza inattesa dell’incontro con Dio: un Dio che lo cerca, un Dio che lo chiama per nome e che, da come si presenta, lascia trasparire quanto sia vicino a lui e al popolo di Israele oppresso in Egitto.

Ora, dopo le parole di presentazione, Dio dichiara espressamente ciò che sta per realizzare a favore del suo popolo e per il quale chiede la disponibilità a Mosè.
7Il Signore disse: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. 8Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. 9Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono (Es 3,7-9).
In questi versetti possiamo notare come è forte l’accento di Dio sul fatto che l’iniziativa è sua: “Ho osservato… ho udito … conosco… sono sceso… ho visto”. Di riflesso possiamo cogliere in questa sottolineatura anche un velato rimprovero nei confronti di Mosé. Un rimprovero che, con le parole del Card. Martini, potremmo esplicitare così: “Vedi Mosè credevi di essere tu a farti carico del mio popolo e di dover fare tu da intermediario verso di me perché io mi rendessi sensibile. Tu non hai mai pensato che questo potesse essere opera mia e, ingenuamente, ti sei buttato a piene mani come se tutto dipendesse da te e non da me. Adesso devi ripensare tutto in questa ottica”.

Dunque, Mosè è invitato a rileggere gli avvenimenti del suo popolo mettendosi dal punto di vista di Dio. Dio, da parte sua, ritiene che Mosè sia ormai pronto per fare questo passaggio di conversione. Ed ecco, allora, il mandato che gli affida: “Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!” (v. 10).

Possiamo cogliere in questa richiesta tutta l’arte pedagogica di Dio: Egli ha saputo attendere molti anni e ha portato Mosè a distaccarsi gradualmente dal suo protagonismo. Ora che lo ha aiutato anche a rendersi conto che il vero protagonista è Lui, lo rimanda in Egitto: “Io ti mando dal faraone”. In tutto questo, non dice una parola su quello che quarant’anni prima è accaduto e con la sua parola autorevole invia Mosè proprio là dove a suo tempo ha fallito ed è stato costretto a fuggire. In questo modo, Dio riprende in mano le fila sparse della vita di Mosè e lo rimette in cammino.

Contemplando Mosè che ritorna sui suoi passi e si prepara a presentarsi al faraone per chiedere la liberazione del suo popolo, viene da dire sta che sta chiudendo una parentesi della sua vita e ritorna al punto di partenza; in realtà, non è proprio così. Infatti, le stesse cose ora sono vissute da Mosè con uno spirito diverso: egli sa bene che ciò che lo attende non è opera sua, ma è opera di Dio.

Don Luigi Pedrini