01 Marzo 2015

Carissimi Parrocchiani,

Mosè ha ormai compiuto la salita sul monte e ha davanti a sé il roveto che brucia senza consumarsi. Sta per avvicinarsi, quando Dio dal roveto lo chiama: “Mosè, Mosè!”. In quel luogo deserto Mosè si sente chiamare per nome due volte e anche se il suo “Eccomi” di risposta è pronto, deve essere stato grande lo sconcerto che ha provato: un miscuglio di paura e di meraviglia.

Il nome viene ripetuto due volte. Nella Bibbia è una cosa abbastanza rara e, in genere, avviene nel momento in cui una persona deve fare un passo in avanti nel suo cammino di fede. Pensiamo ad esempio ad Abramo chiamato due volte perché desista dal sacrificare il proprio figlio Isacco (Gen 22,1). Pensiamo a Marta che Gesù chiama ripetendo per due volte il suo nome per invitarla a distaccarsi dalle occupazioni e a dare più spazio alla sua iniziativa e all’ascolto della Parola.

Qualcosa del genere Dio sta per chiedere a Mosè: egli, chiamato per due volte da Dio, si rende conto che sta per vivere un momento importante e che la sua vita è giunta a un bivio decisivo.

Dio riprende a parlargli e gli rivolge parole inaspettate: “Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!” (v. 5). Dunque, Mosè non si sente dire: “Bravo, Mosè. Sei stato coraggioso e generoso. Non hai esitato a separarti dal tuo gregge per venire fin qui”, ma: “Non avvicinarti, togliti i sandali”.

Mosè era intenzionato ad avvicinarsi al roveto per contemplare quel prodigio, ma porta ancora in sé la sua visuale riguardo a Dio e al suo modo di agire nella storia. Egli ha bisogno di liberarsi dai piccoli schemi nei quali è tentato di racchiudere Dio. Questo è il significato di quel comando: “Togliti i sandali”. È come se Dio gli dicesse: “Vedi Mosè se vuoi stare alla mia presenza, se vuoi incontrarmi, devi toglierti i sandali, cioè devi mettere da parte le idee anguste che nutri a mio riguardo e aprirti alla novità del mistero. Non sei tu che devi tirare me sulla tua lunghezza d’onda, ma il contrario”.

A questo punto Dio si auto presenta: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio (v. 6).

Con questa dichiarazione Dio aiuta Mosè a scoprire il suo vero volto: Egli non è un Dio lontano e sconosciuto. È un Dio familiare, che si è legato ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe. È il Dio che è entrato personalmente nella storia di queste famiglie e si è legato al popolo nato da loro con un patto di fedeltà.

Con questa rivelazione Dio invita Mosè a ricordarsi della storia del suo popolo e a prendere le distanze dalla tentazione – che doveva essere forte in lui dopo il fallimento subito in Egitto – di rimuoverla. Dunque, Mosè è chiamato a riappropriarsi di quel passato nel quale Dio si è fatto presente testimoniando la sua cura fedele verso il popolo di Israele: la promessa che ha fatto ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe rimane valida e andrà a compimento.

Don Luigi Pedrini