15 Febbraio 2015

Carissimi Parrocchiani,

seguiamo i passi di questa ‘storia nuova’ che Dio va costruendo ora con un intero popolo e la seguiamo a partire da un’angolatura particolare, quella della missione di Mosè. Iniziamo dall’avvenimento che ha segnato la svolta della sua vita: la chiamata di Dio.

Mosè, da quarant’anni ormai vive presso il suocero: lì ha imparato a pascolare un gregge non suo. Sono anni di solitudine in cui impara a guardare sempre più a distanza il suo passato e si lascia alle spalle quel progetto di liberazione del suo popolo che, a suo tempo, aveva considerato come possibile missione della sua vita. Un giorno, mentre si trova nel deserto è spettatore di un fatto inspiegabile: vede a distanza un roveto avvolto dalle fiamme e che, tuttavia, non si consuma.

Siamo di fronte a un fatto misterioso che domanda una spiegazione. Le interpretazioni esegetiche di questo testo hanno dato al riguardo una duplice risposta. Abbiamo, anzitutto, una risposta che possiamo chiamare ‘teologica’ perché vede nel roveto ardente un segno anticipatore del mistero dell’Incarnazione: il fatto che il roveto bruci senza consumarsi sta dire che l’uomo (rappresentato dal roveto) si incontrerà con Dio (rappresentato dal fuoco) e tuttavia non sarà distrutto. Ecco come un biblista dei nostri giorni esprime tutto questo:
Noi ci incontriamo continuamente con Dio, eppure facciamo la nostra vita di sempre. Rimarremo per l’eternità in Dio e non saremo consumati da questo fuoco. Permanenza della natura umana in Cristo. Mistero grandissimo: Dio è uscito da sé; tu sei consumato eppure non consumato; muori e rinasci continuamente. Dalle ceneri della tua morte nasce una vita più alta: tu possiedi la vita stessa di Dio. Il roveto arde, ma non consuma. Mistero di Cristo e di tutti i cristiani. Si vive la nostra povera vita, eppure tutto è pieno di Dio. Noi viviamo con lui in semplicità, restiamo semplici uomini, ma possediamo l’immensità del suo dono (D. Barsotti)
La seconda risposta, invece, vi legge un rimando a ciò che Mosè deve scoprire in se stesso: egli pensa che il progetto di liberazione coltivato in gioventù appartenga al passato e non si rende conto che in realtà continua a vivere dentro di lui, nascostamente, ma è come una brace sepolta sotto la cenere che improvvisamente può tornare a divampare. Secondo questa interpretazione il roveto ardente è uno specchio di quello che Dio sta per operare in Mosè: Dio è venuto per rianimare in lui un fuoco che egli credeva consumato per sempre. Così, commenta P. Stancari:
Mosè scopre improvvisamente qualcosa che lo butta in faccia ad un mistero non ancora sondato. C’è qualcosa dentro di lui che – malgrado tutto – non viene meno: al fondo della sua intera esperienza di uomo ormai finito e di condottiero mancato, Mosè avverte una presenza che non si consuma. Egli scopre dentro di sé l’ardore di una fiamma che brucia senza consumarsi, come una passione, quieta e profondissima, che sia in grado di trarre nuova forza dal suo stesso bruciare. […] Mosè non capisce: è come se la passione che lo divora brillasse di nuovo vigore, man mano che egli si sente sprofondare nel buio della delusione… è come se il suo amore per la giustizia e per il suo popolo si ravvivasse, man mano che egli si sente invecchiare e morire. Mosè non capisce ancora…

Don Luigi Pedrini