19 Ottobre 2014

San Leonardo Confessore (Linarolo), 19 Ottobre 2014

Carissimi Parrocchiani,

accennavo la settimana scorsa che l’Egitto non è una terra che aiuta a fare affidamento alla Provvidenza di Dio. Essa dispone di quel grande fiume che è il Nilo capace di assicurare acqua in abbondanza anche nei tempi di siccità e anche se l’acqua non viene dal cielo, l’egiziano può attingere col lavoro a questo grande serbatoio e così irrigare la campagna perché fruttifichi. Non servono, dunque, mani rivolte al cielo in preghiera, ma mani operose che con la fatica e l’intraprendenza del lavoro sanno porre rimedio alla penuria della pioggia.

La terra di Canaan le cose stanno diversamente. Essa, a differenza dell’Egitto non è attraversata da un grande fiume simile al Nilo. È un “paese di monti e valli” che per essere irrigato ha bisogno, invece, della pioggia del cielo. In quella terra il popolo di Israele, quasi di necessità, sarà portato a vivere maggiormente appoggiato al suo Dio. La geografia della terra favorirà un atteggiamento di affidamento alla Provvidenza divina.

Da questo punto di vista si può dire che Egitto e Terra promessa rappresentano due modi diversi di guardare la vita: l’Egitto rappresenta l’uomo che ritiene di potersi costruire da solo con le proprie forze e la propria intraprendenza; la Terra promessa rappresenta, invece, l’uomo che si lascia costruire da Dio.

A questo si deve aggiungere che l’Egitto era anche la terra della confusione, perché vi si veneravano come divinità gli animali, il fiume, il sole, cioè quelle creature che nel libro della Genesi sono chiaramente distinte da Dio e vengono semplicemente qualificate come ornamenti della creazione. Anche il sole e la luna, tanto considerati dalla religiosità egiziana, per la Scrittura sono soltanto due lampade che illuminano la terra: la lampada grande per il giorno e quella piccola per la notte. Lo stesso faraone in Egitto era considerato una divinità, contrariamente alla Scrittura che sa distinguere bene tra Dio in quanto Creatore e l’uomo in quanto creatura.

Dunque, in Egitto si confondono le creature con Dio e anche questo diventa insieme all’oppressione della schiavitù, un altro motivo per uscire dall’Egitto: non si può vivere nel paese della confusione.

Mosè è l’uomo che riceve da Dio la missione di liberare il suo popolo dalla schiavitù e di ricondurlo nella terra di Abramo: la terra di Canaan, la terra promessa.

Questa missione lo impegnerà a lottare contemporaneamente su due fronti: con il faraone primariamente, ma anche con il suo stesso popolo. E si comprende: è sempre difficile lasciare la terra in cui da tempo si vive, anche se è una terra di schiavitù. Partire per il popolo di Israele voleva dire inoltrarsi nel deserto e incamminarsi verso una terra di libertà che, però, appariva lontana e quasi un sogno impossibile. In questo contesto è del tutto comprensibile che sia molto forte la tentazione di prendere tempo.

 Don Luigi Pedrini