San Leonardo Confessore (Linarolo), 01 Settembre 2013
Carissimi Parrocchiani,
dopo la lunga pausa dovuta, in parte, al tempo delle ferie; in parte, all’infortunio che mi ha costretto a rallentare un po’ le attività, riprendiamo a metterci in ascolto della vicenda di Giuseppe.
Abbiamo considerato le disillusioni a cui è andato incontro e che hanno contribuito a farlo crescere sia umanamente che spiritualmente.
Nella casa di Potifar ha conosciuto, a causa delle false accuse della moglie di lui, la disillusione dell’onestà; in prigione, invece, in seguito alla dimenticanza da parte del coppiere, ha sperimentato la disillusione dell’amicizia.
Ora, vogliamo sostare su questa situazione di prigionia ingiusta, inattesa e prolungata in cui Giuseppe è venuto a trovarsi. È il punto più basso in cui è sprofondato: dopo questa amara esperienza inizierà per lui il cammino della risalita.
Noi ci accostiamo a questa sofferta vicenda nell’ottica di voler raccogliere, anche in questo caso, qualche insegnamento per la nostra vita. La cosa può sorprendere: cosa può mai dirci un’esperienza di questo genere che, almeno sull’immediato, appare ai nostri occhi così lontana dal nostro vissuto quotidiano?
Eppure, tutto cambia se vediamo la prigionia come un simbolo della vita. Letta in questa prospettiva la prigione rimanda a tutte quelle situazioni negative che possiamo incontrare, quelle situazioni che, in certa misura, limitano la nostra libertà e ci fanno sentire il bisogno di essere liberati.
L’anelito alla libertà, allora, è anche nostro e non solo di chi si trova fisicamente in carcere. Del resto, quando Gesù parla di una libertà che è suo dono e afferma: “Se, dunque, il Figlio vi farà liberi, allora sarete veramente liberi” (Gv 8,36) allude, in fondo, ad una situazione di prigionia in cui ci troviamo e addita un traguardo di libertà a cui vuole condurci.
Questa sosta riflessiva sull’esperienza di Giuseppe in prigione ci consente anche di aprire uno sguardo contemplativo sulle tante situazioni di prigionia che ci sono attorno a noi, nel mondo; ad essere spiritualmente vicini a quanti, per ragioni diverse, vivono il dramma del carcere: a volte giustamente per aver sbagliato; a volte ingiustamente a causa della cattiveria umana.
Inoltre, possiamo anche contemplare il volto di Gesù proprio da questa angolatura: non dobbiamo, infatti, dimenticare che anche Gesù, durante la sua passione, è stato consegnato in mano agli uomini e ha conosciuto l’umiliazione dell’arresto e della prigione.
Don Luigi Pedrini