San Leonardo Confessore (Linarolo), 28 Aprile 2013
Carissimi Parrocchiani,
voglio sostare ancora sull’episodio che vede Giuseppe messo alla prova nella sua onestà per concludere con due brevi considerazioni.
Anzitutto, il testo dice che Giuseppe per non cedere alla seduttrice ha fatto la scelta radicale della fuga: lasciò tra le mani la veste, fuggì e uscì. In precedenza, sono molto significative le ragioni che Giuseppe ha portato per giustificare il suo diniego. In primo luogo, protesta la sua intenzione di giustizia e di onestà nei confronti del padrone; in secondo luogo, si difende appellandosi in ultima istanza a Dio: Come potrei fare questo grande male e peccare contro Dio?
Dunque, Giuseppe fa fronte a questa situazione chiamando in causa direttamente il suo rapporto con Dio. Per lui, c’è in gioco una questione di appartenenza a Dio riguardo alla quale non è disposto a scendere a compromessi.
L’esperienza dice che questa coscienza viva di appartenenza a Dio non si improvvisa, matura a poco a poco, mette radice attraverso la preghiera e la contemplazione. Infatti, è proprio del contemplativo arrivare a riconoscere Dio in tutte le cose, trovarlo in tutti gli eventi, percepirlo come colui che lo guida, lo custodisce, lo salva, lo ama, così che tutto sia commisurato su di Lui.
Da questo punto di vista scopriamo Giuseppe come un uomo dalla ricca interiorità che, attraverso la preghiera, vive amichevolmente il suo rapporto con Dio, rapporto così solido e radicato da resistere a qualsiasi lusinga fuorviante.
La seconda considerazione riguarda la punizione della prigionia a cui Giuseppe va incontro. Una punizione ingiusta, non meritata. Piuttosto, a motivo della sua onestà e della sua fede, Giuseppe poteva aspettarsi un intervento di Dio che facesse verità e smascherasse l’inganno, così da risparmiargli la dura prova del carcere. Le cose, però, non sono andate così.
La storia di Giuseppe ci rimanda continuamente al mistero della croce che attraversa la vita del discepolo. Chiunque decide di seguire Cristo e di fare la sua stessa strada sa che i conti – se letti secondo la logica del mondo – non tornano. Giuseppe ci insegna che spesso il bene non solo non ha la ricompensa dovuta, ma anche va incontro al fraintendimento, all’incomprensione, fino all’opposizione palese. E questo perché il mondo, viaggiando su parametri che non sono quelli del servizio e del dono gratuito di sé, prova fastidio di fronte a chi cammina nel bene.
Giuseppe, tuttavia, andrà avanti per la sua strada: al male non risponderà con il male e continuerà a perseverare nel bene.
Anche Gesù farà lo stesso: all’ingiusta condanna a morte risponderà con un amore capace di donarsi fino alla fine.
Don Luigi Pedrini