10 Marzo 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo),  10 Marzo 2013

Carissimi Parrocchiani,

abbiamo lasciato Giuseppe ormai inserito nella casa di Potifar, il consigliere del faraone di cui si è guadagnato la piena fiducia. Ma, ecco, ora l’insidia che mette alla prova la sua rettitudine.

 [7]Dopo questi fatti, la moglie del padrone gettò gli occhi su Giuseppe e gli disse: <<Unisciti a me!>>.

 A motivo della sua bellezza Giuseppe è desiderato dalla moglie di Potifar. L’approccio molto diretto autorizza a fare qualche supposizione: forse questa donna soffriva a motivo di una certa disaffezione da parte del marito e, probabilmente, era una donna frustrata nella sua femminilità. La ragione del suo comportamento non è tanto perché sia innamorata di Giuseppe, ma perché vorrebbe in questo modo ingelosire il marito. A conferma di questa scarsa attenzione che incrina i legami familiari depone anche la grande libertà che Potifar concede a Giuseppe nei riguardi della moglie.

 [8]Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone: <<Vedi, il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella sua casa e mi ha dato in mano tutti i suoi averi. [9]Lui stesso non conta più di me in questa casa; non mi ha proibito nulla, se non te, perché sei sua moglie. E come potrei fare questo grande male e peccare contro Dio?>>.

 Giuseppe, messo alla prova, non cede e questo per due ragioni: da una parte, vuole essere fedele al suo padrone e, così, ripagare con l’onestà la fiducia che gli accorda; dall’altra, non vuole peccare contro Dio, compromettendo quell’appartenenza a Lui che è ormai il senso della sua vita.

 [10]E, benché ogni giorno essa ne parlasse a Giuseppe, egli non acconsentì di unirsi, di darsi a lei.

 La tentazione è insistente: è una sorta di stillicidio continuo a cui Giuseppe oppone una resistenza quotidiana, anche se – forse, anche in questo caso, – con un po’ di ingenuità. Egli non si rende conto, probabilmente, che il suo rifiuto non è risolutivo e che la donna, lungi dall’accontentarsi della sua risposta, si sarebbe, anzi, indispettita fino a farne una questione di puntiglio personale. E, infatti, un giorno, mentre Giuseppe è in casa e non ci sono gli altri domestici, la donna

 [12 lo afferrò per la veste, dicendo: <<Unisciti a me!>>. Ma egli le lasciò tra le mani la veste, fuggì e uscì.

A questo punto, a Giuseppe non resta che la fuga. Va notato che – paradossalmente – al centro di questa vicenda troviamo ancora la veste che, qui, simboleggia la dirittura morale di Giuseppe. Egli è, davvero, l’immagine perfetta dell’uomo biblico: l’uomo timorato di Dio che cammina con onestà davanti a Lui.

 Don Luigi Pedrini