3 Febbraio 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo),  03 Febbraio 2013

Carissimi Parrocchiani,

 dopo aver sostato sulla figura di Giuseppe quale emerge nella vicenda drammatica del complotto, ora volgiamo l’attenzione sulla figura dei fratelli.

Essi offrono la chiara immagine di una fraternità lacerata al proprio interno. È vero che in alcuni di loro – Ruben prima, Giuda poi – c’è stato un recupero di amore fraterno: essi si danno pensiero per la vita di Giuseppe e invitano, espressamente, gli altri fratelli a non ucciderlo perché è pur sempre un loro fratello: è della loro carne e del loro sangue. Teniamo presente che per gli ebrei il legame della carne e del sangue costituiva il fondamento primo dell’unità familiare.

Il triste evolversi della vicenda del complotto mette, però, bene in luce tutta la fragilità di questo fondamento: una unione fondata soltanto sul legame della carne e del sangue alla fine non è una garanzia sicura di armonia e di coesione all’interno di una famiglia.

È per questo che Gesù proporrà una nuova fraternità non più fondata sui legami della carne e del sangue, ma sulla fede verso il Padre: “Chi fa la volontà del Padre” – cioè chi ripone in Dio la fiducia e lo ama fino al punto da affidare totalmente a Lui la propria vita – “è per me fratello, sorella e madre”. E’ la fede, unita all’amore verso il Padre, che fonda la fraternità cristiana.

La proposta di Gesù ci sollecita ad una verifica della nostra fraternità; di quella fraternità che siamo chiamati a testimoniare nell’ambito della cerchia familiare come anche nell’ambito della comunità parrocchiale. Che cosa veramente ci unisce? È soltanto un fondamento orizzontale che si radica nella cordialità e nel rispetto umano, oppure è il fondamento verticale della nostra fede cristiana grazie alla quale siamo figli di Dio e, quindi, fratelli fra noi?

La vicenda di Giuseppe insegna che se prevale il fondamento umano nel migliore dei casi vengono fuori le proposte di compromesso di Ruben e Giuda che, però, alla fine non tengono. È necessario, invece, arrivare a volersi bene nel Signore, a riceversi a partire dal Signore.

Questo è il modo cristiano di amarsi e di vivere la comunione reciproca. Vale all’interno della comunità parrocchiale; vale all’interno di quella comunità straordinaria – cellula fondamentale della società e della Chiesa – che è la famiglia.

Ne consegue che cammino della fraternità è proporzionale al nostro cammino di radicamento in Cristo: è la meta di tutta la vita ed è il compimento di quel germe di filiazione donatoci nel battesimo che ci rende famiglia nel Signore.

Don Luigi Pedrini