20 Gennaio 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo), 20 Gennaio 2013

Carissimi Parrocchiani,
seguendo l’evolversi dai fatti nella tragica scena del complotto perpetrato dai fratelli ai danni di Giuseppe, arriviamo ora alla terza scena, nella quale il testo riferisce di Giacobbe ingannato dai figli e la situazione di vuoto e di profondo dolore che viene a crearsi in famiglia (vv. 31-36)

[31]Presero allora la tunica di Giuseppe, scannarono un capro e intinsero la tunica nel sangue, [32]Poi mandarono al padre la tunica dalle lunghe maniche e gliela fecero pervenire con queste parole: «L’abbiamo trovata; riscontra se è o no la tunica di tuo figlio».

Dopo aver venduto Giuseppe, resta in mano ai fratelli la tunica che gli avevano strappato di dosso. La intingono nel sangue di un capro e la mandano al padre quale prova tangibile della sua morte. Questo un particolare molto crudo rimanda a un fatto analogo raccontato in precedenza al cap. 27. Si riferisce che Isacco viene ingannato dal figlio Giacobbe e che l’inganno è avvenuto -guarda caso — servendosi di un capretto ucciso di cui Giacobbe si è rivestito per dare l’impressione di essere Esaù. Analogamente, ora, il sangue di un capretto ucciso permette ai figli di ingannare il padre Giacobbe.

[33]Egli la riconobbe e   disse: «£” la tunica di mio figlio! Una bestia feroce l’ha divorato. Giuseppe è stato sbranato».

Giacobbe senza difficoltà riconosce la veste e in buona fede, senza il minimo sospetto sui figli, riconosce che una bestia lo ha sbranato. La diagnosi è errata e, tuttavia, contiene un elemento di verità: Giuseppe è stato davvero sbranato da una bestia feroce, la più feroce, quella dell’odio che, se trova spazio nel cuore umano, può spingere verso i delitti più efferati.

[34]Giacobbe si stracciò le vesti, si pose un cilicio attorno ai fianchi e fece lutto sul figlio per molti giorni. [35]Tutti i suoi figli e le sue figlie vennero a consolarlo, ma égli non volle essere consolato dicendo: «No, io voglio scendere in lutto dal figlio mio nella tomba». Il padre suo lo pianse. [36]Intanto i Madìaniti lo vendettero in Egitto a Potifar, consigliere del faraone e comandante delle guardie.

Giacobbe fa il lutto per il figlio e questo lutto dura molti giorni. Non si accenna ad alcun segno di pentimento da parte dei figli; anzi, il testo dice che essi vanno a consolare il padre, il che suona come una presa in giro.
Così si conclude questa vicenda, con un padre che piange di dolore ed è un dolore che accompagnerà tutto il racconto fino alla fine (cfr. cap. 45).

Don Luigi Pedrini