San Leonardo Confessore (Linarolo), 23 Settembe 2012
Carissimi Parrocchiani,
ci mettiamo in ascolto del racconto del primo dei due sogni fatti da Giuseppe.
[5]Ora Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai fratelli, che lo odiarono ancor di più. [6]Disse dunque loro: «Ascoltate questo sogno che ho fatto. [7]Noi stavamo legando covoni in mezzo alla campagna, quand’ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i vostri covoni vennero intorno e si prostrarono davanti al mio». [8]Gli dissero i suoi fratelli: «Vorrai forse regnare su di noi o ci vorrai dominare?». Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole (Gen. 37,5-8)
Questo primo sogno è di carattere agricolo: fa riferimento ad una prassi abbastanza usuale, allora, secondo la quale i covoni si collocavano in piedi, a tre a tre, appoggiati l’uno all’altro, a modo di piramide. Giuseppe vede un covone centrale eretto e undici covoni attorno prostrati (non ‘caduti a terra’) o, meglio ancora, nell’atto di prostrarsi.
L’insinuazione contenuta nel sogno è evidente: va nella linea di una messa in questione dell’uguaglianza tra i fratelli. La questione è delicata, talmente delicata che la Scrittura quando ne parla, la presenta come uno dei cardini fondamentali dell’unità familiare. Va tenuto presente, inoltre, che la Scrittura nel trattare questo tema riferisce il sentire comune di allora. Dunque, non deve accadere che un fratello si imponga sugli altri, mettendo così in questione la fraternità.
Molto significativo in proposito un testo del Deuteronomio. Parlando del re che il popolo dovrà eleggere, raccomanda che sia non uno straniero, ma uno degli israeliti: Costituirai sopra di te come re uno dei tuoi fratelli; non potrai costituire su di te uno straniero che non sia tuo fratello (Dt 17,15). Sono significative le raccomandazioni che il testo da circa il comportamento del re: hi sostanza, chiede al re di non accumulare beni tali da minare l’uguaglianza con i suoi fratelli: Egli non dovrà procurarsi un gran numero di cavalli…; neppure abbia grande quantità di argento e d’oro (Dt 17,16-17). Piuttosto, dovrà preoccuparsi di conoscere e ascoltare la Scrittura: Quando si insidierà sul trono regale, scriverà per suo uso in un libro una copia di questa legge… La terrà presso di sé e la leggerà tutti i giorni della sua vita, per imparare a temere il Signore suo Dio (Dt 17,18-19). Questo farà sì che il suo cuore non si insuperbisca verso i suoi fratelli …(Dt 17,20) e così sarà salvaguardata la fraternità. Dunque, il re deve essere un fratello: solo mantenendosi nell’orizzonte della fraternità potrà svolgere il suo compito nella correttezza e con frutto.
La pretesa insinuata da Giuseppe raccontando il sogno — qui Giuseppe ha peccato un po’ di ingenuità: non è opportuno raccontare sogni del genere a persone direttamente coinvolte e coinvolte in quella maniera — suscita, comprensibilmente, l’indignazione dei fratelli, che si ribellano all’idea di diventare sudditi del fratello minore. Così, dopo il racconto, cresce in loro un senso di avversione verso di lui: Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole (v. 8).
Don Luigi Pedrini