01 Luglio 2012

San Leonardo Confessore (Linarolo), 01 Luglio 2012

Carissimi Parrocchiani,

prima di entrare nella vicenda Giuseppe, voglio dire una parola sul nostro pellegrinaggio di fede. Concludevo, l’ultima volta, dicendo che nel pellegrinaggio intcriore di Giuseppe possiamo leggere qualcosa anche del nostro cammino di fede. Tuttavia, dobbiamo aggiungere che il nostro pellegrinaggio, pur presentando delle costanti comuni a tutti, rimane molto personale. Ne deriva che ciascuno ha il suo pellegrinaggio da fare; un pellegrinaggio unico, originale, insostituibile, che affonda le radici nella liberalità del disegno di Dio su di noi per cui Egli chiama a una certa missione “chi” vuole e “come” vuole.

Questa liberalità di Dio si riscontra in tutto il libro della Genesi e anche nella vicenda di Giuseppe. Così, ad esempio, ritornando all’accenno che ho fatto sulle Toledot, se noi andiamo a leggere attentamente a questo riguardo il libro della Genesi, scopriamo che ci sono famiglie “scelte” da Dio e che entrano a pieno titolo nella discendenza “ufficiale” di Israele, quella cioè che costituirà la linea dividica da cui nascerà Gesù, e ci sono famiglie che passano in ombra per scomparire, poi, completamente. Accade, così, che nella discendenza di Isacco la famiglia di Giacobbe entra nel solco della promessa di Abramo, mentre quella di Esaù a un certo punto scompare; , ugualmente, in precedenza, nel solco della promessa era entrato Isacco e non Ismaele.

Dunque, dobbiamo prendere atto di questo fatto strano, almeno a prima vista: qualcuno viene scelto; qualcun altro messo da parte; Dio è padre di tutti – come la Scrittura testimonia – e, tuttavia, sceglie alcuni e non altri; ama tutti indistintamente, ma elegge qualcuno sugli altri e, così, sceglie Isacco e non Ismaele; Giacobbe e non Esaù; il popolo di Israele e non l’Egitto…

Anche la storia di Giuseppe presenta questo paradosso. È la storia di una famiglia in cui i fratelli si dividono tra loro perché non accettano che Dio usi delle “preferenze” nei loro confronti. Vorrebbero essere trattati tutti allo stesso modo.

In realtà, dietro questa aspettativa, sta la pretesa di voler imporre a Dio la “non scelta”, una generica uniformità nel suo rapportarsi con loro. E, invece, l’amore di Dio non è mai un generico voler bene anonimo e uniforme: è un voler bene “personale” che suscita, pertanto, delle differenze.

La vicenda di Giuseppe ci mette di fronte a dodici fratelli diversi: ciascuno ha la propria storia, ha un modo personale di rapportarsi a Dio e anche Dio nel rapportarsi con ciascuno ha rispetto per la sua originalità.

In questa prospettiva, ascoltando questa storia, noi vedremo prendere risalto il tema della “runica dalle lunghe maniche”, una tunica cucita da Giacobbe stesso per Giuseppe ed espressione dell’amore di predilezione che ha per lui. Attorno a questa tunica si costruisce tutta la vicenda.

Questa tunica è simbolo dell’amore personale con cui Dio ama ogni suo figlio; è rimando a quel è “nome nuovo” che solo Dio conosce e che con assoluta libertà vuole donare e svelare a ciascuno. Così ognuno di noi pensando a Giuseppe può pensare alla “tunica” che ha ricevuto da Dio, espressione dell’amore personale con cui Dio ama ciascuno. Egli ama tutte le persone che conosciamo, tra le quali ci sono anche persone anche più brave di noi. Eppure, il Signore ha scelto noi per la strada che stiamo percorrendo e questo è frutto semplicemente della sua liberalità.

Don Luigi Pedrini