04 Marzo 2012

San Leonardo Confessore (Linarolo), 04 Marzo 2012

Carissimi Parrocchiani,
concludevo la settimana scorsa dicendo che Giacobbe, dopo la lotta sostenuta con Dio, era ormai pronto per andare incontro al fratello Esaù. E così avviene.

[1] Poi Giacobbe alzò gli occhi e vide arrivare Esaù che aveva con sé quattrocento uomini. Allora distribuì i figli tra Lia, Rachele e le due schiave;
[2] mise in testa le schiave con i loro figli, più indietro Lia con i suoi figli e più indietro Rachele e Giuseppe.
[3] Egli passò davanti a loro e si prostrò sette volte fino a terra, mentre andava avvicinandosi al fratello.
[4] Ma Esaù gli corse incontro, lo abbracciò, gli si gettò al collo, lo baciò e piansero.

Le parole del v. 4 (… gli corse incontro, lo abbracciò, gli si gettò al collo, lo baciò…) riecheggiano chiaramente le parole con cui l’evangelista Luca, nella parabola del figliol Prodigo, descrive gli atteggiamenti del padre verso il figlio minore che ritorna a casa.
Si apre, così, un parallelo tra la vicenda di Giacobbe e Esaù e la vicenda dei due fratelli della parabola. In effetti, ci sono tratti di comunanza. Il fratello minore si allontana dalla casa paterna e poi vi ritorna, così come Giacobbe; il fratello maggiore rimane in casa, ma vi rimane sostanzialmente come un estraneo, senza mai condividere veramente l’eredità paterna così come Esaù. Egli, infatti, non è mai uscito dalla sua terra natale, non se ne è mai andato, ma vi è rimasto come un estraneo: è sempre in giro per le sue cacciagioni; ha sposato donne straniere; si è stabilito nel deserto del Sair.
Esaù corre incontro al fratello che ritorna e tra i due avviene la riconciliazione: la fraternità che era andata in crisi, ora risorge.
La storia di Giacobbe, da questo momento si configura come la storia di un uomo che vuole ritornare sui suoi passi e vuole rimediare a tutto ciò che nella sua vita c’è stato di disgregante. Giacobbe ha maturato un umile coscienza di sé; le vicissitudini incontrate lo hanno reso consapevole della propria miseria; sa di non di non essere meritevole di nulla e di poter appellarsi soltanto alla benevolenza e disponibilità di chi lo incontra.
Questa disponibilità egli la incontra nel fratello Esaù, che al di là di tutte le sue stravaganze, è in fondo un uomo buono. Il suo più grosso limite è quello di non aver mai vissuto un serio cammino di conversione, di non aver mai conosciuto scelte radicali che l’hanno allontanato dalla strada maestra e che, quasi a forza, l’hanno portato a rientrare in se stesso e a ravvedersi.
Il fatto che la Parola di Dio presenti la vicenda di questi due fratelli così diversi ha un suo significato: vuole dire che il disegno di Dio sulla storia va a buon fine là dove un uomo fa l’esperienza del perdersi per trovarsi, del morire per vivere. Giacobbe è stato profondamente segnato, in quella notte di lotta, dall’incontro con Dio: si è scoperto debole, incapace di sostenere la lotta e si è affidato totalmente a Dio. Non importa se ne è uscito zoppicante; in cambio ha ricevuto un nome nuovo e la benedizione di Dio. Dio si è fatto presente nella sua storia e l’ha attraversata senza consumarla, un po’ come accadrà al roveto che bruciava sul Sinai senza consumarsi: il fuoco di Dio ha avvolto Giacobbe, l’ha penetrato, non distruggendolo, ma  rigenerandolo.

Don Luigi Pedrini