19 Maggio 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo),  19 Maggio 2013

Carissimi Parrocchiani,

 abbiamo lasciato Giuseppe impegnato in un dialogo aperto con il coppiere e il panettiere del faraone che si trovano in prigione con lui. Vedendoli afflitti a motivo di un sogno che hanno fatto entrambi nella stessa notte e al quale non sanno dare una spiegazione, li invita ad aprire il loro cuore: Dio che ha il potere di interpretarli ne renderà manifesto il significato.

Il primo a raccontare il sogno è il coppiere. Giuseppe ascolta e prontamente, con semplicità, lo spiega.

[9]Allora il capo dei coppieri raccontò il suo sogno a Giuseppe e gli disse: “Nel mio sogno, ecco mi stava davanti una vite, [10]sulla quale vi erano tre tralci; non appena cominciò a germogliare, apparvero i fiori e i suoi grappoli maturarono gli acini. [11] Io tenevo in mano il calice del faraone; presi gli acini, li spremetti nella coppa del faraone, poi diedi la coppa in mano al faraone”.

[12]Giuseppe gli disse: “Eccone l’interpretazione: i tre tralci rappresentano tre giorni. [13]Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti reintegrerà nella tua carica e tu porgerai il calice al faraone, secondo la consuetudine di prima, quando eri il suo coppiere. [14]Se poi, nella tua fortuna, volessi ricordarti che sono stato con te, trattami, ti prego, con bontà: ricordami al faraone per farmi uscire da questa casa. [15]Perché io sono stato portato via ingiustamente dalla terra degli Ebrei e anche qui non ho fatto nulla perché mi mettessero in questo sotterraneo” Gen 40,9-15)

Su questo primo racconto meritano di essere fatte tre sottolineature. Anzitutto, è interessante il fatto che si torni nuovamente a parlare di sogni nella vicenda di Giuseppe. E’ la seconda volta. Accadrà anche più avanti con i sogni del faraone.

In secondo luogo, scopriamo che Giuseppe è in grado di offrire al coppiere oltre al sincero rapporto di amicizia che si crea nelle comuni situazioni di bisogno, anche la spiegazione del sogno: si tratta per lui di una buona notizia, perché gli annuncia l’imminente scarcerazione e la totale riabilitazione dal parte del faraone.

In terzo luogo, sono degne di nota le parole finali di Giuseppe, accorate e, allo stesso tempo, discrete: Se poi, nella tua fortuna, volessi ricordarti che sono stato con te, trattami, ti prego, con bontà: ricordami al faraone per farmi uscire da questa casa (v. 14). Come si vede, Giuseppe fa leva sull’amicizia che si è instaurata tra loro in prigione e, tuttavia, fa la sua richiesta, con modestia e senza alcuna pretesa.

La spiegazione soddisfacente e favorevole offerta da Giuseppe spinge anche l’altro prigioniero, il panettiere, a fare altrettanto: anche lui racconta il suo sogno a Giuseppe.

Ma di questo parleremo la prossima volta.

 Don Luigi Pedrini