San Leonardo Confessore (Linarolo), 10 Febbraio 2013
Carissimi Parrocchiani,
dopo aver sostato sulla figura di Giuseppe e sulla figura dei fratelli, così come emergono nella vicenda drammatica del complotto, volgiamo, infine, l’attenzione sulla figura del padre.
Il finale di questa vicenda mette in risalto il dolore di un padre: un dolore immenso, inconsolabile. Forse i figli non si aspettavano di creare una ferita così profonda; una ferita che – come già accennavo – resterà aperta fino alla fine.
Eppure, questo dolore infinito avrà un valore redentivo: i figli, profondamente impressionati dal dolore arrecato al padre, non si sentiranno più di dargli ulteriori dispiaceri.
Comincia, così, ad affiorare quel sentimento di premura e di tenerezza verso il padre che sarà determinante per la rinascita degli affetti in questa famiglia.
Giustamente L. A. Schokel fa notare che “un padre che soffre sarà un punto permanente di riferimento, una forza sommersa di coesione” (L. A. Schokel, Giuseppe e i suoi fratelli, Paideia, 19942, p. 34). E sarà proprio così.
Possiamo concludere questa riflessione sulla scena del complotto aprendo uno spiraglio su Gesù; uno spiraglio del tutto legittimo dal momento che ogni pagina della Bibbia parla di lui.
Nella vicenda di Giuseppe che va in cerca dei fratelli possiamo vedere una prefigurazione di Gesù che ha voluto farsi uomo per venirci incontro: Egli si è presentato tra noi come il buon pastore che va in cerca delle pecore perdute e ferite per riportarle all’ovile e curarle.
Abbiamo rimarcato la prontezza di disponibilità con cui Giuseppe ha accettato di affrontare un viaggio così lungo, di allontanarsi da casa e di avventurarsi su strade sconosciute. Questa disponibilità rende palese – annota giustamente M. I. Rupnik – una grande sicurezza interiore tipica di chi sapendosi molto amato, è profondamente in pace con se stesso (cfr. M. I. Rupnik, Cerco i miei fratelli. Lectio divina su Giuseppe d’Egitto, Lipa, Roma 1998, pp. 31-32).
Anche in questo possiamo scorgere un tratto anticipatore di Gesù: infatti, nella sua disponibilità ad abbassarsi e a umiliarsi fino al punto di rinunciare a presentarsi in mezzo a noi come Dio per assumere una vita in tutto uguale alla nostra, possiamo intravedere la profonda comunione d’amore che lega Gesù al Padre.
Proprio questo amore, sorgente viva di pace, ha spinto Gesù a lasciare la sua ‘casa’, il suo ‘cielo’, cioè la sua condizione divina, per inoltrarsi sui sentieri di questa nostra povera umanità.
Don Luigi Pedrini