27 Gennaio 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo), 27 Gennaio 2013

Carissimi Parrocchiani,

prima di congedarci dal racconto del complotto tramato dai fratelli ai danni di Giuseppe, propongo ancora una pausa riflessiva per ritornare sui protagonisti della vicenda.

Il primo personaggio al quale volgiamo l’attenzione è Giuseppe. L’abbiamo lasciato nell’episodio precedente come un giovane sul quale va delineandosi, alla luce dei sogni, un futuro di guida all’interno della cerchia familiare. Tuttavia, Giuseppe è ancora un giovane inesperto: deve imparare quella sapienza della vita fatta di prudenza, di discrezione, che consente di non sottrarsi davanti alle proprie responsabilità senza, per questo, urtare la sensibilità altrui.

In questo episodio, Giuseppe avvia i primi passi verso la realizzazione di quanto prospettato dai sogni. Infatti, troviamo sulla sua bocca un’espressione che svela per la prima volta la sua vocazione personale. Mentre sta vagando per la campagna senza riuscire a trovare i fratelli, incontra un uomo che gli chiede: “Che cerchi?”. Prontamente, Giuseppe risponde: “Cerco i miei fratelli”.

Queste parole si riferiscono immediatamente alla missione affidatagli da Giacobbe e, quindi, all’assolvimento di un compito che egli, nell’obbedienza al padre, si è assunto. Eppure, la risposta di Giuseppe, sia pure a sua insaputa, è carica di un significato più grande. Giuseppe senza rendersi conto sta camminando proprio nella direzione prospettata dai sogni: egli dovrà essere colui che va alla ricerca dei suoi fratelli, cioè dovrà svolgere in mezzo a loro una missione di unità e di coesione.

È interessante notare che l’avvio di questa missione avviene grazie alla richiesta del padre che incontra la pronta obbedienza di Giuseppe. Certo, alll’origine di questa vocazione sta l’iniziativa di Dio che già si è manifesta tramite i sogni. Tuttavia, la chiamata di Dio è mediata dal mandato del padre che invia il figlio in ricerca dei fratelli. Dunque, Giuseppe ha avuto i sogni quali segni premonitori; la loro realizzazione passa, però, attraverso la concreta mediazione del padre.

Tutto questo ha qualcosa da dire anche al nostro cammino vocazionale. Anche alla radice della nostra vocazione sta, anzitutto, l’iniziativa di Dio e, quindi, il disegno che egli da sempre ha su di noi. Tuttavia, questa iniziativa ha preso corpo nella nostra storia personale grazie alle cura materna della Chiesa che si è espressa tramite le persone che si sono messe al nostro fianco per accompagnarci e per guidarci nel cammino.

Dunque, nella docilità nei confronti della Chiesa ciascuno di noi va realizzando la propria vocazione personale. Obbedendo alla Chiesa noi corrispondiamo al disegno che Dio ha su di noi e realizziamo quel “nome nuovo” che solo Dio conosce e che costituisce la nostra identità.

È quanto rimarcava anche il card. J. Ratzinger nell’omelia funebre tenuta in occasione delle esequie di Giovanni Paolo II. Sottolineava, infatti, che determinante per il cammino di fede fatto da Giovanni Paolo II è stata la sua obbedienza alla Chiesa. Proprio, grazie a questa obbedienza è venuta delineandosi la sua vocazione personale alla quale ha aderito senza riserve. Pertanto, tutta la sua straordinaria vicenda di fede si illumina a partire dal ‘sì’ che ha detto giorno per giorno ad una sola parola: “Seguimi”.

Don Luigi Pedrini