San Leonardo Confessore (Linarolo), 09 Dicembre 2012
Carissimi Parrocchiani,
abbiamo lasciato Giuseppe in procinto di incontrare i fratelli, dopo una ricerca impegnativa e non priva di difficoltà.
Il testo riferisce che i fratelli lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono contro di lui per farlo morire (v. 18).
Siamo qui alla seconda scena: quella del complotto che va dal versetto 18 al versetto 30. Giuseppe è ancora lontano, ma il clima di gelosia che si è creato, fa maturare nei fratelli il progetto di eliminarlo: Si dissero l’un l’altro: “Eccolo! È arrivato il signore dei sogni! (v. 19).
Come si vede, Giuseppe non viene chiamato con il proprio nome, ma con il titolo di “signore dei sogni”. L’espressione originaria si potrebbe tradurre, anche più semplicemente, “il signor sogno” (così propone A. Schokel). L’intento di questo soprannome canzonatorio è chiaro: si vuole mettere in ridicolo il disagio che si avverte nei confronti di Giuseppe, come per esorcizzare i timori e le paure create dai suoi sogni.
In realtà, alla radice di questo atteggiamento di derisione, c’è tanta paura mascherata; ed è proprio da questa paura che nasce la decisione di uccidere Giuseppe: la sua eliminazione appare ai fratelli come l’unico mezzo per porre fine ai sogni percepiti solo come elemento di disturbo alla fraternità e non come possibile ricchezza e complementarità. La diversità fa loro problema: pensano che tra fratelli debba esserci posto solo per una piatta uniformità.
Al riguardo, viene in mente una considerazione significativa di don Milani, secondo la quale sarebbe giusto trattare tutti allo stesso modo, ma a condizione che fossimo veramente tutti uguali; in realtà, non è così. Noi – egli afferma – “siamo unici, diversi e irrepetibili” e, pertanto, “non c’è maggior ingiustizia di fare parti uguali tra diseguali”.
Così, per Giuseppe, il “signore dei sogni” si prospetta la sorte che, più avanti, sarà riservata ai profeti, a motivo della scomodità dei loro messaggi. I sogni di Giuseppe, come le profezie, sono avvertite come una minaccia per il futuro e, di conseguenza, vanno messe a tacere anche con scelte estreme: Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in una cisterna! Poi diremo: “Una bestia feroce l’ha divorato!” (v. 20).
La decisione assunta dai fratelli prende i contorni di un tragico complotto di morte.
Don Luigi Pedrini