San Leonardo Confessore (Linarolo), 02 Dicembre 2012
Carissimi Parrocchiani,
stiamo contemplando la prima delle tre scene che compongono la drammatica vicenda del complotto dei fratelli nei confronti di Giuseppe.
Egli, obbedendo alla richiesta del padre, si è incamminato verso Sichem dove essi si trovano con il gregge. Durante il tragitto avviene un fatto singolare.
(15)Mentre egli si aggirava per la campagna, lo trovò un uomo, che gli domandò: “Che cosa cerchi?”.
(16)Rispose: “Sono in cerca dei miei fratelli. Indicami dove si trovano a pascolare”.
(17)Quell’uomo disse: “Hanno tolto le tende di qui; li ho sentiti dire: “Andiamo a Dotan!””. Allora Giuseppe ripartì in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan.
Dunque, Giuseppe, a un certo punto si ritrova disperso per la campagna, senza intravedere i fratelli. Mentre disorientato girovaga per la campagna, incontra uno sconosciuto che gli chiede: “Che cerchi?” ed egli, prontamente, risponde. “Cerco i miei fratelli”.
È degna di nota questa ricerca di Giuseppe: da una parte, rivela la sua inesperienza; dall’altra, rivela anche la sua fedeltà e il suo coraggio nell’adempiere il compito che si è assunto. Il padre l’ha inviato ai fratelli per informarsi sul loro stato di salute (il termine è shalom: che significa benessere, pace) e, dunque, per una missione di pace; Giuseppe la compie con sollecitudine e perseveranza, senza arrestarsi di fronte alle difficoltà.
Nel testo è ravvisabile una sottile e tragica ironia. Giuseppe sta andando in cerca dei fratelli, ma c’è da chiedersi: fino a che punto sono veramente fratelli quelli che va cercare? Ciò che lo muove è l’ossequio verso il padre e un’intenzione sincera di pace verso i fratelli; in realtà, egli non sa che sta andando incontro alla sua disgrazia.
In ogni caso, è bella la sua dichiarazione: “Cerco i miei fratelli”. Giuseppe è già da questo momento colui che cerca i suoi fratelli: desidera confortarli, portare pace, restituirli al dono della fraternità.
È questa la sua ‘vocazione personale’ che risponde ad un disegno assai più grande di Dio, che va oltre la sua stessa persona e la sua famiglia. Infatti, i figli di Giacobbe nel disegno di Dio sono destinati ad essere i capostipiti delle dodici tribù del popolo di Israele. Pertanto, la posta i gioco è grande: si tratta dei fondamenti del popolo di Israele e perché i figli di Giacobbe possano assolvere questa missione si richiede che esista tra loro una fraternità riconciliata.
Così, dopo un lungo viaggio, finalmente, Giuseppe arriva dai fratelli: li incontra: a Dotan, località che si trova a 35 chilometri da Sichem.
Don Luigi Pedrini