18 Novembre 2012

San Leonardo Confessore (Linarolo), 18 Novembre 2012

Carissimi Parrocchiani,

ritorno con voi sulla domanda lasciata aperta – chi sono i fratelli alla luce di questi avvenimenti? – e rispondo con le parole del Card. Martini. La sua risposta variegata ci aiuta a non confinare i fratelli di Giuseppe e il loro operato in un passato lontano, ma a vederli come rappresentazione emblematica di comportamenti erronei che ancora oggi possono presentarsi fra noi. Scrive il Card. Martini:

I fratelli di Giuseppe siamo noi che proviamo gelosia e invidia per chi ha più di noi, per chi sembra contare più di noi, per chi ha più potere di noi. […]

I fratelli sono l’umanità che ha paura del piano salvifico di Dio e delle sue parzialità. L’umanità che teme che Dio abbia delle preferenze…

Volendo storicizzare ancora meglio la riflessione, direi che i fratelli sono l’umanità che ha paura di Israele, dei privilegi del popolo ebraico, ed è piena di invidia e di gelosia verso questo popolo. Possibile che sia davvero scelto, eletto da Dio? Un’invidia che ha causato lungo i secoli persecuzioni terribili.

Infine, i fratelli sono la società razionalistica che ha paura della Chiesa, perché ha paura del cosiddetto potere e privilegio ecclesiastico, ha paura che la Chiesa voglia invadere, dominare la classe politica, che voglia costruire un corpo a sé nella società. Il laicismo cova tale sospetto, talora favorito dalle occasioni date da noi cristiani, così come Giuseppe dava occasione al sospetto e usava dei suoi privilegi per lavorare meno. Anche questa paura equivale a non accettare il disegno di Dio, l’elezione di Cristo” (C.M. Martini, Due pellegrini per la giustizia, Casale Monferrato 1992, pp. 78-79).

Concludo, rispondendo ad un’ultima domanda: in questo contesto, chi è il padre Giacobbe? Egli, pur rimproverando Giuseppe per le insinuazioni contenute nel racconto del suo sogno, tuttavia, custodirà nel cuore le parole del figlio, dimostrando, in questo, un profondo rispetto per lui e per il suo futuro destino che potrebbe andare al di là di ogni immaginazione.

Giacobbe, da uomo che ha imparato a scrutare e a discernere pazientemente il disegno di Dio, anche quando il senso dei fatti risultava difficile da decifrare, non giudica, non chiude il discorso, ma preferisce attendere e riflettere. Se il Signore vorrà, farà ‘come’ e ‘quando’ lui sa.

Da questo punto di vista, Giacobbe è testimonianza esemplare dell’atteggiamento tipico del credente che lascia spazio a Dio perché conduca le cose secondo la sua sapienza. Così, ha fatto Maria che custodiva e meditava tutto nel suo cuore (Lc 2,19).

 

Don Luigi Pedrini